Doomscrolling: perché cerchiamo compulsivamente le cattive notizie?
La guerra in Ucraina e i recenti anni di pandemia sono andati a toccare e a infragilire la psiche di tutti noi. In questi ultimi tempi siamo stati letteralmente bombardati dai media ed è diventata purtroppo una abitudine abbastanza diffusa anche andare a ricercare compulsivamente ogni giorno “cattive notizie” sul nostro cellulare.
Alcuni anni fa, l’università canadese McGill ha fatto un esperimento particolare. A 100 studenti universitari è stato chiesto di visitare un sito web di notizie di politica interna ed estera, e scegliere le notizie che ritenevano più interessanti. La maggior parte degli intervistati ha scelto notizie che trattavano di corruzione o ingiustizie, Alla fine dell’esperimento i ricercatori hanno concluso che si tratta dell’effetto negatività, secondo cui gli elementi di carattere negativo hanno un effetto maggiore, a livello psicologico ed emotivo, rispetto ad altri tipi di notizie.
Questo è alla fine è il motivo per cui sui telegiornali sentiamo soprattutto brutte notizie, o per cui, davanti a un incidente stradale, rallentiamo per osservare la scena. Ecco allora che per spiegare “il bisogno di leggere cattive notizie” nasce il neologismo “Doomscrolling” vale a dire la tendenza a cercare in modo ossessivo cattive notizie online.
Quando avviene il doomscrolling
Questo fenomeno non si riferisce alla volontà e necessità di restare informati su ciò che accade nel mondo; riguarda piuttosto l’attitudine a trascorrere ore a divorare notizie negative, perdendo quasi di vista le nostre priorità quotidiane.
Scrolling viene dal verbo “scrollare” e si riferisce allo scorrere, praticamente senza interruzioni, dei propri social o delle pagine dei siti d’informazione. Il sostantivo “doom” ha a che vedere, invece, con tutto ciò che è per natura catastrofico, che rimanda alla distruzione, alla morte, al terrore. Da qui la «tendenza a continuare a navigare o scrollare tra le cattive notizie» o l’«annegare lentamente dentro delle specie di sabbie mobili emotive abbuffandosi di notizie negative».
Essere informati su ciò che accade nel mondo è giusto, anzi è dovere di ogni cittadino. Siamo di fronte a un comportamento patologico quando diventiamo dipendenti dalle cattive notizie e trascorriamo gran parte della nostra giornata a cercarle e leggerle.
Perché cerchiamo le cattive notizie in modo compulsivo?
Il più delle volte lo facciamo perché siamo preoccupati. Abbiamo paura per la nostra sicurezza, per la nostra salute, per il nostro futuro. Leggere le cattive notizie è quasi un modo per esorcizzare la paura. Lo si è visto, ad esempio, all’inizio dell’epidemia da Covid19, ma lo stesso discorso si potrebbe fare di fronte a fenomeni naturali imprevedibili e disastrosi come le alluvioni e i terremoti, nonché per gli incidenti stradali o gli omicidi.
La BBC ha provato a mettere in evidenza perché si fa doomscrolling: «Il terrore, quando visto dal comfort della propria abitazione, ha un effetto potenzialmente calmante». Scorrere, in un posto tranquillo, notizie su notizie di eventi catastrofici può far sentire al sicuro e fortunati.
Il ruolo dei media in questo fenomeno e gli effetti sulla salute mentale
Ad incentivare il doomscrolling, anche alcuni meccanismi tipici del giornalismo e del funzionamento delle piattaforme digitali. “Good news? No news!”, recita il detto.
La predilezione degli addetti all’informazione per le cattive notizie e per quelle situazioni che si prestano alla spettacolarizzazione e al sensazionalismo (che coinvolgono inevitabilmente chi legge) favorisce questa forma di dipendenza.
La sovraesposizione alle cattive notizie può avere effetti, però, sulla salute e sul benessere degli individui: essere esposti a molte notizie e informazioni sfavorevoli, per troppo tempo consecutivo, limita le capacità del cervello umano di dare maggiore rilevanza a tutto ciò che è invece positivo.
In sostanza, verrebbe limitata l’applicazione del cosiddetto optimistic bias. Bisognerebbe quindi sforzarsi di “Proteggere il cervello dalle cattive notizie”, per non incappare in situazioni come maggior senso di ansia e depressione.
Secondo l’Harvard Business Reviw, come spiegato in un report intitolato “Consuming Negative News Can Make You Less Effective at Work” bastano tre minuti di cattive notizie di cronaca al mattino per aver oltre un quarto della possibilità in più di trascorrere una brutta giornata.
È stato dimostrato che il doomscrolling influisce anche sulla produttività al lavoro, sul livello di concentrazione durante lo studio, sul modo in cui ci si relaziona con partner e familiari, senza contare che ci sono controindicazioni anche fisiche al non staccarsi dallo schermo.
Come darsi dei limiti?
I rimedi per il consumo compulsivo di cattive notizie sono, in fin dei conti, gli stessi che dovrebbero favorire un equilibrato rapporto con gli strumenti digitali e gli stessi da attuare di fronte alle situazioni negative che ci capita di dover affrontare nella vita.
- Limitare il tempo trascorso in Rete, soprattutto se non per lavoro o per studio è un buon punto di partenza
- Un valido aiuto viene da reminder e controller dell’attività quotidiana.
- Meditare o, se si è credenti, pregare per chiedersi come da una situazione di dolore si possa trarre qualcosa di buono: cosa posso fare io per portare aiuti, solidarietà? O cosa posso fare io nel mio piccolo per qualcuno che sta soffrendo?
- Cercare storie, testimonianze, volti che alimentano la speranza: come quel missionario che ha salvato 45 bambini dalle bombe in Ucraina arrivando in pullman in una delle città più colpite, quella donna che ha ritrovato il senso della vita mentre il marito era malato di Covid, quell’associazione nata dopo l’incidente stradale mortale di un ragazzo e che oggi aiuta tanti giovani. Occorre vedere, cercare, e far emergere il bene, per non subire passivamente la negatività.