giovedì, Dicembre 12 2024

Vi siete mai chiesti se si può parlare del male nei cartoni animati? Una possibile risposta ce la offre la prof.ssa Marta Brancatisano, secondo cui il cinema (qui estendiamo alla rappresentazione in generale) suscita “scandalo” quando “non rispetta la struttura umana”. Nel suo libro Uomo e Donna, Considerazioni di Antropologia Duale ( Edusc, Roma, 2015), spiega: “ lo scandalo implica la produzione o la comunicazione di un effetto distruttivo sul pubblico attraverso una trattazione pervertita del racconto sul male o del racconto sulla persona. Ad esempio, la rappresentazione del male assoluto (senza speranza e senza soluzione), la mancanza di identità del male (indifferentismo), la negazione o irrisione dei caratteri antropologici basici come felicità, amore, sacralità della vita”.

Quando il male è presentato “per gioco”

Chi di noi non conosce Tom & Gerry? Protagonisti di questa serie di cortometraggi d’animazione – creata nel 1940 da William Hanna e Joseph Barbera – sono un gatto, di nome Tom, e un topo, Gerry. I due passano le giornate a litigare e a farsi i dispetti. Si tratta di un cartone animato ironico, ideato in un’epoca in cui gli studi di pedagogia erano ancora agli arbori (quindi eviteremo di mettere al rogo un classico che ha intrattenuto generazioni e generazioni di bambini: offriremo solo degli spunti di riflessione).

In ogni puntata, il gatto vorrebbe mangiare il topo, ma quest’ultimo, molto astuto, riesce sempre a cavarsela. La rivalità continua perennemente, spesso si arriva “alle mani” (denti rotti, mani dolorosamente schiacciate, secchi di acqua bollente che si rovesciano ecc.) senza che ci sia mai un vero vincitore, né un vero perdente.

Se da un lato c’è di buono che “il bullo”, Tom, non riesce mai a prevaricare sulla “vittima”, Gerry, certamente i due sono in perennemente in un conflitto che non si risolve in modo costruttivo.

L’adulto capisce il lato giocoso dello scontro, ma i più piccoli?

Di per sé, il fine del cartone sopracitato è ludico e non “crea scandalo”, probabilmente, in un bambino di 8-9 anni, che ha già la capacità di astrarre e di distinguere la finzione dalla realtà (in Tom & Gerry è tutto molto surreale: fatichiamo proprio a pensare che possa “trasmettere dei messaggi negativi”).
Ma cosa può accadere se questo cartone animato lo guardano, ad esempio, bambini di 3 o 4 anni (come i miei), che non sono ancora in grado di scorgere il lato giocoso di questa lotta, ma imitano semplicemente i comportamenti che vedono? Di recente, un famigliare aveva iniziato a far vedere spesso questo cartone a mio figlio di 4 anni.
Lui, allora, oltre ad essere diventato più dispettoso e manesco con il nostro gatto (rischiando reazioni poco gentili da parte dell’animale), aveva anche iniziato a ridere di fronte a comportamenti violenti (vedendoli come “un gioco”).
In quel momento ho compreso che un cartone animato apparentemente innocuo per me, visto nell’età evolutiva sbagliata, poteva lasciare segni non positivi. Il punto non è mettere al rogo i disegnatori di questo cartone – come non metteremmo mai al rogo Bud Spencer e Terence Hill. Il punto è essere attenti a non sottoporre precocemente i nostri figli alla visione di contenuti non adatti alla loro età.

I bambini molto piccoli hanno bisogno di vedere il superamento del
conflitto in modo positivo

Oggi ci sono molti cartoni animati adatti alla fascia 3-6, in cui la violenza non viene offerta come un’opzione valida, nemmeno “per scherzo” (i bambini di 3-4 anni sono assolutamente “seri”, non sanno prendere le cose per scherzo: è tutto “vero” ed immediato, per loro). Cerchiamo, allora, cartoni animati in cui il male sia mostrato come male in
modo netto. Per fare un esempio positivo, mi viene in mente un cartone animato di cui abbiamo parlato nel nostro portale, Bing, dove certamente non mancano conflitti tra i pari, non mancano screzi e prepotenze (la realtà va rappresentata come è, anche se il pubblico sono dei bambini), ma sono diverse le soluzioni proposte dagli autori. Diverso è
il messaggio che arriva da ogni puntata, dove i bambini sono invitati a scusarsi, capirsi, ricominciare. Dove la rabbia viene ascoltata ma superata, dove l’errore di uno diventa motivo per gli altri di imparare la pazienza, dove l’egoismo si vince, seppure a fatica, in nome di una vera condivisione.

Il mio è solo un invito per i genitori e i nonni, a vigilare su ciò che passa sotto gli occhi dei nostri piccoli (soprattutto se sono molto piccoli) e spiegare perché certi comportamenti sono sbagliati e distruttivi, mentre altri ci fanno stare meglio.

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