giovedì, Novembre 7 2024

Ogni libro che osi affrontare uno dei temi più controversi della nostra epoca, vale a dire il valore del corpo umano – del maschio come padre e della donna come madre – è motivo sufficiente per rallegrarsi e fare festa, tanto più se il testo riesce a suscitare riflessioni molto profonde, che ci invitano a ripensare il modo in cui percepiamo il nostro corpo e quello della persona amata.

Ecco la motivazione principale che mi ha portato a prendere sul serio questa grande opera, splendidamente scritta da Andrea Diego e dal suo maestro Alberto I. Vargas, che metto nelle mani del lettore, perchè sia letta e meditata da ogni padre e madre di famiglia che desiderino soffermarsi su questo argomento profondo e di vitale importanza.

Gli autori: Lei, Andrea Diego, laureata in Pedagogia, Master in Storia del Pensiero presso l’Università Panamericana (Messico) e dottoranda in Filosofia presso l’Università di Navarra, ricercatrice presso il Centro per lo Studio della Famiglia, della Bioetica e della Società (CEFABIOS) della Pontificia Università del Messico, è anche professore di Antropologia Filosofica, presso l’Università Panamericana, presso l’Università Anáhuac e presso l’Istituto Giovanni Paolo II.

Lui, Albaero Vargas, amico e collega fin dall’infanzia, Direttore dell’Istituto Interno, Dottore in Filosofia presso l’Università di Navarra, membro del Sistema Nazionale dei Ricercatori del Messico, autore dei libri Genealogía del miedo: un estudio antropológico de la modernidad desde Leonardo Polo (Genealogia della paura: uno studio antropologico della modernità da Leonardo Polo) del 2017 e Ser y don: una teoría antropológica del juego desde Leonardo Polo (Essere e dono: una teoria antropologica del gioco da Leonardo Polo) del 2020; professore visitante presso la Strathmore University (Kenya), l’Università Santo Toribio di Mogrovejo (Perù), l’Università de los Hemisferios (Ecuador), l’Università de la Sabana (Colombia) e l’Università de Piura (Perù).

En busca del cuerpo personal (Alla ricerca del corpo personale) è un libro di 195 pagine, suddivise in quattro capitoli di 30-50 pagine ciascuno. Il suo accurato elenco bibliografico include in 10 pagine le principali opere di grandi pensatori sulla sessualità umana, come Karol Wojtyla San Giovanni Paolo II e Fabrice Hadhadj, tra gli altri.

Vediamo anche autori di grande rilievo nel campo dell’antropologia filosofica, come Leonardo Polo e i suoi discepoli Juan Fernando Sellés e Blanca Castilla de Cortázar. Naturalmente, non mancano i protagonisti della filosofia occidentale (classica e moderna), come Aristotele, Kant, Kierkegaard, Freud, Nietzsche, tra gli altri.

Per quanto riguarda la struttura del libro, gli autori mostrano l’intenzione di spiegare progressivamente il modo in cui la filosofia ha compreso il corpo umano attraverso gli ultimi millenni. Iniziano con un’analisi impegnativa dell’attuale confusione, certamente conflittuale e nebulosa, che è chiaramente radicata nello spirito della modernità, dove domina l’idea della “supremazia dell’individuo”, che nel tempo ha fatto esplodere una visione parcellizzata del corpo umano, sia maschile che femminile, ora promosso forzatamente come “merce di scambio” nel contesto del libero mercato globale.

Successivamente, si intraprende un viaggio nel passato, verso la comprensione classica del corpo, da dove è possibile recuperare il concetto di “natura”: la componente naturale era la premessa necessaria per ogni possibile disquisizione sull’essenza della persona umana, la sua sessualità e la possibilità di procreare.

Infine, l’ultimo capitolo affronta la grande novità del cristianesimo, che afferma in modo determinante la distinzione tra istinto naturale e persona, consentendo una maggiore comprensione del corpo umano come “apertura all’altro”, come “dono di sé” o, come direbbe Mikel Santamaría, della consegna del proprio essere senza riserve: dall’uomo alla donna e dalla donna all’uomo.

A mio parere, Alla ricerca del corpo personale porta sul tavolo un tema inesplorato negli studi scientifici sul matrimonio e sulla famiglia: il grembo materno come prima casa. Infatti, gli esseri umani – direbbe Leonardo Polo – si definiscono rigorosamente “figli” dei propri genitori, perché essi, come maschio e femmina, hanno unito le loro vite e i loro corpi in una sola carne, dando il via a quell’evento, unico e irripetibile, nuovo, che porta con sé la nascita di una nuova vita, di un nuovo corpo. Tuttavia, come sottolineano gli autori, “quando si tratta del corpo: più unità, più vita; più regolarità, più vita; più immanenza, più vita; più vita e vivere è più del semplice non avere vita, è un grado di perfezione”.

Vale a dire, lo svolgersi della vita dei genitori deve generare nella vita dei figli un ambiente “domestico” in cui tutti, come famiglia, godano di una stabilità materiale e spirituale che “sostiene” nell’esistenza, nella sua dimensione economica, educativa e di intimità, come afferma Rafael Alvira. Perché quella è una casa, uno spazio intimo analogo al grembo materno, dove tutti abbiamo avuto la nostra crescita più radicale, più originale e più identitaria.

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