giovedì, Novembre 21 2024

Il 47esimo Rapporto Censis fotografa un’Italia sempre più legata alla Rete e ai nuovi media. Tutti più connessi e mobili, anche a costo di sacrificare i propri dati personali.

L’Italia è un paese sempre più tecno-dipendente. Due italiani su tre hanno infatti ormai una confidenza quotidiana con internet (ben il 63,5% della popolazione), anche se sono i giovani a dimostrare una più accentuata predisposizione verso il web con quasi un plebiscitario 90,4% nella fascia di età tra i 14-29 anni, a cui si contrappone il 21,1% degli over 65.

Ma non solo. Gli smartphone connessi in rete crescono a doppia cifra (+12,2% in un solo anno rispetto al 2012), con una percentuale di penetrazione complessiva sulla popolazione del 39,9%, che arriva a sfiorare addirittura il 66,1% tra i giovani.

Questa è la fotografia che emerge dal 47esimo Rapporto Censis per la parte specifica sulla fruizione dei media in Italia e il rapporto con le nuove tecnologie. Un’istantanea utile per capire verso quale direzione si sta andando in Italia e quale livello di incidenza stanno acquistando i media nelle nostre vite.

Il dato sicuramente più significativo ed eclatante del Rapporto, anche se forse non del tutto inaspettato, è però quello relativo all’utenza dei social network. Un italiano su due, ben il 49% della popolazione complessiva, è iscritto ad almeno un network on line. Un dato importante che impone una riflessione seria sull’evoluzione e i cambiamenti delle dinamiche sociali e sulle possibili conseguenze nelle relazioni sociali e famigliari che si potranno verificare nei prossimi anni.

A questa forte spinta verso un uso sempre più intensivo e ossessivo dei new media, fa riscontro un forte declino dei media tradizionali, che suona quasi come un de profundis per la carta stampata. Oltre infatti all’ormai inarrestabile crisi dei giornali cartacei, con una contrazione delle vendite delle copie dei quotidiani del 34% negli ultimi 12 anni, si inizia a registrare anche una piccola ma significativa parabola discendente dell’audience delle principali emittenti generaliste sia per i contenuti di intrattenimento sia per quelli di informazione. Anche qui, i media tradizionali stanno cedendo il passo se pensiamo che ben il71% dei giovani tra i 14-29 anni usa Facebook ed il 65% Google come canali di informazione. Solo gli over 65, come era prevedibile e a conferma dell’esistenza di un forte divario generazionale, con un significativo 52,3% continuano a usare i giornali cartacei come fonte principale di informazione. Un ultimo dato. In questo scenario dove le tecnologie emergenti conquistano sempre più spazio, la tv tradizionale continua ad esercitare il suo fascino sulla totalità della popolazione e ad essere con il 95% complessivamente ancora il medium principale, seguito però dall’ 86,3% dei cellulari (basic e smartphone).

Web, telefonini ultra evoluti e complessi, computer e tablet sono quindi entrati con forza nella nostra vita quotidiana, rivoluzionando le nostre abitudini e comportamenti non solo nelle relazioni sociali e nella fruizione dei media, ma anche in ambito lavorativo, nello studio e nel tempo libero. La nostra vita è quindi sempre più digital life, o se vogliamo sempre più drasticamente dipendente dalle nuove tecnologie digitali. Maggiore comodità e semplificazione della vita quotidiana in molti casi, certo, ma a quale prezzo? L’ingresso così prepotente di internet nelle nostre giornate porta alla ribalta una nuova ma significativa questione relativa alla protezione dei propri dati personali. Quanto sono sicuri e quanto sono realmente protetti nei siti dove navighiamo, facciamo acquisti on line, socializziamo o condividiamo emozioni ed esperienze? Una questione tra tutte è quella del pagamento, per l’utilizzo dei servizi su internet gratuiti, tramite la moneta sonante dei propri dati personali. Una gratuità quindi solo apparente. Otteniamo un servizio in cambio della cessione di un bene importante come i nostri dati. Che valore si dà alla propria privacy nell’era della digital life e fino a che punto siamo disposti a barattarla in cambio di servizi che ci promettono di semplificare la vita? Su questo il rapporto 2013 del Censis presenta dei dati da cui annotiamo una forte contraddizione, forse figlia della mancanza ancora di una piena e matura consapevolezza del problema. Infatti, se emerge che ben il 93% teme che la propria privacy possa essere violata on line e addirittura il 32,1%, vale a dire il dato preoccupante di quasi un navigatore su tre, dichiara di avere effettivamente subito conseguenze negative in materia di privacy, riscontriamo dall’altra parte che ben il 36,7% non adotta ancora nessun tipo di accorgimento per evitare possibili violazioni durante la navigazione (password, limitazione dei cookies..).

A fronte quindi di una percezione di rischio molto elevata, nei fatti soltanto una minoranza di utenti è effettivamente in grado di adottare una gestione attiva e consapevole della propria privacy. Solo il 40,8% degli utenti infatti, secondo il Rapporto Censis, si preoccupa di avere almeno una modalità di sicurezza durante la navigazione. La difesa della privacy, è una questione che sarà al centro di importanti dibattiti negli anni futuri e su cui sarà necessario intervenire presto, soprattutto a livello legislativo, non solo in Italia ma a livello europeo e mondiale, per dare agli utenti quelle garanzie e sicurezze attualmente mancanti e per colmare quelle lacune, figlie troppo spesso di bieche opportunità e convenienze commerciali.

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