martedì, Marzo 19 2024

Luca Muglia. Il giardino invisibile. Terapia psicospirituale per giovani in difficoltà. Aliberti, Reggio Emilia, 2020.

Muglia muove le sue riflessioni ad ampio raggio dalla sua esperienza nel
recupero di giovani in un Istituto Penale Minorile del Sud Italia per fare una
proposta di formazione del cuore, attingendo alla conoscenza sapienziale
dei Padri della Chiesa e della spiritualità orientale, arricchita con
informazioni selezionate dalla moderna psicologia e dalle scienze del
comportamento.

Le “malattie del desiderio”, che attanagliano i giovani smarriti (e anche
gli adulti di personalità fragile perché non maturati adeguatamente), si
sono moltiplicate nelle società postmoderne, intrise di materialismo e di
individualismo esacerbato. La descrizione che fa Muglia di
queste patologie nel primo capitolo è esauriente, anche se talvolta
acquista toni “apocalittici”. L’uso smodato delle nuove
tecnologie acuisce il problema della formazione dell’identità personale,
che è sempre stata la sfida di ogni generazione. E’ vero che oggi si ha
maggiore difficoltà a tramandare un’eredità di “umanizzazione” alla
generazione successiva, ammettendo che la abbiamo acquisita nella
generazione in corso. Le “verità umane” (comprese quelle morali, spirituali
e religiose), a differenza del progresso tecnologico e scientifico, non
sono a portata di mano per essere semplicemente acquisite
e usate senza impegno e rischio personale. E’ in gioco il “centro
interiore” della persona.

La proposta di terapia (che io chiamerei anche di
formazione) di Muglia punta proprio a incidere su questo nucleo spirituale
della persona, senza gli escamotage caratteristici degli ambienti
culturali che hanno precluso –per pregiudizio ideologico derivante
dell’Illuminismo- l’accesso a “risorse spirituali” presenti da tempi
immemoriali nella tradizione sapienziale di ogni cultura, compresa anche
quella cristiana. Il percorso che Muglia traccia per “educare
all’invisibile” si snoda in passi ben declinati: 1) la pazienza del divenire (che io chiamerei educare
al realismo); 2) la pedagogia dei gesti audaci,
che io chiamerei insegnare a decidersi, cioè formare la libertà
interiore, l’unica vera libertà di fronte alla quale la capacità di
scegliere fra una offerta di opzioni più o meno variegata è solo una
parvenza; 3)
e
tutto questo con l’aiuto del “Maestro interiore”, Qualcuno che vuole
collaborare con noi per arrivare ad essere chi veramente siamo e non uno dei tanti modelli di stucco ripetibili. Oggi purtroppo
molti giovani e non tanto giovani agiscono, operano…e diventano
(quindi sono) fotocopie mimetiche di modelli standardizzati creati
dagli “ingegneri psicologici” del comportamento individuale e sociale che
lavorano al servizio del Dio denaro in tutte le sue forme idolatriche con cui esso si riveste per allettare le pulsioni del
desiderio (potere, riconoscimento, sesso, ecc.), idoli che non possono appagare il nostro desiderio, perché sono
simulacri.


Si tratta quindi, a mio avviso, di un libro audace, affascinante e molto
utile per gli educatori. Forse l’autore si lascia prendere
troppo la mano da un prurito accademicista che lo porta a
infarcire il testo di molte citazioni erudite, che a volte tolgono linearità al suo pensiero.

Lo scopo finale, tuttavia, risulta chiaro: raggiungere e purificare il
cuore dei giovani smarriti o cosiddetti “difficili”.

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