giovedì, Dicembre 12 2024

Esistono gruppi Whatsapp in pratica per tutto: tra amici, tra fratelli, tra colleghi, tra cugini, tra compagni di squadra, tra studenti di una stessa classe…

Le chat di gruppo ci facilitano per molti versi (rendono più semplice accordarsi su luoghi e orari di incontro, permettono di condividere contenuti che interessano tutti, ecc.).

Tuttavia, comunicare in rete in un gruppo composto da più persone può essere complesso, fonte di stress e di incomprensioni.

Innanzitutto, i messaggi possono “invadere” la nostra vita.

In una chat composta da molte persone, qualcuno che scrive c’è sempre, ad ogni ora.

Se i gruppi di cui facciamo parte sono cinque, dieci o anche di più, si può avere la sensazione di essere quasi perseguitati dal proprio telefonino.

Occorre quindi accettare di restare in un gruppo solo se veramente lo riteniamo utile: se i benefici superano la fatica. Qualora ci accorgiamo che un gruppo ci rende nervosi, meglio scegliere di restarne fuori, oppure silenziarlo e accedervi raramente.

Attraverso i messaggi si possono innescare dinamiche non semplici da
gestire.

Le conversazioni in chat non permettono di cogliere sfumature della comunicazione che invece sarebbero presenti “dal vivo”, in un confronto “a tu per tu”.

Protetti da uno schermo e dimenticando che dall’altra parte ci sono persone in carne ed ossa, si può arrivare facilmente a dei veri e propri scontri.

È possibile assistere a delle “risse” innescate su Whatsapp da utenti che, dal vivo, non urlerebbe in faccia nemmeno ad una mosca.

La cosa ideale, in questi casi (anche se la tentazione può essere quella di mediare nella chat), è che qualcuno presente nel gruppo inviti i due o più litiganti ad affrontare la questione in un secondo momento e soprattutto di persona, dove solitamente i toni sono diversi e ci si capisce meglio.


I problemi maggiori sorgono quando i gruppi sono composti da “estranei”.

Esistono gruppo WhatsApp tra persone che non si conoscono quasi per niente e che non hanno molto in comune, ma condividono una stessa condizione di vita.

L’esempio più classico è forse il “gruppo dei genitori” di una stessa classe, pensato per gestire le comunicazioni e le iniziative della scuola dei figli.

I gruppi di WhatsApp sono molto diffusi nelle scuole, tra genitori e studenti, tanto che ormai nemmeno ci si fa più caso.

Originale e simpatica è allora l’iniziativa di un comune italiano (Ravenna, Emilia-Romagna) che, proprio a partire dalla considerazione che “i gruppi WhatsApp tra genitori delle scuole materne sono nati in modo spontaneo e sono molto diffusi”, per valorizzare lo strumento ed evitare alcune “criticità”, ha deciso di suggerire a tutti i genitori alcune regole per il buon uso della messaggistica “di classe” (Vademecum – Whatsapp per leggerlo in versione integrale).

Si tratta di un testo elaborato dopo la somministrazione di un questionario cui hanno risposto 140 genitori e 30 insegnanti e redatto con l’aiuto di pedagogisti.


Alcuni consigli tratti dal Vademecum-WhatsApp per i genitori

1. “Usa il gruppo come una ‘bacheca virtuale’, pubblicando solo avvisi, informazioni e iniziative che riguardano la sezione”, per evitare il proliferare di ogni tipo di “pettegolezzo virtuale”.

2. Limitare “l’uso del gruppo per questioni generali della sezione”: la chat non dovrebbe diventare contenitore di ogni tipo di informazioni e commenti, con il risultato, talvolta, di vanificare l’eventuale utilità dello strumento.

3. “In caso di polemiche o conflitti sul gruppo” meglio “incontrarsi di persona organizzando una riunione con le maestre per tutti i genitori”.

4. Stabilire un moderatore: ci sia sempre una persona, scelta all’inizio, capace di collaborare con gli insegnanti e gli altri genitori. Una figura “di servizio”, appositamente scelta in modo condiviso e per la quale si preveda anche una certa formazione.

Si tratta di una iniziativa che invita ad agire con senso di responsabilità e di rispetto per il prossimo, anche di fronte a una realtà di vita quotidiana, quale può essere appunto una semplice chat tra genitori.

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