giovedì, Dicembre 26 2024

Il primo studio di questo terzo volume della collana Famiglia e media presenta un profilo delle associazioni e delle istituzioni impegnate nella promozione della famiglia in Argentina.

Questa ricerca permette di scattare una fotografia abbastanza fedele dell’immagine della famiglia argentina, consentendoci di capire e conoscere programmi, attività e strategie di comunicazione interna ed esterna delle associazioni coinvolte.

Infine, indaga e analizza i principali temi sulla famiglia presenti nell’opinione pubblica. Proprio a questo proposito, sono state effettuate interviste a 29 rappresentanti di associazioni familiari dal mese di settembre a quello di novembre 2012.

Questa ricerca si basa su un precedente lavoro, realizzato in Italia, dal titolo “La comunicazione istituzionale nel Forum delle Associazioni Familiari (Italia)” [1], portato avanti dal team di ricerca “Famiglia e media” seguendo le direttive indicate dal Forum.

Il questionario è stato naturalmente adattato alla società argentina, mantenendo però la sua filosofia e struttura originaria. Il lavoro vuole descrivere:

a) come è l’associazione (profilo, storia, numero dei iscritti, area di attività, missione, idee promosse sulla famiglia, il pubblico al quale si rivolge, attività associative e problematiche eventuali);

b) come comunica l’associazione, cioè quale tipo di comunicazione interna ed esterna viene messa in atto e quali strumenti vengono usati;

c) come interagisce l’associazione con l’ambiente nel quale si trova, in particolare che tipo di rapporto instaura con i media di fronte ai temi sulla famiglia e infine

d), quale opinione ha l’associazione sui temi di grande dibattito pubblico, come gli aiuti fiscali alle famiglie, il riconoscimento legale delle unioni tra omosessuali, l’eutanasia, etc., e quali sono le priorità relative alla famiglia che dovrebbero essere messe nell’agenda politica. A differenza della ricerca italiana, che rispondeva alle esigenze del mandante, il Forum delle Associazioni familiari, la selezione delle associazioni di famiglia argentine è stata fatta da parte degli Istituti di Famiglia universitari che hanno maggiore presenza nel paese: l’Istituto per il Matrimonio e la Famiglia della Pontificia Università Cattolica Argentina, l’Istituto di Scienze della Famiglia dell’Università Austral, l’Istituto Famiglia e Vita dell’Università Cattolica di Salta e l’Istituto per il Matrimonio e la Famiglia dell’Università Cattolica di Santa Fe. Ognuna di queste istituzioni ha selezionato le associazioni che lavorano in maniera continua e regolare nell’area regionale di riferimento dell’istituto. La validità del campione di ricerca si basa proprio sulla qualità di queste istituzioni, sul loro riconoscimento pubblico, sulla loro presenza e lavoro nel territorio argentino e – in alcuni casi anche in campo internazionale – e sui risultati ottenuti.

Senza avere la presunzione di esaurire la ricchezza delle conclusioni dello studio realizzato da Zelmira Bottini de Rey, Direttrice dell’Istituto per il Matrimonio e la Famiglia dell’Università Cattolica dell’Argentina (UCA), da María Teresa Téramo, docente dell’Istituto di Comunicazione della stessa università, e da Alejandra Planker de Aguerre, anche lei docente all’UCA, possiamo provare a elencare tra i risultati principali del lavoro i seguenti punti:

a) la giovane storia delle associazioni di famiglia in Argentina

b) la chiara coscienza della propria identità e missione, così come la forte aggregazione dei suoi membri;

c) il carattere fortemente confessionale;

d) la giovane età dell’organizzazione e la capacità professionale nella gestione della comunicazione;

e) l’atteggiamento fortemente reattivo nei confronti dei mezzi di comunicazione tradizionali e la fiducia in Internet come strumento principale di comunicazione.

In coerenza con la metodologia della ricerca – interviste personali ai portavoci delle associazioni effettuata da parte di un esperto incaricato dagli Istituti di famiglia – l’analisi evidenzia il ruolo che questi possono avere nel miglioramento del lavoro delle associazioni di famiglia attraverso la formazione; e, a sua volta, l’arricchimento che presuppone la conoscenza del lavoro delle associazioni per gli Istituti di famiglia, con i suoi punti di forza e di debolezza.

Nonostante l’impatto popolare dei videogiochi e l’enorme volume di vendita che generano, la riflessione accademica ha prestato loro fino ad ora poca attenzione. Alcuni li considerano una mera evasione; le famiglie, al contrario, prestano loro più attenzione. Molti genitori temono la loro capacità di attrazione sui propri figli, le ambientazioni che propongono, il tempo che rubano loro e, non secondariamente, anche il costo della consolle e degli stessi videogiochi. Nel secondo capitolo, Giuseppe Romano, autorità indiscussa in Italia in questo campo, spiega le chiavi del potere di attrazione di questo nuovo modo di giocare che sfrutta tutte le potenzialità del digitale.

Sono tre i fattori che, combinati tra di loro, danno grande fascino ai videogames: la dimensione ludica, onnipresente in tutta la cultura e parte essenziale della condizione umana, come ha dimostrato Huizinga in Homo ludens; la dimensione narrativa che, nel caso dei videogiochi, aumenta non appena il giocatore diventa “protagonista” della storia tra una serie di alternative che gli sono offerte, e la proposta più o meno esplicita di tesi che il videogioco implica, come avviene in ogni discorso. Un esempio di questa ultima dimensione retorica può vedersi chiaramente in un videogioco come i Sims. Sembra apparentemente un simulatore innocuo della vita sociale, solo un gioco in fin dei conti; tuttavia proietta una visione riduttiva della persona e delle relazioni sociali che si risolvono in pochi comandi che condizionano i comportamenti dei personaggi. Solo lo sguardo distaccato ed ironico di un adulto riesce a capire questa proposta manipolatrice e alquanto riduttiva delle relazioni sociali umane.

Non è solo evasione quello che i videogames comportano. Altrimenti non si spiegherebbe l’enorme impatto popolare ed economico che hanno. Basti pensare, a titolo di esempio, che in Italia due famiglie su tre hanno una consolle, che l’età media dei “videoplayers” è di 28 anni, che una comunità di giocatori come la Playstation Network supera gli 80 milioni, etc. Senza dubbio questo studio di Giuseppe Romano offre una chiave di lettura sulla “grammatica” dei videogiochi e sulla sua struttura espressiva.

Molto opportunamente Corinne Manella, autrice dello studio su The Office – una singolare commedia di gran successo tra i giovani negli Stati Uniti, come lo fu in Gran Bretagna la precedente serie dallo stesso titolo della BBC – cita Chesterton a proposito dell’umore e la serietà: “l’umore, come l’ingegno, è relazionato, anche se solo indirettamente, con la verità e le virtù eterne, perché diventare serio nell’umore è la maggiore delle incongruenze, così come è la peggiore delle pomposità inorgoglirsi monotonamente dell’umore; perché questo è il principale antidoto contro l’orgoglio, ed è stato, già dal libro dei Proverbi, il martello dei matti” – G.K. Chesterton (Humour)1938).

Prendere sul serio una commedia è un paradosso, studiarla seriamente per capire perché funziona non lo è, ci ricorda Manella. L’autrice ha portata avanti una profonda analisi della prima stagione di questa popolare serie TV americana che ha inaugurato un nuovo formato televisivo, il mockumentary, (dove mock sta per burla e documentary per documentario), a partire dalle virtù sociali (pietas, observantia, oboedientia, honor, gratitudine, vindicatio, veritas, affabilitas, liberalitate, dove gli originali nomi latini non coincidono esattamente con gli attuali nomi nelle lingue vernacolari).

E Manella l’ha fatto con serietà, con profondità e con originalità. Non solo infatti ha dimostrato che il metodo qualitativo-quantitativo, che il team di Famiglia e media ha creato per analizzare i testi delle fiction e dei programmi informativi, funziona e può essere utilizzato – con gli adattamenti necessari – a questo singolare genere televisivo, ma lo ha fatto partendo dalla scena come unità di analisi, rafforzando quello che ha già dimostrato l’applicazione di questo metodo all’analisi di una telenovela a partire dallo studio degli archetipi nell’arco temporale di una sub-trama come unità di analisi (Famiglia e media. Il detto e il non detto, Roma, Edusc, 2008).

Risparmiando ora i cavilli tecnici al lettore, questo lavoro risponde ad una precisa domanda: perché attira una teleserie i cui protagonisti sono ridicoli, quasi buffi? Quando l’humor, che non è il sarcasmo, ci fa amare quello che non abbiamo, significa che esiste uno sguardo positivo sulle virtù, sull’ideale di essere una persona realizzata, felice. Il sarcasmo narrativo fustiga i vizi dei personaggi e deprime gli spettatori; l’humor invece compatisce lievemente, quasi con leggerezza, i difetti dei personaggi ed incoraggia lo spettatore a non prenderli troppo sul serio, senza tuttavia scusarli. Nella commedia c’è dell’humor perché, nella sua radice più profonda benché negligente, ci sia una visione promettente dell’uomo. Tolkien e Lewis hanno detto che la commedia poteva soltanto crescere un humus culturale cristiano. Di conseguenza, le virtù sono molto presenti in The Office come nel negativo di una fotografia.

Nel quarto capitolo del presente libro Norberto González Gaitano fa una riflessione sulla natura delle relazioni familiari, seguendo le regole antropologiche di Malo ( Io e gli altri. Dall’identità alla relazione), studia la rappresentazione di queste relazioni nei mezzi di comunicazione esaminando il caso di un genere molto popolare come le telenovele,e l’influenza che queste “proiezioni virtuali” hanno sulla famiglia reale.

Le relazioni familiari (paternità, maternità, filiazione) sono un dato di fatto e, come tali, creano legami costitutivi che richiedono la loro presa in carico e il perfezionamento dei termini di questa relazione perchè siano costitutive e non distruttive dell’identità personale. La famiglia non è soltanto una realtà biologica e simbolica o culturale, ma una realtà “in fieri”, in costruzione permanente. Proprio per questa ragione, l’immagine simbolica che ogni cultura propone della famiglia contribuisce a rafforzarla o ad indebolirla. Dal momento che i mezzi di comunicazione sono uno dei fattori determinanti della cultura attuale, è estremamente importante comprendere quale immagine di famiglia propone. Come diceva Montagu, una cultura è fatta a partire dall’immagine che ha di sé e cambia con i cambiamenti di quest’immagine.

Per tutto quello che è stato scritto fino ad ora, è evidente che questo terzo volume della collana Famiglia e media non ha una sua precisa unità tematica. Si andrebbe fuori da quello che si cerca. Però ha un preciso filo conduttore, che lega la proposta di tutto il progetto di ricerca che si estende progressivamente per diversi paesi e con contributi diversi. Per dare argomentazioni efficaci alle associazioni di famiglia che promuovono una cultura della famiglia è necessario studiare adeguatamente la rappresentazione di quest’ultima sui mezzi di comunicazione. Siamo infatti fermamente convinti che gli studi empirici non debbano essere auto-referenziali o semplici scuse per migliorare il curriuculum accademico dei ricercatori o per ottenere un finanziamento, ma devono essere utili alle famiglie e a tutti coloro che le rappresentano.



1]
La Porte, José María, e De Ascaniis, Silvia, “La comunicazione istituzionale nel Forum delle associazioni familiari (Italia)”, in Famiglia e Media, Roma, EDUSC, 2012, pp. 17-60.

Previous

Alla ricerca di una buona lettura. Viaggio all’interno del portale di orientamento Delibris.org

Next

Che cosa è realmente in gioco con il Sinodo sulla famiglia?

Check Also