venerdì, Novembre 22 2024

Una ricerca condotta dalla Facoltà di Comunicazione della Pontificia Università della Santa Croce, dal titolo La figura dell’anziano nella stampa italiana, si è posta l’obiettivo di verificare la rappresentazione dell’anziano nei giornali italiani, al fine di confermare o smentire la generale percezione negativa che lo circonda.

Lo studio ha avuto anche l’obiettivo pratico di offrire dati utili alle associazioni che si occupano di anziani in una prospettiva di invecchiamento attivo, cioè associazioni che non sono meramente assistenziali, ma che hanno un progetto integrale della persona umana e dei suoi affetti più profondi, primo fra tutti la famiglia.

L’autore, attraverso l’analisi sistematica di un campione di tre testate – Il Corriere della Sera, Avvenire e Il Messaggero – ha portato alla luce risultati significativi, e in alcuni casi sorprendenti, che da un lato confermano le aspettative, ma dall’altro “costringono” a un cambiamento nella percezione sia dei media sia della società.

Il progressivo invecchiamento della popolazione è da decenni al centro delle ricerche statistiche dei più importanti istituti demografici internazionali. Si parla già di “tsumani grigio”, cioè di una situazione che vedrà un drastico aumento del numero di anziani nei Paesi occidentali nell’arco di soli 50 anni, a fronte di un continuo – e già cronico – calo delle nascite. A titolo di esempio, le Nazioni Unite hanno stimato che entro il 2050 il numero di anziani di età superiore ai 60 anni raddoppierà, passando da 810 milioni a 2 miliardi di persone. A questi dati, però, non sembra fare da contraltare una cultura della vecchiaia, almeno in Italia. La vecchiaia, e ancor più l’anzianità, è comunemente trattata come un periodo della vita che non merita grande considerazione; una condizione indubbiamente segnata da fragilità, difficoltà fisiche, debolezza, a cui spesso si associano sofferenza e malattia, ma che talvolta, secondo una mentalità utilitaristica, è circondata da un colpevole senso di inutilità e improduttività e vista come causa di pesanti oneri economici per la collettività. Senza negare alcuni aspetti naturali, la persistenza di stereotipi e pregiudizi contribuisce a sottolineare la mancanza di pieni diritti di cittadinanza degli anziani.

Analisi e metodologia di ricerca

La ricerca si è svolta secondo due direttrici complementari: la prima è stata l’acquisizione e l’esplorazione dei testi alla ricerca di articoli di interesse e l’analisi del loro contenuto esplicito. Questa fase è consistita nel misurare la “quantità” e la “qualità” della presenza degli anziani nei giornali, in termini di numero di notizie e della loro positività o negatività, di immagini e del trattamento loro riservato, ecc. La seconda, più retorica, si è concentrata sul contenuto implicito dei testi, sull’indagine della cornice, dei topoi antropologici e culturali (luoghi comuni) e sulle virtù sociali che manifestano la relazionalità umana.

La ricerca ha analizzato i giornali per un periodo di tre mesi, selezionando un campione rappresentativo di articoli sulla base di un test di una settimana effettuato in precedenza, che ha permesso di individuare le parole chiave per la scelta finale dei testi. Dopo aver scartato i testi non pertinenti – in cui l’anziano o la vecchiaia non erano l’argomento dell’articolo o trattavano semplicemente della morte di anziani famosi (in questo caso, infatti, la notizia non era l’anziano o la vecchiaia in sé, ma la celebrità o la fama del personaggio, a prescindere dal fattore età) – sono stati selezionati un totale di 121 articoli, analizzati con una metodologia qualitativa.

Risultati della ricerca

Dei 121 testi, 72 fanno riferimento agli anziani come protagonisti della notizia e 49 agli anziani come attori secondari. Si conferma quindi che il tema è sicuramente presente sui giornali, con una media di un articolo al giorno, considerando i tre quotidiani nel loro complesso. Nell’analisi generale, emerge che la maggior parte delle notizie sono negative, 62 articoli contro 52 e, nei testi che si riferiscono agli anziani protagonisti, questa differenza aumenta notevolmente, con le notizie negative che sono il doppio di quelle positive, 47 contro 25. Dei tre quotidiani analizzati, Avvenire è l’unico con più notizie positive che negative, probabilmente frutto di una precisa scelta editoriale.

Non sorprende che la maggior parte dei testi analizzati compaia in storie di cronaca di eventi e che si riferisca agli anziani come vittime. Seguono, anche se in numero molto minore, le notizie su anziani ancora attivi. Si può affermare che il primo di questi dati conferma la negatività delle notizie che mostrano la fragilità degli anziani, più esposti di altri a episodi di violenza; mentre il secondo sembra confutarla, offrendo in parte una sorta di contrappunto. Vengono inoltre enfatizzate figure di anziani eccezionali, persone fuori dal comune, che sembrano mostrare proprio la loro apparente estraneità a un mondo segnato dalla comune fragilità. Un elemento significativo salta all’occhio: solo cinque testi sono dedicati agli anziani malati e solo uno agli anziani dimenticati, e dato che si tratta di categorie tematiche di grande attualità, questo risultato deve essere visto come una mancanza di informazioni.

Per andare oltre la semplice distinzione tra notizie positive e negative, la ricerca ha analizzato anche l’immagine degli anziani negli articoli. E qui c’è la prima sorpresa, perché, sebbene nei testi che fanno riferimento agli anziani come protagonisti sia maggiore l’immagine negativa (35 testi negativi contro 31 positivi), nell’analisi generale c’è un sostanziale equilibrio tra testi con immagini positive e negative, 57 ciascuno. Questo risultato è dovuto alla cornice data ad alcune notizie di per sé negative, ma che vedono gli anziani sotto una luce benevola. In entrambi i casi, l’immagine positiva più frequente e maggioritaria è quella dell’anziano come risorsa, seguita da quella dell’anziano come patrimonio della società, un dato straordinario che dimostra come, in fondo, esista un terreno fertile su cui fondare le ragioni dell’impegno attivo degli anziani nella società. Quando l’immagine è negativa, invece, l’anziano appare debole e indifeso, senza speranza, un problema sanitario o sociale.

Lo studio delle cornici mostra una tendenza negativa anziché positiva, e anche le cornici più frequenti – a parte la celebrazione, con 23 testi, prima in assoluto – sono anch’esse negative. Questo aspetto è forse quello che più influenza il generale sentimento negativo del tema degli anziani, perché, al di là della positività/negatività della notizia, ciò che rimane nella mente del lettore è l’inquadramento della notizia, il ricordo di qualcosa di negativo. I primi tre frame risultanti sono nell’ordine: decadenza, con 11 testi; violenza, con 9 testi; denuncia di una situazione grave, con 9 testi.

Un dato decisamente sorprendente che emerge dall’analisi è che gli anziani sono trattati più positivamente che negativamente. Si tratta infatti di un dato notevole che conferma la bontà dei rapporti umani ed è quindi legato alle virtù sociali. Nell’analisi complessiva, sono 72 i testi in cui gli anziani sono trattati positivamente contro 44 negativamente, con il rispetto che prevale in 31 articoli contro la mancanza di rispetto in 18. Allo stesso tempo, nei testi che si riferiscono agli anziani protagonisti, gli anziani sono trattati positivamente in 64 testi (in 26 di essi sono trattati con rispetto) contro 4 testi che fanno tutti riferimento a sentimenti di compassione.

La ricerca ha attestato la presenza di tutte le virtù sociali e in particolare della pietas, presente 57 volte nei testi, anche se in 31 casi è assente. Segue a ruota la gratitudo (riconoscimento), anch’essa presente 34 volte per intero e 16 volte assente. Anche in questo caso, però, risulta che, sommando le forme piene e assenti, la presenza delle virtù è molto più alta della loro presenza come vizio.

Conclusioni

Infine, da un punto di vista culturale, questo studio ha mostrato che, sebbene a volte esista una mentalità utilitaristica – rilevabile in alcuni luoghi comuni culturali e nella contraddizione di alcuni topoi naturali, soprattutto nei casi di eutanasia o di suicidio, nei casi di abbandono, o anche negli insulti verso gli anziani – le premesse per un cambiamento culturale sono più favorevoli e facili da attuare di quanto si possa pensare. Queste premesse si nascondono dietro notizie che, seppur negative, rappresentano una dura denuncia di situazioni gravi e ingiuste. Un grido d’allarme per rilanciare l’anziano come membro attivo della società, nella consapevolezza che l’invecchiamento della popolazione pone sfide e interrogativi per il futuro.

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