giovedì, Novembre 21 2024

Un insieme di mondi virtuali interconnessi, lavoro, giochi, istruzione; una realtà aumentata popolata da avatar e governata da algoritmi. Il metaverso è questo, ma anche molto di più.

Cosa è il metaverso

E’ uno spazio tridimensionale al quale è possibile accedere tramite appositi dispositivi e nel quale le persone possono “muoversi” e interagire in 3D: fare shopping, viaggiare, svolgere riunioni di lavoro e organizzare incontri galanti, e insieme, utilizzare nuovi ambienti di apprendimento e monitorare il proprio stato di salute. Un mondo online tridimensionale in cui ‘ti teletrasporti’ dal tuo ufficio di Madrid a un museo a Roma, compri una maglietta del tuo brand preferito, giochi con un amico una partita a scacchi virtuale e, prima di addormentarti, controlli parametri vitali (pressione sanguigna, battiti, ecc.) E c’è pure chi si è sposato nel metaverso.

Metaverso: come funziona?

Da quando il 28 ottobre 2021 il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, ha annunciato il cambio del nome in Meta, la curiosità sul web per quello che stava accadendo è cresciuta tantissimo.

Ma come funziona il metaverso? Entrare nel metaverso sembra un’impresa piuttosto semplice da realizzare e, almeno apparentemente, alla portata di tutti. Basta un computer che può essere sostituito da uno smartphone; una connessione internet; un account su una delle piattaforme del mondo virtuale metaverso; e, per rendere l’esperienza più immersiva, si possono utilizzare i visori di realtà aumentata.

Una delle piattaforme per entrare nel metaverso è Decentraland: un universo virtuale in cui gli utenti possono costruire edifici virtuali e sfruttare la visita degli altri richiedendo un pagamento.

Insomma, il metaverso esisteva già, e Zuckerberg non avrebbe fatto altro che investire, tantissimo, per ampliarne potenzialità e accessi.

La percezione per i non addetti ai lavori, nella quotidianità, è che resti, però, al momento, un’opportunità solo per pochi e che l’esposizione ai rischi possa essere maggiore dei benefici che se ne possano trarre. Una opportunità ancora per pochi, ma perché? Ma perché ad esempio, i visori per usufruire della immersività del metaverso sono ancora molto costosi. E poi, si tratta di strumenti in veloce evoluzione, con versioni continuamente aggiornate, che possono avere il vantaggio di una diminuzione progressiva del prezzo, ma che hanno anche il potere di rendere pressoché inutile la versione precedente che quindi finisce per perdere quasi tutto il suo valore sul mercato.

Benefici, per chi?

Secondo un recente studio, condotto dalla McKinsey, una società di consulenza globale (Value creation on metaverse), realizzato intervistando oltre 3.400 persone tra consumatori e dirigenti d’azienda, entro il 2030 il Metaverso arriverà a valere 5 trilioni di dollari ponendosi come la più grande opportunità di crescita per diversi settori nel prossimo decennio per lo sviluppo di nuovi modelli di business, prodotti e servizi. Secondo i ricercatori della McKinsey, il Metaverso potrebbe avere un impatto sul mercato e-commerce compreso tra i 2 trilioni e i 2,6 trilioni di dollari entro il 2030, e un impatto dai 180 ai 270 miliardi di dollari sul mercato dell’apprendimento virtuale accademico; dai 144 miliardi ai 206 miliardi di impatto sul mercato pubblicitario e dai 108 miliardi ai 125 miliardi di impatto sul mercato del gaming. Altre stime, sempre in positivo, parlano poi di tutto il mercato on line della moda, da quella low cost, fino al settore del lusso.

Ma queste stime rosee per il 2030 elaborate da McKinsey, basate sulle opinioni di 3.400 persone – ammesso che rappresentino bene la popolazione- non si combaciano con il fatto che oggi, nel 2023, la società di Zuckerberg abbia messo sul lastrico 13.000 lavoratori (e quindi le loro famiglie, se ce l’hanno) vale a dire un 13% della sua forza lavoro, cosa che succede per la prima volta nella storia di Facebook (The Wall Street Journal, 5 gennaio 2023).

Inoltre, siamo così sicuri che sia proprio un bene poter svolgere quasi tutte le attività da un singolo luogo fisico, teletrasportandosi in più spazi virtuali, magari contemporaneamente, e utilizzando avatar, ologrammi e digital twins come rappresentazione virtuale della propria identità reale?

I rischi del Metaverso

Gli studi hanno identificato aree significative di preoccupazione relative all’etica, alla sicurezza dei dati, alla regolamentazione, alla sicurezza, nonché al potenziale impatto psicologico per le persone più vulnerabili. All’interno delle aree esistenti del metaverso, gli utenti segnalano livelli crescenti di comportamenti offensivi e indesiderati, tra cui: molestie nei confronti degli utenti, rischi connessi all’aumento del gioco d’azzardo. Fa riflettere lo studio condotto dai ricercatori del Center for Countering Digital Hate (CCDH) che si sono finti minorenni, trascorrendo ore su Oculus e chat VR all’interno del metaverso di Meta Platforms, rilevando che gli utenti erano: “esposti a contenuti potenzialmente dannosi ogni sette minuti”, inclusi casi di bullismo, contenuti pornografici, razzismo, minacce di violenza e adescamento di minori.

Un recente rapporto pubblicato da Statista – una società che fornisce nel mondo dati e statistiche – nel 2021 ha evidenziato ed elencato i principali pericoli del metaverso: dipendenza dalla realtà simulata, privacy e problemi di salute mentale, come le principali preoccupazioni tra gli utenti di Internet in tutto il mondo.

L’auspicio

Le demonizzazioni, però, di certo non aiutano la comprensione e non stimolano la conoscenza. E invece forse quello che serve è proprio un sano interrogarsi su quello che sta accadendo. Speriamo che effettivamente il Metaverso possa arricchire le nostre interazioni sociali, possa aiutarci a monitorare la nostra salute, agevoli la nostra formazione continua, e che nello stesso tempo riesca a tutelare il più possibile la privacy e i diritti degli utenti, con l’auspicio, soprattutto, che riusciamo poi a vivere nel mondo ‘fisico – reale’ le nostre esperienze e relazioni. Del resto, il metaverso è popolato di utenti, e gli utenti siamo noi.

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