giovedì, Dicembre 12 2024

Luca Muglia. Il giardino invisibile. Terapia psicospirituale per giovani in difficoltà. Aliberti, Reggio Emilia, 2020.

Muglia muove le sue riflessioni ad ampio raggio dalla sua esperienza nel recupero di giovani in un Istituto Penale Minorile del Sud Italia per fare una proposta di formazione del cuore, attingendo alla conoscenza sapienziale dei Padri della Chiesa e della spiritualità orientale, arricchita con informazioni selezionate dalla moderna psicologia e dalle scienze del comportamento.

Le “malattie del desiderio”, che attanagliano i giovani smarriti (e anche gli adulti di personalità fragile perché non maturati adeguatamente), si sono moltiplicate nelle società postmoderne, intrise di materialismo e di individualismo esacerbato. La descrizione che fa Muglia di queste patologie nel primo capitolo è esauriente, anche se talvolta acquista toni “apocalittici”. L’uso smodato delle nuove tecnologie acuisce il problema della formazione dell’identità personale, che è sempre stata la sfida di ogni generazione. E’ vero che oggi si ha maggiore difficoltà a tramandare un’eredità di “umanizzazione” alla generazione successiva, ammettendo che la abbiamo acquisita nella generazione in corso. Le “verità umane” (comprese quelle morali, spirituali e religiose), a differenza del progresso tecnologico e scientifico, non sono a portata di mano per essere semplicemente acquisite e usate senza impegno e rischio personale. E’ in gioco il “centro interiore” della persona.

La proposta di terapia (che io chiamerei anche di formazione) di Muglia punta proprio a incidere su questo nucleo spirituale della persona, senza gli escamotage caratteristici degli ambienti culturali che hanno precluso –per pregiudizio ideologico derivante dell’Illuminismo- l’accesso a “risorse spirituali” presenti da tempi immemoriali nella tradizione sapienziale di ogni cultura, compresa anche quella cristiana. Il percorso che Muglia traccia per “educare all’invisibile” si snoda in passi ben declinati: 1) la pazienza del divenire (che io chiamerei educare al realismo); 2) la pedagogia dei gesti audaci, che io chiamerei insegnare a decidersi, cioè formare la libertà interiore, l’unica vera libertà di fronte alla quale la capacità di scegliere fra una offerta di opzioni più o meno variegata è solo una parvenza; 3) e tutto questo con l’aiuto del “Maestro interiore”, Qualcuno che vuole collaborare con noi per arrivare ad essere chi veramente siamo e non uno dei tanti modelli di stucco ripetibili. Oggi purtroppo molti giovani e non tanto giovani agiscono, operano…e diventano (quindi sono) fotocopie mimetiche di modelli standardizzati creati dagli “ingegneri psicologici” del comportamento individuale e sociale che lavorano al servizio del Dio denaro in tutte le sue forme idolatriche con cui esso si riveste per allettare le pulsioni del desiderio (potere, riconoscimento, sesso, ecc.), idoli che non possono appagare il nostro desiderio, perché sono simulacri.


Si tratta quindi, a mio avviso, di un libro audace, affascinante e molto utile per gli educatori. Forse l’autore si lascia prendere troppo la mano da un prurito accademicista che lo porta a infarcire il testo di molte citazioni erudite, che a volte tolgono linearità al suo pensiero.

Lo scopo finale, tuttavia, risulta chiaro: raggiungere e purificare il cuore dei giovani smarriti o cosiddetti “difficili”.

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