giovedì, Dicembre 12 2024

Credo di aver perso il conto dei viaggi che ho potuto fare, negli ultimi anni, grazie ai libri sul prossimo santo Carlo Acutis, in particolare per via del primo romanzo: “Sei nato originale, non vivere da fotocopia” (Mimep Docete 2017).

Ognuno di questi incontri, poi, mi resta nel cuore, per motivi diversi. Ciascuno è simile agli altri e, al tempo stesso, unico e irripetibile.

L’ultimo che ho fatto, però, è stato davvero speciale e indimenticabile, perché ho avuto occasione di osservare da vicino la concretezza della resurrezione.

Ho potuto vedere cosa succede quando qualcuno investe davvero nei giovani, anche in una zona piena di disagi.

Ci troviamo a Napoli, precisamente in una periferia conosciuta per essere uno dei principali centri di spaccio della città.

Era fine maggio, quando sono giunta nell’oratorio dove si sarebbe tenuto l’incontro. Il luogo mi è sembrato subito bello e curato. Appena entri, ti senti accolto.

È una vera e propria casa, con degli spazi appositi per studiare, vedere film, giocare a basket, fare cene. Il posto è davvero confortevole e famigliare, semplice, modesto, ma squisitamente gradevole.

Le persone che ci lavorano e che lo frequentano hanno una rara gentilezza e tutto il calore tipico del Sud Italia.

Vedendo ciò, è con mia grande sorpresa che apprendo cosa ci fosse, nel suolo che calpesto, appena due o tre decenni prima.

Mi mostrano delle foto, da cui posso vedere un posto completamente diverso, degradato e abbandonato: “Proprio qui dove tu sei ora – mi dice il sacerdote che ha in carico la formazione spirituale di chi frequenta il centro – dove adesso sorge tutto questo (L’associazione “La locanda di Emmaus”, una onlus), fino a poco tempo fa c’era una discarica abbandonata”.

Mi racconta anche che quel luogo era, in passato, un centro di spaccio molto conosciuto.

Il quartiere, tuttora, è profondamente segnato dal problema della droga ed è a forte rischio criminalità, eppure quel centro funge da calamita per i giovani (tantissimi!), che cercano guide sicure, punti di riferimento, alternative.

Giovani, ma non solo. Anche famiglie (come quella coppia che ha perso una figlia ed è sostenuta dall’intera comunità), o donne che si trovano a crescere figli senza il supporto dei mariti (che possono usufruire del percorso pensato proprio per le mamme), bambini molto piccoli, che diventano le mascotte di tutti.

Quella sera mi sono ritrovata a parlare di Carlo Acutis e di altri giovani testimoni di fede (come la Beata Chiara Luce Badano e Suor Clare Crockett) a una folla numerosissima di ragazzi, adulti, piccoli che frequentano il centro e ai loro formatori.

Quanti riscontri significativi e quante storie mi hanno colpito, in quel tiepido pomeriggio di maggio! Negli sguardi dei presenti, nelle loro storie, ho visto impressa la potenza della risurrezione.

Mi hanno toccato le storie dei giovani con un vissuto difficile. Chi ha il padre in carcere, perché picchiava la madre. Chi ha un genitore agli arresti domiciliari, perché ha spacciato una vita, chi si trova in forte disagio economico, perché tutto il patrimonio famigliare è stato dilapidato nelle sostanze, e poi, ancora, ragazze madri, che nel centro hanno trovato un lavoro, oppure studentesse universitarie che portano avanti i loro sogni grazie alle borse di studio ottenute grazie al centro e che studiano giorno e notte per meritare tanta fiducia.

Quella discarica è diventata un luogo per far fiorire la vita, per scommettere sul futuro, sulle giovani personalità in formazione, per offrire qualcosa di diverso da ciò che hanno potuto vedere fuori da lì.

Quella discarica è il segno che i fiori più belli nascono all’asfalto, o come in quel caso, persino dalla spazzatura.

Lo ammetto, quando mi hanno invitata pensavo che sarei stata io a portare qualcosa di mio all’uditorio. E forse, in piccola parte, così è stato. Però sono estremamente convinta di aver ricevuto molto più di quello che ho donato.

Sicuramente, sono andata via con una speranza più nutrita. Mi son detta che nulla è impossibile, che bisogna solo credere nell’umanità. L’ho capito, guardando il sacerdote che ha in carico quella missione: se apriamo la nostra vita al bene, i frutti non tarderanno ad arrivare.

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