martedì, Dicembre 24 2024

Nel 2007 più del 22% della popolazione mondiale utilizzava Internet, secondo l’International Telecomunication Union (ITU). Tre anni dopo quella percentuale ha continuato a salire e nel 2009 Internet formava parte della vita quotidiana di più di un miliardo e mezzo di persone e costituiva una parte importante delle loro dimensioni sociali, educative, professionali e commerciali. Infatti, nel collegamento tra il mondo virtuale e il reale sono diventati imprescindibili l’e-mail, le piattaforme d’insegnamento on-line, i siti istituzionali, i blogs, le banca dati e la documentazione on-line, la consultazione di riviste scientifiche attraverso la rete, l’acquisto con carta di credito…

Le enormi potenzialità della tecnologia non sempre però hanno risvolti positivi, come mostrano i dati sui contenuti dei siti o alcune riflessioni in ambito accademico e intellettuale, sul fatto che Internet sta creando atteggiamenti sociali e logiche intellettuali che possono non essere di aiuto nella crescita delle persone. Mark Bauerlein, professore di Inglese all’Emory University, per esempio, sostiene che la crescita on-line produce un sottosviluppo intellettuale, e un’ossessione per l’opinione dei compagni (“ The Dumbest Generation: How the Digital Age Stupifies Young Americans and Jeopardizes Our Future ”, 2008). Sotto un altro versante ma pure in senso critico Nicholas Carr, ex-direttore di Harvard Business Review, pensa che l’uso indiscriminato di Internet determina nelle nuove generazioni la perdita della memoria culturale e contribuisce all’impoverimento intellettuale ( The Shallows. What the Internet Is Doing to Our Brains, 2010). Anche i professori universitari stanno ripensando l’uso delle tecnologie che si dovrebbe fare in aula per trasformarle in uno strumento di approfondimento e non una fonte di distrazione (Inside Higher Education, 2.VI. 2010). Ci sono molte tecnologie che aiutano ad evitare la presentazione di lavori copiati, che stimolano la risoluzione di problemi, permettono di allenare medici ed ingegneri in pratiche molto difficili attraverso simulatori… Il punto di tutte queste voci non è criticare Internet ma sottolineare che non deve essere assolutizzato, perché è uno strumento che deve essere in accordo ai fini e alle proprietà richieste da ogni attività che dobbiamo realizzare. Questo spiega la disperazione di alcuni professori universitari che vedono solo pochi studenti prendere nota con i loro lap-top in classe, mentre gli altri navigano in Internet, con la testa a molti chilometri virtuali da quello che succede in classe.

Una delle sfere dove Internet ha preso il largo è proprio quella dei rapporti sociali, dei social network. La popolarità di Facebook, che potrebbe arrivare nelle prossime settimane ai 500 milioni di utenti ne è l’esempio.

Social network: la nuova frontiera del villaggio globale

“Qual è la cosa migliore e peggiore che ti è successa su Facebook?”

“La migliore? Incontrare il mio ragazzo. La peggiore?…Incontrare il mio ragazzo!”

Questa è la battuta, scherzosa, ma poi neanche troppo, di una studentessa intervistata da Time (31.V.2010). Una risposta che, se da una parte fa sorridere, dall’altra sicuramente deve far riflettere sull’esplosione di questo fenomeno che giorno dopo giorno assume sempre maggiori dimensioni e maggiore ruolo nei rapporti sociali.

Forse è ancora presto per fare delle valutazioni definitive e tirare delle conclusioni, ma sicuramente è possibile (e forse anche utile) iniziare a tracciare delle tendenze e a valutare gli impatti, soprattutto sociali ma anche politici e commerciali delle reti sociali. Molti infatti sono gli ambiti e le questioni aperte che meritano quantomeno una riflessione. La privacy innanzitutto. Molti utenti, alle prime armi con Internet, sono ignari dei rischi che affrontano, inserendo dati personali senza pensare a che fine faranno. Ritrovare amici e fare nuove conoscenze su un social network è una delle forme più comuni. Ma nessuno sa chi c’è dietro l’interfaccia nella quale milioni di persone creano profili e pubblicano contenuti di svariata natura. Al momento della creazione dell’account, i social network diventano infatti proprietari di tutto ciò che viene pubblicato, dati personali inclusi. Questo significa che i social network non sono “soltanto” uno strumento per mantenere i propri contatti con gli amici, condividendo pensieri, foto, video e quant’altro, ma anche, e forse principalmente, un mezzo informativo costante per monitorare scelte, gusti, tendenze che serviranno ad impostare scelte di mercato e strategie commerciali per realizzare annunci pubblicitari più mirati, personalizzati e appetibili per gli inserzionisti. Se da una parte la legislazione è ancora lacunosa sotto questo punto di vista, è sicuramente vero però che un atteggiamento più consapevole e un pò di buon senso rispetto alla gestione della propria identità on line consentirebbe di ovviare, anche se parzialmente al problema. Lo stesso Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, mesi fa aveva chiesto scuse e recentemente riproponeva la politica della conservazione dell’informazione che segue la sua azienda in un’articolo pubblicato sul Washington Post (24.V.2010), ma recentemente tornava a dire in una intervista che il concetto di privacy stava cambiando e bisognava adeguarsi ai tempi ( La Repubblica, 23.VI.2010).

Le reti sociali e la loro dimensione sociale, economica e politica

Il campo sociale è sicuramente uno dei terreni dove i social network hanno avuto maggior presa. Mantenere e sviluppare le relazioni interpersonali tramite internet (e sempre meno attraverso il tradizionale telefono per non parlare del face to face), fare nuove conoscenze virtuali o recuperarne altre andate perse, è sicuramente qualcosa di più di una semplice moda. Un fenomeno mass mediatico certo, ma anche il sintomo di un disagio sociale e psicologico dell’individuo che non riesce più a trovare dei punti di riferimenti certi, reali e condivisi all’interno della società, come potevano essere le parrocchie, i circoli, il dopolavoro, le piazze o i bar fino a 20 anni fa. “L’amicizia ai tempi di Facebook” recita, e non a torto, qualcuno. Il sociologo Cameron Marlow, ingaggiato da Facebook per lo studio delle dinamiche sociali dei propri utenti, aveva registrato una media di 120 amici per l’utente medio, con una reale capacità di mantenere rapporti costanti che varia dalle sette alle dieci persone. Un dato che non farà fede al reale concetto di amicizia ma che comunque fotografa in maniera sintomatica la situazione. Quello su cui forse vale la pena soffermarsi un attimo è anche la gestione della propria identità su internet. Molti psicologi hanno individuato nell’utente medio una crescente tendenza nel dare voce a una seconda propria identità sul web, che troverebbe la sua massima e libera espressione (o libero sfogo) sulle chat, i forum e i social network in particolare. Una seconda identità che non vuol dire necessariamente anche una seconda personalità. Detto in altri termini, ci si presenta spesso sul web con una seconda veste (in genere migliore della reale), per insicurezza, solitudine o timidezza alla ricerca di una espressività e dimensione personale troppo soffocata o non accettata nella vita reale. Sul modo di educare in questo ambito è interessante lo studio di Bringué e Sádaba realizzato in diversi Paesi Latinoamericani (Razón y Palabra, México 2009).

Ma i social network sono tanto altro ancora. Fonti di risorse continue ad esempio che irrompono anche nelle nuove strategie di business. A livello commerciale, come detto, l’interesse maggiore, poi neanche tanto nascosto, è quello di ottenere dei profili sempre più precisi e personalizzati degli utenti iscritti, da rivendere agli inserzionisti pubblicitari. Quasi un’enorme banca dati da mungere il più possibile. Infatti, nel profilo delle reti sociali gli utenti vengono incoraggiati a segnalare i loro gusti, le loro preferenze, sono invitati a collegarsi con altre persone che conoscono per aumentare la loro base contatti. Anche questo ultimo punto non è facile da gestire: da una parte c’è la possibilità di trovare molti amici dei quali si erano perse le tracce, ma diventa difficile o scortese rinunciare ad un invito di amicizia; oppure non è prevedibile l’uso che altri facciano delle informazioni offerte oppure si potrebbe essere contattati da persone che non hanno avuto un ruolo positivo nella propria vita. Basta pensare all’ex fidanzata di vecchia data che chiede l’amicizia ad un uomo ormai sposato. Inoltre, un’esempio dello sviluppo di questo ambito è la nascita della professione di social media manager, una persona specializzata in gestire reti sociali e promuovere l’interesse degli utenti verso determinati temi o prodotti.

Ma anche la politica ha scoperto questo nuovo mondo e ne ha fatto subito lo strumento principe su cui basare le proprie strategie di propaganda e di gestione del consenso popolare. Un esempio su tutti, la campagna elettorale di Barack Obama nel 2008, che ha utilizzato internet nelle forme più svariate, dalla ricerca dei fondi elettorali all’organizzazione e gestione degli attivisti, fino alla comunicazione dei messaggi e dei discorsi del candidato. Vaccari e Mazzoleni ( Political Communication Report , vol.20, 2010) suggeriscono che l’entusiasmo iniziale per Obama non è venuto soltanto dall’uso della tecnologia ma soprattutto dalla personalità, dalle idee e dalle proposte del candidato, che sfidava i repubblicani con un movimento popolare di base. Comunque, con il passare del tempo, il presidente in carica ha perso popolarità: la strategia precedente, centrata in un discorso inclusivo e nella costruzione di relazioni e rapporti, ha calato in efficacia perché si è istituzionalizzata e perché la logica delle relazioni personali (più vicina ad un movimento di base) si è trasformata in una logica di marketing (più vicina ad un governo che cerca di convincere alle persone sulle decisioni politiche prese). Inoltre, assicura Boynton ( Political Communication Report, vol.20, 2010), i repubblicani hanno imparato a fare l’opposizione pure in Internet, come si è visto con la riforma del sistema sanitario e con il movimento “Tea Party”.

Questi esempi mostrano che la politica vede nei social network, ma ancora più in generale in internet, lo strumento più adeguato per agganciare quei target tradizionalmente estranei o sfuggenti come i giovani under 30 o le classi più disagiate.

Servirsi dello strumento ed integrarlo nelle nostre vite

Le tendenze descritte precedentemente possono aiutarci a trovare delle idee per contestualizzare uno strumento così ricco e potente.

1. Le persone che hanno una capacità innata di fare amici e sviluppare relazioni trovano nelle reti sociali uno strumento solido per creare o rinforzare i rapporti perché viene integrato con la loro personalità nel campo sportivo, commerciale, d’interessi personali, ecc. La profondità, il tipo di relazione, il grado d’intimità condivisa e il numero di quelle amicizie che siano in grado di gestire saranno alcuni degli elementi più importanti nelle modalità di utilizzo.

2. Gli utenti con un carattere introverso o timidi hanno la possibilità di relazionarsi più facilmente nelle reti sociali, ma esiste il pericolo che sviluppino molti rapporti virtuali (ai quali dedicano tempo ed energie) e potenzino allo stesso modo l’isolamento nell’ambito reale, trascurando la famiglia, i colleghi di lavoro o le persone che incontrano quotidianamente.

3. Quelli che hanno una personalità dispersiva devono imparare ad utilizzare questo strumento con un ordine e uno scopo preciso, altrimenti i padroni del loro tempo e delle loro priorità saranno la tecnologia stessa o gli interessi delle persone contattate. Per questo motivo il tempo e le finalità con le quali si usa Internet sono i due pilastri essenziali che consentono di integrarlo adeguatamente alle nostre vite ed ottenerne il massimo delle sue potenzialità senza essere prigionieri dei suoi ritmi. Un studio interessante in questo senso è quello che hanno pubblicato recentemente Del Fiume, Sádaba e Bringué, (Minori e reti sociali: dall’amicizia al cyberbullying, in Revista de Estudios de la Juventud, marzo 2010).

4. Le reti sociali non possono sostituire il rapporto personale. L’amicizia virtuale potrebbe portare all’amicizia reale o viceversa, ma la relazione virtuale è nettamente diversa dal rapporto reale. E’ sempre più frequente che una persona, nel presentarsi ad un’altra, dica “Ci conosciamo già su Facebook”.

5. Internet in generale e le reti sociali in particolare si sono rivelate uno strumento efficace per crescere intellettualmente e per uscire dell’isolamento nel caso di persone che si trovano in situazioni di precarietà, in paesi lontani, o isolate per colpa di malattie o circostanze familiari.

6. Come si è detto all’inizio, ancora è presto per tracciare un quadro generale. È possibile affermare che le reti sociali stiano dando vita a nuove forme di comunicazione e di interazione, di linguaggi e di espressioni che stanno invadendo sempre di più la nostra vita quotidiana a tutti i livelli: sociale, commerciale e politico. È possibile dire che si tratta di un “mezzo” dentro un altro mezzo, Internet. Un mezzo “freddo”, per dirlo con McLuhan, capace di includere multipli canali sensoriali, inviando messaggi a “bassa definizione” che richiedono da parte dell’utente un gran sforzo sensoriale e percettivo.

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