giovedì, Novembre 7 2024

Nathanson e Rasmussen della Ohio State University (USA) hanno dimostrato all’esito di uno studio empirico che l’attività che maggiormente arricchisce la relazione madre e figlio per un bambino di età inferiore ai tre anni è leggere insieme, seguita immediatamente da giocare insieme.

Guardare insieme la TV, invece, impoverisce la comunicazione tra la madre e il bambino: “TV Viewing Compared to Book Reading and Toy Playing Reduces Responsive Maternal Communication with Toddlers and Preschoolers”, in Human Communication Research 37 (2011), pp. 465-487.

Finora, molti studi hanno dimostrato gli effetti negativi (sul piano cognitivo, didattico, sociale e anche fisico) dell’eccesso di esposizione televisiva sui bambini. Ci sono, naturalmente, altri studi che, al contrario, rilevano gli effetti positivi prodotti da alcuni programmi educativi. Negli ultimi anni, alcuni studi hanno iniziato ad analizzare gli effetti di altre forme di intrattenimento, come giocare con i giocattoli o leggere libri, dimostrando quasi sempre gli effetti positivi di tali attività. Lo studio che riporto è il primo a confrontare queste tre tipologie di intrattenimento, sotto il profilo dell’interazione comunicativa finalizzata all’apprendimento che riescono a creare tra madre e figlio quando le realizzano insieme.

I parametri o indici che misurano “il coinvolgimento materno nella comunicazione” (maternal responsiveness) nell’esperimento in laboratorio degli autori sono: l’affermazione (affirmation) che convalida (approva) le azioni del bambino e lo incoraggia a proseguire ciò che fa; (imitation) l’imitazione delle espressioni del bambino da parte della madre, che così lo rassicura nel suo uso del linguaggio; descrizioni di oggetti, attività o eventi, che aumenta le cognizioni del bambino, le domande che lo inducono a fornire risposte e, per questa via, costruiscono il “dialogo” per quanto semplice possa essere, e, infine, “risposte adeguate” (contingent responses) della madre alle manifestazioni espressive del figlio che lo incoraggiano o scoraggiano a continuare l’attività insieme. Per esempio, il silenzio di una madre in risposta ad un commento o una espressione verbale del bambino davanti ad una scena di uno spettacolo televisivo o un cambiamento di soggetto sarebbe da considerare una risposta inappropriata perché disincentiva la comunicazione tra i due.

Ci si aspetterebbe, almeno intuitivamente, una maggiore interazione e dunque una migliore comunicazione tra madre e figlio nel gioco, ma lo studio dimostra che il massimo grado di interazione si verifica nell’attività di leggere insieme un libro appropriato all’età del bambino. Era già noto, ed è stato confermato da studi empirici, che la lettura favorisce l’acquisizione di un vocabolario e delle strutture grammaticali e sintattiche più complesse nella vita quotidiana dei bambini. La novità dello studio di Nathanson e Rasmussen sta nel dimostrare che la lettura condivisa di un libro suscita una migliore risposta materna e riduce le lacune nella comunicazione con il bambino. In altre parole, la lettura non isola coloro che leggono insieme, a differenza di quanto accade con la televisione.

In che misura la risposta comunicativa della madre non dipende dalla “competenza linguistica” del bambino, piuttosto che dalle attività di leggere, giocare o guardare la TV insieme? Cioè, si può supporre che quanto minore sia la capacità espressiva del bambino, tanto più sarà difficile per la madre “mantenere il filo del discorso”, o, detto nei termini tecnici adoperati per i parametri dello studio, tanto più si abbasserà la “maternal responsiveness”. Tuttavia, gli autori, nell’analizzare questa variabile della “competenza linguistica” del bambino, ottengono una prova parziale dell’influenza di questo fattore: influisce solo in alcuni casi, e in modo diverso tra i bambini a seconda dell’età.

Nota metodologica

Lo studio è stato condotto in laboratorio e con tutte le garanzie abituali sul piano sociologico per garantire l’affidabilità dei risultati, non solo nella scelta delle 73 coppie di madre-figlio di età inferiore ai 3 anni, filmate e non avvertite -nel caso la madre, ovviamente,- sullo scopo dello studio, o sulla correttezza della codificazione di registrazioni filmate, o della selezione attraverso i test statistici degli indicatori della “risposta materna”. Anche il trattamento statistico del rapporto tra le variabili studiate ed i risultati sono eccellenti. L’unico aspetto problematico, segnalato dagli stessi autori nell’articolo, è che le condizioni “artificiali” proprie di un esperimento, per quanto possano tentare di suscitare comportamenti spontanei nei soggetti analizzati, non provochino una risposta specifica, in questo caso maggiormente positiva rispetto a quella ottenuta in condizioni naturali della vita quotidiana.

I risultati di questo studio, un pioniere nel suo campo, dovrebbe incoraggiare gli educatori familiari e soprattutto i genitori, a riflettere e a limitare l’uso della televisione come forma di intrattenimento condiviso trovando modi di comunicare più ricchi tra genitori e bambini, come la classica lettura e giocare insieme. Purtroppo, non esistono studi ancora in grado di conoscere l’impatto potenziale dei videogiochi in questa relazione, forseper la novità e il gap generazionale.

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