5 parole da non dire mai a un figlio
Le parole, a volte, sono più taglienti di una spada. Feriscono e lasciano cicatrici a lungo. Altre volte restano dentro come macigni, ci condizionano e ci bloccano.
Nessun genitore è perfetto e questo articolo vuole essere solo un supporto per valutare se la comunicazione che abbiamo istaurato con i figli è efficace oppure ci sono degli aspetti su cui lavorare… E allora ecco che vi suggeriamo 5 frasi da non dire mai a un figlio.
1. Dai, lo sai fare, è facilissimo!
Qualche tempo fa, mentre passeggiavo con i miei bambini nei pressi di un fiume, ci siamo imbattuti in un papà con due figli, tutti e tre in bicicletta. Il piccolo (forse di 4 o 5 anni), non se la sentiva di attraversare un ponticello. Il papà continuava a dire: “Dai, muoviti, cosa ci vuole? C’è gente che aspetta te, che sarà mai? Forza…”.
Il bambino, però, tremava e restava fermo. Alla fine, per tagliare corto, il padre lo ha preso quasi di peso per farlo attraversare e lasciare libero il passaggio.
Non sarebbe stato meglio se il padre gli avesse detto: “Capisco che ti faccia paura, è un po’ alto, ma se vuoi io e tuo fratello ti aiutiamo…” ?
Possiamo immaginare benissimo il senso di inadeguatezza che può affliggere una persona quando si sente dire da altri: “Ma come? Non ci riesci? È facilissimo! Questa cosa dovresti saperla fare da tempo…”, oppure: “Tutti, alla tua età, sanno fare questo!”.
L’autostima resterà minata profondamente. Immaginate che una persona spaventata dal guidare la macchina, si senta dire continuamente: “Possibile che hai così paura? Il mondo è pieno di gente che guida!”.
Vedere sminuite la fatica, le paure, non aiuta nessuno. Semmai, è importante capire il motivo dei blocchi, trovare modi efficaci per vincerli e aiutarsi reciprocamente.
2. Smettila o le prendi!
Dobbiamo ammettere che le minacce sono il risultato della frustrazione (quando nulla sembra funzionare, la minaccia appare all’orizzonte come l’unico strumento che “dà ancora potere su dei figli disobbedienti”). Raramente, però, esse sono davvero efficaci – se non per un brevissimo lasso di tempo.
Molto meglio sviluppare un repertorio di tattiche costruttive: essere autorevoli e calmi, spiegare che non va bene comportarsi così (dire che capiamo le sue motivazioni, ma ora non è il momento di avere l’ennesimo dolcetto).
Proporre sempre un’alternativa, distrarre dal motivo del capriccio, così da non cadere in un “tira e molla” infinito. Più che fissarci sul “no” e minacciare, spostiamo l’attenzione su altro. E ricordiamo che ci vuole un certo, sano, distacco emotivo.
3. Aspetta che torna tuo padre!
Questa frase altro non è che una minaccia. Si rinvia il problema in un secondo momento, mentre davanti a un capriccio bisogna intervenire subito.
Quando l’altro genitore torna a casa è probabile che il bambino abbia giù dimenticato quello che ha fatto.
Quali danni poi per l’autorità della mamma, se si passa la patata bollente a qualcun altro? Senza contare il ruolo di cattivo poliziotto che lasciamo all’altro genitore.
4. Sbrigati!
Orari ben precisi, traffico, appuntamenti: viviamo, oggettivamente, schiavi dell’orologio. E quando un bimbo, ignaro del ritmo frenetico che noi dobbiamo rincorrere, non trova le sue scarpe o non vuole infilarsi la giacca, facilmente perdiamo la calma e gli urliamo di muoversi.
E quando noi siamo così di fretta i bambini si sentono in colpa: è un sentimento che li fa stare male, ma non li motiva a fare più veloce.
Paul Coleman, terapeuta famigliare, ci offre uno squarcio della sua vita, che può aiutare anche noi nelle nostre case: “Alla mattina a casa mia c’è un tale nervosismo, e l’ultima immagine che hanno di me i miei figli è la mia faccia arrabbiata. Così ho fatto un patto con me stesso, qualsiasi cosa accada alla mattina: il latte rovesciato sui vestiti puliti, la cartella non ancora pronta… devo mantenere la calma e sforzarmi di trovare modi gentili per accelerare”.
5. Bravissimo! Sei un genio!
Dire frasi come “Sei intelligentissimo”, “sei un genio”, “sei bravissimo” rischia di creare etichette e aspettative difficili da sostenere per un bambino.
Meglio lodare il comportamento, piuttosto che il bambino: “Sono contenta che non hai fatto storie per venire via dal parco giochi, ti sei comportato davvero bene…”.
Meglio anche evitare elogi indiscriminati. Lodare solo i risultati che vengono da sforzi reali (per esempio, finire un bicchiere di acqua non è un traguardo eccezionale).
La lode deve essere specifica. È inutile dire: “Bellissimo disegno” a tutte le decine di disegni che un bambino fa ogni giorno. Meglio commentare dicendo: “Bravo, vedo che hai disegnato una casa con una porta e delle finestre…”
E voi avete in mente altre parole “da evitare” per non minare la fiducia, le capacità e l’autostima dei figli?