giovedì, Marzo 28 2024

“Ho trascorso tutte le estati della mia vita a fare propositi per
settembre, ora non più. Adesso trascorro l’estate a ricordare i propositi
che facevo e che sono svaniti, un po’ per pigrizia, un po’ per
dimenticanza. Che cosa avete contro la nostalgia? È l’unico svago che ci
resta per chi è diffidente verso il futuro.”

Dal film La grande bellezza di Paolo Sorrentino

Ho una confessione da farvi. Non sempre è facile per noi giornalisti
ottenere una risposta positiva ad una richiesta di intervista. Anche quando
è per una buona causa. E soprattutto non è sempre facile trovare dall’altra
parte disponibilità, cortesia, professionalità e interesse, oltre al
coraggio di mettersi in gioco. Ho trovato tutto questo invece intervistandoNathalie Dompé, Responsabile della Corporate Social Responsibility della

Dompé

, azienda farmaceutica italiana da sempre impegnata in prima linea nella
lotta contro terribili malattie come il tumore del seno o nella ricerca
scientifica per migliorare ad esempio i risultati del trapianto del fegato.

Tra molteplici impegni e riunioni riesce a trovare il tempo per noi di
Familyandmedia. Le spiego il nostro progetto, come abbiamo iniziato, quello
che vorremo fare. Mi ascolta, mi dà le sue impressioni, mi parla poi del
suo lavoro e delle sue iniziative sociali. E noto subito una cosa che la
accomuna fortemente a noi del team di Familyandmedia: una grande fede e una
grande passione in quello che fa. Lo slancio verso il suo lavoro mi è
apparso spontaneo e sincero. Spero di trasmettere questa sua positività nel
mio resoconto dell’intervista. Buona lettura!


Dott.ssa Dompé, lei nella sua azienda si occupa di Responsabilità
Sociale d’Impresa, un asset sempre più strategico per una azienda
moderna che vuole essere in sintonia con la società in cui vive. Che
cosa è la RSI per la Dompé? Ci parli di alcune sue iniziative.


Vi ringrazio per l’occasione di rivolgermi ad un pubblico nuovo, a cui
cercherò di spiegare con molto piacere cosa facciamo in Dompé per il
sociale. Direi che i progetti di responsabilità sociale in Dompé si sono
andati sviluppando di pari passo con l’impegno dell’azienda nella ricerca
scientifica e in particolare con la focalizzazione sulle malattie rare.
Un’azienda non può essere avulsa dal contesto in cui si inserisce: al
contrario, deve esserne parte attiva facendosi anche promotrice del
cambiamento. In anni complessi come quelli che stiamo vivendo, tale
approccio è ancor più necessario. Urgente, direi. Dal nostro punto di
vista, quello che abbiamo voluto fare è stato porre l’attenzione sul mondo
delle biotecnologie viste non solo come ambito di impegno scientifico, ma
anche e soprattutto come possibile soluzione a problemi di salute ancora
insoluti, penso ad esempio all’oftalmologia o alla diabetologia. Il tutto
cercando di dare occasioni di visibilità e sostegno alle giovani
generazioni, che proprio per quanto detto hanno forse bisogno di un
appoggio maggiore rispetto al passato.

“Sostieni i supereroi”

è certamente il simbolo di questo approccio: un concorso dedicato a giovani
sceneggiatori per descrivere il mondo della ricerca in un’ottica insolita e
innovativa, promosso con successo nel 2014.


È molto frequente nel mondo aziendale di oggi parlare di “lavoro
eticamente sostenibile e socialmente responsabile”. Non si tratta solo
di comode etichette con cui farsi belli con l’opinione pubblica, ma di
vere e proprie scelte strategiche su cui costruire e ridefinire la
propria reputazione aziendale. Quale è la vostra idea di sostenibilità?


Per un’azienda farmaceutica sostenibilità è un concetto fondamentale, in
quanto qualsiasi progetto di ricerca e sviluppo di un nuovo farmaco
richiede investimenti di lungo periodo. Essere sostenibili vuol dire quindi
essere capaci di guardare lontano e di concepire strategie capaci di
rendere le persone partecipi di progetti che richiedono anni per essere
portati a termine. Ecco che quindi la comunicazione, il coinvolgimento e le
strategie di talent retention sono particolarmente importanti per noi. Al
tempo stesso sostenibilità vuol dire mantenere un rapporto etico con i
nostri stakeholder e con l’opinione pubblica, sapendo comunicare in modo
consapevole e, appunto, responsabile, i passi che ci portano verso future
soluzioni terapeutiche. In Dompé la responsabilità sociale ha proprio
questa funzione: testimoniare l’impegno dell’azienda con continuità ed
equilibrio per mantenere un canale di comunicazione sempre aperto con la
società.


In che misura e come la cultura, la ricerca sociale e la diffusione di
messaggi positivi possono contribuire a migliorare la qualità della
vita delle persone? Per un’azienda come la Dompé quanto è importante
aiutare la società che la circonda e come cercate di creare benefici
per la comunità sociale?


Il fine ultimo di un’impresa farmaceutica è quello di dare risposte ai
bisogni di salute ancora insoddisfatti. Si tratta dunque di una mission che
per sua definizione ha un fine sociale. In questa prospettiva per Dompé la
responsabilità sociale d’impresa ha quindi anche una funzione di
accompagnamento a questa missione fondamentale. Il nostro obiettivo è
creare un ambiente più vicino al mondo della ricerca e alla realtà dei
pazienti. L’Italia in particolare soffre a mio avviso di una carenza di
“sapere” scientifico presso il grande pubblico che in qualche modo le
nostre azioni vogliono contribuire a colmare. A questo proposito mi fa
piacere citare il


progetto GENIale


, di cui partirà a breve la seconda edizione, dove abbiamo proprio voluto
contribuire a diffondere la cultura scientifica presso le giovani
generazioni, dando loro degli strumenti utili a conoscere le biotecnologie
e, dunque, la possibilità di sceglierle quale proprio ambito futuro di
studio. Crediamo che la Responsabilità sociale non possa più essere fine a
se stessa o meramente assistenziale, ma che debba aiutare a formare,
soprattutto tra le nuove generazioni, una consapevolezza del proprio essere
“interconnessi al mondo”.


Se le pronunciassi tre parole: “cultura della vita”, cosa le verrebbe
subito in mente?


Penso al mio lavoro! Al fatto che ho la fortuna di fare un bellissimo
lavoro in un settore, quello farmaceutico, in cui la cultura della vita è
alla base di qualsiasi scelta.


Da qualche tempo si inizia a parlare di internet-patia, cioè di una
vera e propria nuova patologia che consiste nella “dipendenza” nei
confronti della Rete e dei new media (smartphone, reti sociali,
videogiochi e simili). Ve ne interessate nelle vostre ricerche? Che
rapporto avete con i social media?


In questo momento la presenza di Dompé sui social media è focalizzata sul
nuovo canale YouTube ufficiale dell’azienda, oltre che su LinkedIn. Due
social che consentono di comunicare la cultura della nostra azienda in modo
interculturale e internazionale. Penso che uno dei modi per combattere la
dipendenza da internet sia, anche da parte delle aziende, quello di non
pensare sempre di dover presidiare tutti i mezzi a disposizione ma di fare
scelte su quelli dove è realmente possibile offrire contenuti di qualità.
La stessa logica che dovremmo adottare anche con i nostri social network
privati: uno strumento da utilizzare con maturità e senso del rispetto di
sé e degli altri.


Per concludere. Abbiamo iniziato questa intervista con una breve
citazione sui buoni propositi, tratta dal film italiano La grande
bellezza, premio Oscar 2014. Recentemente anche noi – nel nostro
piccolo – abbiamo messo on line un articolo scherzoso, ma poi neanche
troppo, sui “buoni propositi digitali” per quest’anno. Tra valanghe di
email quotidiane, messaggi su WhatsApp, notifiche su Facebook, forse
vale la pena fermarci un attimo e pensare a cosa è veramente necessario
e cosa invece lo è di meno. Quali sono i suoi buoni propositi?


In genere i miei buoni propositi falliscono già il primo gennaio di ogni
nuovo anno! Quel che intendo dire è che l’idea del “voler fare” non basta a
realizzare qualcosa. Occorrono impegno, pianificazione, lavoro di squadra.
Dal mio punto di vista, il mio proposito è continuare a lavorare su me
stessa per “non abituarmi mai” alla soluzione più semplice. In questo
senso, la storia della mia famiglia e l’esempio di chi fa ricerca sono
preziosi. Una prospettiva che aiuta a sfidare le proprie capacità per
produrre risultati innovativi, sapendo fare affidamento su una cultura del
lavoro aperta allo scambio, anche acceso. È probabilmente questa la base
per ideare e realizzare quelli che definiamo “buoni propositi”.

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