giovedì, Marzo 28 2024

L’impatto della pandemia è stato particolarmente forte nella vita degli adolescenti, che si sono trovati di colpo a dover gestire la didattica a distanza, a rinunciare alle loro attività sociali e a dover affrontare molte incertezze sul futuro.

Tuttavia, Jean M. Twenge, professore di psicologia alla San Diego State University ed autore di iGen: Why Today’s Super-Connected Kids Are Growing Up Less Rebellious, More Tolerant, Less Happy – and Completely Unprepared for Adulthood ( iGen: Perché i bambini super-connessi di oggi stanno crescendo meno ribelli, più tolleranti, meno felici e completamente impreparati per l’età adulta) spiega in un suo articolo che potrebbe essere un’altra la principale fonte di stress e di tristezza per le nuove generazioni, perché già da prima della pandemia il malessere dei teenagers era aumentato considerevolmente.

Se la pandemia ha portato più problemi di salute mentale tra gli adolescenti, questo aumento non è stato improvviso e non ha segnato una netta inversione delle precedenti tendenze positive: gli adolescenti hanno iniziato a segnalare più tristezza a partire da 10 anni fa.

È vero che attraverso un sondaggio rappresentativo della primavera 2021, il CDC (Centers for Diseases Control and Prevention) ha rileva to che il 44% degli adolescenti americani ha dichiarato di sentirsi triste o senza speranza in quell’ultimo anno. Eppure, il 37% degli adolescenti aveva già riferito di sentirsi triste o senza speranza nella primavera del 2019, quindi prima della pandemia da COVID-19.

L’aumento più considerevole lo si è potuto apprezzare – piuttosto – rispetto al 2009: con un 26% in più di casi di rispetto al 2019. E, in concomitanza, sono aumentati anche fenomeni quali il suicidio e l’autolesionismo.

Cosa è accaduto, in quel decennio?

Jean M. Twenge spiega: “Ho notato i primi aumenti della depressione adolescenziale quando stavo scrivendo il mio libro sulla generazione nata dopo il 1995, intitolato iGen. All’inizio, non avevo idea del perché la depressione adolescenziale stesse aumentando così tanto in un periodo di tempo così breve. Ma poi ho notato alcune grandi tendenze nella vita sociale degli adolescenti: passavano meno tempo con i loro amici di persona e più tempo online . Questa tendenza non è buona per la salute mentale, specialmente per le ragazze, e soprattutto quando il tempo online viene speso sui social media”.

Se i social media sono responsabili di alcuni problemi di salute mentale, cosa si può fare?

Certamente, i genitori possono fare alcune cose. Prima di tutto, dare il buon esempio. Un genitore che vuole aiutare un giovane a non vivere incollato a uno schermo e a socializzare senza la mediazione del cellulare, deve essere di esempio a suo figlio. Impariamo a guardarci dall’esterno, esaminiamo con lucidità i nostri comportamenti. Mio figlio, guardandomi, può imparare il confine tra vita reale e vita virtuale?

In secondo luogo, non consentire ai bambini di età pari o inferiore a 12 anni di avere account sui social media . L’ideale sarebbe aspettare fino a ben oltre i 13 anni per accedere ai social media, spiega ancora Jean M. Twenge, forse 16. Quando gli adolescenti hanno il permesso di accedere ai social media, sarebbe il caso di limitare il tempo che possono trascorrere sulle app (un’ora al giorno è un buon limite di tempo).

Purtroppo, questo sforzo può essere molto ostacolato: i bambini e gli adolescenti vogliono essere sui social media perché i loro amici sono sui social media. Coloro che non vi accedono tutto il tempo come gli altri, rischiano di essere esclusi. Inoltre, molti bambini e adolescenti si iscrivono agli account dei social media all’insaputa dei loro genitori.

Sicuramente, è importante parlare apertamente coi ragazzi, spiegare che è possibile diventare dipendenti dagli schermi e dai social e che a volte essere diversi non è sbagliato. Magari si possono invitare i ragazzi a frequentare i “pochi amici” disposti a fare qualcosa di diverso e di più costruttivo che rimanere sempre con un cellulare in mano.

Perché, infine, non parlare anche tra genitori? Se molti pensano che il proprio figlio è “costretto” a stare sui social perché sono i figli degli altri a starci, perché non confrontarsi con altri papà e mamme sui metodi educativi che vorrebbero adottare per creare una linea comune? Non sempre è possibile, non tutti saranno disponibili, ma è un primo passo per cominciare a smuovere le acque.

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