giovedì, Dicembre 12 2024

Sono sempre di più i ragazzi e le ragazze, ma anche gli adulti, che si trovano a scaricare applicazioni come Tinder, Happn, Once, Grindr, Kik e Wapa, nate espressamente per “mettere in contatto delle persone tra di loro”.

La più famosa di queste chat è sicuramente Tinder. Fino ad ora ha registrato circa 50 milioni di utenti in tutto il mondo. L’età media è trenta-trentacinque anni. Non adolescenti quindi, ma adulti.

Questi “luoghi” dovrebbero, tra le altre cose, favorire la nascita di “nuovi amori”.

Ma è davvero così? E poi, perché ricorrere alla tecnologia per instaurare nuovi rapporti?

Il covid ha certamente acuito la solitudine di molti e ha senz’altro favorito l’espandersi di incontri virtuali, ma ci chiediamo se vada ricercato solo nella pandemia il motivo della crescita di questi strumenti.

Alla base della fragilità dei rapporti una mancata educazione all’amicizia

Qualche tempo fa ho letto la tesi universitaria di un mio amico, un giovane professore che attualmente insegna religione alle scuole superiori. Prima di diventare insegnante, ha lavorato come educatore in un oratorio. La sua passione sono gli adolescenti e la sua missione è aiutarli a tirare fuori il meglio che c’è in loro.

Nel suo interessante scritto, dedicato al tema dell’amicizia, afferma come la fatica di molti ragazzi nel vivere relazioni sentimentali sane, equilibrate, mature nasca da una mancanza precedente: la difficoltà di instaurare vere relazioni amicali coi pari.

Sostiene, riferendosi all’esperienza dei protagonisti dei grandi classici della letteratura (come Il Signore degli anelli di Tolkien), o basandosi su esperienze cinematografiche recenti (come The Chosen, di Dallas Jenkins) che i ragazzi hanno anzitutto bisogno di essere educati all’amicizia. Da questa mancanza di amicizia vera, sincera, gratuita nascerebbe anche il problema dell’iper-sessualizzazione (“non so stare con te senza la gratificazione sessuale”, perché “non so godere della tua presenza, dello stare semplicemente assieme”).

Per avere relazioni solide? Scoprire la ricchezza del cuore umano e aprirsi all’altro

Solo imparando ad essere sé stessi, a calare le maschere, a venire allo scoperto, a condividere, a gioire e soffrire “con altri”, solo scoprendo che chi ci è accanto è un dono, i ragazzi potranno approcciarsi seriamente all’amicizia e anche ad una relazione più intima e vincolante quale è quella amorosa. Infatti, l’amore di tipo duale è per natura esclusivo, ma la filia resta comunque una componente essenziale (come spiegato magistralmente nell’enciclica Deus Caritas est di Benedetto XVI).

Il punto che vogliamo affrontare ora è: la tecnologia, utile per tantissimi motivi, ci aiuta a scoprirci davvero? A conoscerci in profondità? Può essere il web il posto privilegiato per entrare l’uno nella vita dell’altro… davvero?

Non è forse vero che, che mentre crediamo di fare “amicizia in rete” o persino di innamorarci, in realtà ci stiamo accontentando di meri surrogati?

Le chat rosa (un fenomeno di grandi proporzioni) sono popolate non solo da adolescenti, ma anche da adulti. E spesso a spingere in quegli ambienti è una affettività ferita, un’insicurezza di fondo, il bisogno di essere guardati con amore e la sensazione che nessuno, nella vita reale, lo stia facendo…

Chi… o meglio “cosa” incontriamo nelle chat?

Più che persone, troviamo campionature di ‘tipi’ umani, fotografie, immagini e non molte informazioni, quel tanto che basta per una relazione senza troppe implicazioni. Se il rapporto “esce dallo schermo”, spesso, con molta facilità si trasferisce a letto, saltando la fase di una conoscenza fatta di parole, riflessioni, vera comunione, confronto.

Talvolta la relazione non ha neppure bisogno di uscire dalla chat. Molti scelgono i siti per vivere esperienze eccitanti in modo del tutto virtuale, senza neppure guardare in volto la persona che sta dall’altra parte.

Le eccezioni ci sono. Esistono frequentazioni nate in rete che poi sono diventate relazioni importanti. Penso a dei ragazzini fragili, timidi, impacciati, che si sono iscritti in quei siti perché nella loro insicurezza faticavano a emergere nella vita reale ma che poi, usciti da lì, sono riusciti a guardarsi negli occhi, a trovarsi davvero, a costruire e progettare nella vita reale.

Non emettiamo sentenze e non condanniamo senza appello. Ci limitiamo qui solo a osservare la tendenza: che è quella di una sempre più accentuata spersonalizzazione.

Ripartiamo dai ragazzi. Facciamo sapere loro che…

“L’anima si racconta attraverso la frequentazione ordinaria, il profumo che indosso, le parole che dico, il modo in cui le dico. Tutto racconta la mia anima, ma per arrivarci dobbiamo tornare a frequentarci incontrandoci sì, ma nella realtà – scrive la giornalista Ida Giangrande, parlando di Tinder – Proviamo ad usare la tecnologia per quello che serve dunque. Se vogliamo fare amicizia, invece di scaricare Tinder, iscriviamoci in palestra. Non lasciamo spazio a chi vuole fuggire dalle proprie responsabilità usando il nostro bisogno di affetto. Non lasciamoci intrappolare in avventure senza senso, cerchiamo, piuttosto, il senso umano dell’amore, forse allora saremo veramente liberi”.

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