domenica, Novembre 24 2024

Covid-19: questo contagioso e imprevedibile virus non ha bisogno di troppe presentazioni, poiché la pandemia che ha originato – e che sta cambiando il mondo – è sotto agli occhi di tutti, influenza le vite di tutti.

Sebbene ogni paese e ogni singola persona ne stia facendo in qualche modo esperienza (chi perché colpito in famiglia dal male stesso, chi per i cambiamenti e i disagi sociali ed economici che comporta) noi di Family and Media ci siamo chiesti come questo avvenimento storico si sta raccontando, quale taglio viene dato ai servizi informativi, su quali aspetti si fa leva sulle notizie che ne parlano?

Ecco alcune considerazioni che vorremmo condividere:

1) Assistiamo al problema della sovra-comunicazione

Se solo questa epidemia si fosse svolta 50 anni fa, non avremmo a disposizione tutto il materiale che ora invece prolifera nelle diverse piattaforme: Televisione, Youtube, Netflix… Ma cosa comporta questo?

La prima cosa che si nota, cercando documentari o servizi informativi sul Covid-19, è la quantità smisurata di materiale audiovisivo.

Va detto che il tema:

a) è profondamente attuale,

b) interessa l’intera popolazione mondiale,

c) riguarda tutti i campi della nostra vita.

Non è un fatto “circoscritto”, che interessa “una fetta della popolazione” quale potrebbe essere, ad esempio, “L’Impero Romano” o “La storia del Barcellona F.C.”.

Perciò, accade che nel mondo dell’informazione ogni emittente, di ogni nazione si occupi primariamente di questo argomento, con il conseguente sovraffollamento di informazione sulle piattaforme.

Per intenderci, è impossibile, pur avendo a disposizione settimane intere solo per fare questo, vedere tutti i video, le interviste, i documentari, creati in ogni parte del mondo, che riguardano il Covid-19.

2) Conseguenza della sovra-comunicazione è la disinformazione per sovra-dose di notizie

Navigando sul web ci troviamo nella situazione in cui un alunno alza la mano per fare una domanda, ma a rispondergli sono 30 insegnanti contemporaneamente.

  • Come districarsi nel labirinto?
  • Come scegliere i filmati da vedere?
  • Come selezionare il materiale per documentarsi in modo appropriato?

In un celebre romanzo di Sir Arthur Conan Doyle si racconta come, per nascondere un documento molto compromettente, il sagace proprietario lo lascia sulla scrivania insieme a un mucchio di altri documenti irrilevanti.
E’ esattamente quello che fanno i servizi segreti da millenni: filtrare un pezzo di verità insieme a tonnellate di disinformazione.

Nel caso del covid-19 non vi è una mente perversa, come vorrebbero i complottisti, basta la pigrizia mentale di tutti noi, insieme agli interessi incrociati di tanti potenti. Di fatto siamo disinformati per una dose eccessiva di notizie, dichiarazioni, repliche, opinioni, commenti, dati, cifre contrastanti… che ci offrono l’ illusione di abbondanza di “offerta informativa”. La verità (ovvero la “vera informazione”) non è una merce che si compra gratis o a buon mercato, senza la fatica e lo sforzo della nostra mente e senza l’investimento del nostro prezioso tempo per studiare le questioni. La verità è semplice, sì, ma la realtà è complessa e per capirla bisogna impegnarsi. Abbiamo presentato un caso sul nostro portale: i ritardi dell’agenzia di notizie più importante del pianeta nel
riportare i ritardi del governo cinese nell’informare l’OMS
. L’Associated Press denuncia (davvero denuncia o piuttosto assolve?) il ritardo fatale di sei del governo cinese e ci mette… 75 giorni per farlo!

3) Il problema di come vengono analizzati e presentati i dati

Uno dei problemi odierni legati all’informazione è l’analisi erronea o strumentale dei dati, talvolta per ignoranza, talvolta per difendere certi interessi.

Come fa notare un docente di Filosofia Politica, Daniel Innerarity, in un articolo dal titolo “Pandemia sin Verdad” (“Pandemia senza verità”),

Parte di questo disprezzo per la verità è attribuibile all’azione di alcuni governi, che hanno nascosto o manipolato i dati. Più
preoccupante, tuttavia, è il disorientamento e gli errori che derivano da dati veri, ma non sono stati contestualizzati o analizzati correttamente. Ciò dimostra che i dati sono tanto conclusivi quanto malleabili e che chiunque può presentarli in un modo
che favorisca ciò che si vuole dire. Il fanatismo dei dati tende a difenderli come se ci assicurassero protezione contro l’ideologizzazione. Ma i dati non sono necessariamente l’opposto dell’offuscamento ideologico; possono favorire l’obiettività ma anche essere messe al servizio di qualsiasi ideologia”
.

4) Politica e Covid-19 sono due argomenti strettamente connessi

Il modo in cui i governanti stanno gestendo l’emergenza interessa i cittadini, il modo in cui i cittadini percepiscono la gestione del governo interessa i politici: è questo il motivo per cui tra i primi risultati di ricerca sul Covid-19 in rete appaiono servizi in cui i politici sono accusati di aver insabbiato degli errori, sottovalutato il fenomeno, di non aver cioè fatto tutto ciò che era in loro potere per evitare morti e di esserne quindi in parte responsabili.

E la stampa è veramente libera dai condizionamenti politici? Gli scienziati stessi – che sono chiamati a studiare quanto accade – sono “liberi” di pubblicare verità scomode per i propri governanti?

Alcuni esempi ci mettono una pulce nell’orecchio (e forse più di una) che questa libertà sia seriamente compromessa.

Riportiamo un fatto inerente il Covid in Italia (uno dei primi paesi colpiti dalla pandemia): un documentario di Report, trasmissione di Rai 3, del 2 novembre, parla di una censura da parte dell’OMS su un dossier di ricerca (fatto proprio da un gruppo di ricerca veneziano che dipende dall’OMS e approvato dal comitato scientifico dell’OMS), fatto sparire perché si parlava di una grave mancanza del vicepresidente europeo dell’OMS, il quale, pur incaricato in passato di aggiornare il piano pandemico nazionale italiano, non avrebbe mai messo mano a un piano pandemico del 2006 assolutamente inadeguato al momento attuale e che, come affermano delle fonti intervistate nel documentario, se aggiornato, avrebbe potuto risparmiare fino a 10 mila vite umane.

Il dossier, prima accettato dall’OMS, è stato poi ritirato per togliere dai guai un esponente di rilievo dell’OMS.

5) Solo piccoli editori possono permettersi di avanzare ipotesi scomode

Dato il grande invischiamento tra potere politico e stampa, è molto più facile che le voci fuori dal coro siano voci “piccole”, di poco conto nel panorama dell’informazione.

Come nel caso del dossier scomparso denunciato da Report non vi è stata traccia nei tg nazionali, così in generale le ipotesi più scomode per i politici non si trovano in vetrina nelle librerie.

Richard Horton, direttore di The Lancet, la prima rivista scientifica medica ad allertare sull’esistenza della malattia (articolo del 24 gennaio 2020) ha scritto un libro-denuncia dei comportamenti dei governi occidentali (Gran Bretagna, USA, Francia, Italia, Spagna principalmente) e dell’Intelligence scientifica di questi paesi invischiati con i loro governi: The Covid-19. What’s Gone Wrong and How to Stop It Happening Again (giugno del 2020, scritto durante il confinamento). Bene, l’editrice del libro non è Pearson, ThompsonReuters, Penguin, Wolters Kluwer, Planeta, Mondadori… No, l’editrice è una piccola casa editoriale britannica di “resistenza civica”: Polity Press.

Ancora più completa e serena di quest’appassionata denuncia di Horton risulta il libro di Joseph Tritto: Cina Covid 19. La chimera che ha cambiato il mondo da un’altra editrice di resistenza: Cantagalli (Italia). La sua ipotesi, che sembra ben documentata, è inquietante: una fuga involontaria negli esperimenti di un laboratorio a Wuhan (Cina) finanziato dalla grande industria farmaceutica occidentale con expertise scientifica acquisita in Francia e negli Stati Uniti e alta tecnologia condivisa. Si sa che fare esperimenti con meno limitazioni etiche e legali è più economico in Cina che in Occidente, così come produrre telefonini.

6) I toni dei governanti si assomigliano in tutto il continente

Interessante notare l’ottimismo che investe più o meno tutti i capi politici del mondo…fino a quest’ultima ondata. Dagli Stati Uniti alla Francia, passando per l’Italia (dove di recente è stato ritirato un libro in cui il ministro della salute parlava di “vittoria sul virus” e sarebbe uscito a ridosso della seconda ondata) ci tengono a far sapere che è tutto sotto controllo.

Che era tutto sotto controllo lo si è detto fin dall’inizio in Cina, dove, come riportano più fonti, si invitava a isolare i primi pazienti colpiti da questa nuova forma di SARS, senza però farne parola con alcuno.

Se i cittadini usano i media per documentarsi, i politici usano i media per trasmettere i loro messaggi e l’impressione che si ha è che pur di non perdere approvazione, pur di non agitare le folle, ci sia stata la tendenza a sgonfiare i numeri dei
decessi, evitare autopsie, o far circolare sui tg delle reti nazionali slogan rassicuranti (in Italia, ad esempio: “Andrà tutto bene”).

Le informazioni più scottanti e critiche sull’agire dei governi, appaiano molto più facilmente sul web o su trasmissioni di approfondimento piuttosto che nei telegiornali delle reti nazionali.

Vi lasciamo con una domanda, più che con una risposta: che il ruolo di “guardiano” delle fonti di informazione tradizionali sia in crisi?

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