lunedì, Novembre 25 2024

Thirteen Reasons Why è una delle più recenti ed esplosive serie televisive della casa di produzione Netflix. Si tratta di un brillante adattamento del best seller di Jay Asher, che porta lo stesso titolo, pubblicato nel 2007.

Il suo successo sul pubblico è stato fin da subito molto forte, favorito anche da una eccellente narrazione che si sviluppa in tredici capitoli, con un ritmo sempre crescente e coinvolgente. Il regista Brian Yorkey racconta la storia di Hanna Baker (Katherine Lagford), un ragazza adolescente che ha deciso di togliersi la vita, lasciando tredici cassette audio come testimonianza del proprio gesto, dove spiega le ragioni del suo suicidio. I messaggi che a mio avviso ci lascia questa serie televisiva sono principalmente tre:

1. Il suicidio è sempre un fallimento

Come già accennato, questa serie televisiva racconta i motivi per cui una giovane donna decide di suicidarsi. Musica e fotografia riescono a evidenziare con grande efficacia cinematografica questo terribile dramma, con grande impatto emotivo sul pubblico. Tuttavia, non dobbiamo dimenticarci che viviamo in una società che si scandalizza sempre meno del suicidio giovanile. E’ evidente che Thirteen Reasons Why punta invece a sensibilizzare lo spettatore su questo drammatico tema. Molti genitori a volte sembrano non accorgersi del senso di solitudine e di depressione che vivono i propri figli. A volte basta guardarli semplicemente negli occhi per percepire il loro vuoto interiore, la loro disperazione e immensa fragilità, in una società sempre più feroce che non perdona debolezze.

E’ così che Hanna, l’adolescente protagonista di questa serie televisiva, diventa una testimonianza forte e diretta dell’assurdità del dramma del suicidio. Offre la sua vita affinché gli altri si accorgano di lei e comprendano l’oscuro male che porta donne e uomini fragili all’estremo gesto. Sembra quasi che la modernità sia ancora impegnata nella creazione di “eroi di legno”, i cui atti tendono all’ autodistruzione. Hanna concepisce e progetta la propria morte con una lucidità e freddezza incredibile, senza incoraggiare però nessun altro a fare lo stesso gesto. Nel racconto non vi è nessuna istigazione al suicidio, come invece avviene ad esempio con l’assurdo gioco Blue Whale, molto in voga purtroppo tra gli adolescenti di oggi.

2. Essere genitori di una figlia femmina non è facile

In Thirteen Reasons Why vengono toccati molti stereotipi sulla famiglia, da quella classica borghese, chiusa nelle sue etichette e convinzioni spesso ipocrite, a quella distrutta socialmente a causa di  un patrigno violento e tossicodipendente. Non manca neanche la famiglia omo parentale, riconoscimento alla libertà e diversità di orientamenti sessuali tipico della attuale società neo-liberale nordamericana. Tuttavia, in tutti i casi non c’è alcuna vera preoccupazione e affetto da parte dei genitori nei confronti dei propri figli. La cura e i sentimenti sono sempre superficiali e precari.

I genitori di Hanna, Andy e Olivia, sono il primo esempio di questo fenomeno. Ignorano completamente il male oscuro della figlia. Preferiscono piuttosto ricercare solo risposte di comodo al loro dramma. Ma proprio questa loro assenza e superficialità nei sentimenti familiari ha influenzato il triste destino di Hanna, travolta da uno dei mali più diffusi in Occidente, quella depressione definita dal filosofo spagnolo come “nausea del vuoto”.

In questo senso Thirteen Reasons Why può essere visto come un vera e propria “tirata alle orecchie” ai padri moderni, che dovrebbero essere più attenti e prendere più seriamente la loro vita familiare e quella dei propri figli. Al contrario, nella serie le mogli assumono un ruolo quasi sempre di “vittime” sacrificali, figure senza personalità e senza ruolo che subiscono la violenza maschile.

Gli uomini (tranne che in qualche rara eccezione) appaiono infatti come dei violenti abusatori, che vivono solo per soddisfare i propri istinti sessuali, quasi in preda a una mascolinità tossica. Tuttavia, questa rappresentazione della figura maschile nella serie può rivelarsi blanda, a tratti surreale e infantile. Alla fine infatti la ragione principale per cui Hanna decide di suicidarsi è per una delusione di amore e non per aver subito violenza e oppressione da un uomo. E’ quindi a mio avviso sterile e fuori luogo qualsiasi tentativo di vedere questa serie tv come una apologia del femminismo radicale.

3. Amicizia e sessualità superficiale

Due sono i temi di fondo che emergono da questa serie televisiva: i rapporti di amicizia e la sessualità. In Thirteen Reasons Why viene rappresentata una triste realtà: se sei di animo nobile e sensibile, è impossibile avere amici sinceri. Sotto questo aspetto è evidente che Hanna gode di una grande capacità di amare, ma di fatto è sempre ferita da chi le è vicino. I sentimenti che la giovane donna nutre verso gli altri sembrano inutili, perché nessuno è capace di contraccambiare. Rimane quindi una ragazza sola con i suoi sentimenti.

La serie descrive impietosamente una società individualistica e materialistica, incapace di trattare con dignità l’altra persona. I giovani di Thirteen Reasons Why si comportano in modo cinico; lo scopo delle loro azioni è solo quello di raggiungere la via più breve verso il successo. Ed è proprio qui che emerge la banalizzazione delle relazioni sessuali. Thirteen Reasons Why rappresenta infatti la vita sessuale tra i giovani come fosse una qualunque altra attività, senza che sia necessario un rapporto di sentimento tra l’uomo e la donna. Tuttavia, come suggerisce la stessa parola promiscuità, il rapporto sessuale precoce confonde, e questo è anche evidente nella trama, poiché Hanna è una chiara vittima proprio di questo disordine.

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