giovedì, Dicembre 12 2024

C’erano una volta, tre piccoli micetti di nome Matisse, Bizet e Menù, figli di una bella ed elegante gattina: Duchessa. Vivevano tutti assieme in una grande e sfarzosa villa parigina, con la padrona di casa, ormai anziana. La signora, data la sua età avanzata, un giorno decise di fare testamento e, poiché non aveva eredi, discusse col suo avvocato la possibilità di lasciare tutto ai suoi gatti.

La notizia non fu presa di buon grado dal maggiordomo, che credeva di essere l’unico possibile destinatario dell’eredità. Preso dalla rabbia, dalla delusione e dalla brama del denaro escogitò allora un piano per liberarsi dei micetti. Addormentatili con del sonnifero, uscì di notte, portando con sé i mici, per lasciarli al bordo di una strada, lontani da casa. È la storia degli Aristogatti, un classico Disney diretto da Wolfgang Reitherman, del 1970.

Chiunque abbia visto questo cartone, potrà domandarsi con me: che ne sarebbe stato di quei micetti se non fosse intervenuto il mattacchione, aitante, coraggioso – e un po’ spericolato – Romeo. Romeo è un gatto randagio, che vive alla giornata, ma è abituato a cavarsela nella strada, a far fronte ai pericoli che la vita gli presenta continuamente.

Sarà lui a determinare il successo del viaggio di ritorno di Duchessa e dei suoi figliuoli. Inoltre, Duchessa e Romeo, durante il viaggio si innamoreranno e torneranno a casa insieme: lei avrà finalmente un marito e i suoi figli un padre (del quale, come loro stessi dicono più volte, sentivano la mancanza). Ciò che emerge in modo chiaro e distinto in questo cartone animato è che Duchessa e Romeo, all’interno della nuova famiglia che vanno a formare, hanno ruoli complementari e distinti.

Lei è dolce, accogliente e amorevole: sembra essere nata per accudire, per leccare le ferite, per consolare e confortare. Lui è audace e caparbio; disposto a sacrificare la sua vita pur di mettere in salvo i piccoli e la sua donna: sembra essere nato per guidare e proteggere dai pericoli la famiglia.

Lei è brava con le parole; attenta alle relazioni sociali e alla sensibilità del prossimo, lui è più rude, poco incline a risolvere i problemi parlando, ma molto “concreto” e diretto quando serve. Lei sembra essere per i cuccioli un porto sicuro, pronta a soffocarli con un abbraccio all’occorrenza; lui è piuttosto una saetta che li lancia verso il mondo esterno, che li aiuta a non avere paura di mettersi in gioco. In due parole, che purtroppo rischiano di cadere in disuso, lei è madre, lui è padre. Viene da chiedersi, guardando questo divertente cartone animato, perché mai si vogliano ad ogni costo annientare o ignorare le differenze tra uomo e donna, tra padre e madre, quando la realtà parla ancora forte e chiaro.

Non si vuole certo prendere gli Aristogatti come autorità morale per sostenere che di famiglia ce n’è una; si vuol solo dire che se persino un cartone animato datato, che parla di gatti, riesce a mostrare la bellezza e la naturalezza della collaborazione tra uomo e donna nella generazione e nell’accudimento della prole, forse, due domande o qualcuna di più su quello che sta accadendo alla famiglia in questi tempi, dovremmo farcele.

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