Intervista a José María Corominas, Presidente dell’Instituto Europeo de Estudios de la Educación (IEEE)
Al giorno d’oggi educare i figli è diventato un compito più complicato che mai. La famiglia e la scuola sono stati sostituiti in buona misura da altri potenti agenti educativi, i mezzi di comunicazione sociale, resi tanto influenti grazie alla tecnologia digitale.
I giovani hanno accesso a informazioni, conoscenze e contenuti con un’autonomia pressoché totale, senza il filtro della mediazione dei genitori. In questo nuovo scenario, i genitori come possono riuscire ad educare i propri figli?
Piuttosto che complicato, direi che si tratta di una sfida emozionante, preziosa e che richiede un impegno e una dedizione maggiori da parte dei genitori. Dobbiamo essere più formati oltre che disponibili nei confronti dei nostri figli, incluso ricorrendo ai mezzi tecnologici che abbiamo a disposizione. Noi genitori saremo sempre presenti nelle loro vite indipendentemente da cosa facciano e dove. Nelle scuole parliamo continuamente del fatto che è necessario potenziare la comunicazione e la fiducia dei nostri figli fin da subito, fin dal loro concepimento. E lo strumento più efficace che abbiamo a disposizione è l’esempio, senza il quale la nostra credibilità ai loro occhi diminuisce se non scompare del tutto. Se dovessi scegliere se essere un padre di ieri, di oggi o di domani, senza dubbio sceglierei il domani, dato che il coinvolgimento dei padri nel processo educativo è in aumento e proprio per questo diventa più formativa per entrambe le parti.
Come è possibile educare i nostri figli ad un uso responsabile dei mezzi di comunicazione? Come si può allenare la forza di volontà in questa direzione?
Focalizzandoci su come li usiamo noi e usandoli insieme a loro. Devono sapere che i mezzi di comunicazione di per sé non sono nocivi, quanto piuttosto, e alla stregua di qualsiasi altro strumento, che possono essere utilizzati positivamente e negativamente, e che la libertà che Dio ci ha dato è quella che ci consente di poter scegliere di fare o meno la sua volontà, in questo come per tutto il resto. E non dimentichiamo che la volontà di Dio coincide sempre con ciò che è meglio per noi come persone nel nostro percorso verso il Cielo. Parliamone con loro, ricerchiamo i momenti giusti per farlo, un film, un lavoro, una notizia o qualsiasi cosa in cui si riflettano esempi positivi e negativi rispetto all’uso della tecnologia. Aiutiamoli affinché riescano a formare un loro criterio di giudizio in merito a questo e ad altri argomenti. Consultiamo le fonti disponibili per documentarci a riguardo. A tal proposito, voglio raccomandare un bel libro di Alfredo Abad Domingo edito da Palabra nella collana Hacer familia dal titolo
Nuevas tecnologías. Claves, información y consejos para una educación 2.0 [Nuove Tecnologie. Spunti, informazioni e consigli per un’educazione 2.0]
Che importanza ha il dialogo tra genitori e figli all’interno di un progetto educativo familiare?
Il dialogo tra genitori e figli è fondamentale. Tuttavia, per essere efficace deve essere reciproco, dei figli nei confronti dei genitori e dei genitori rispetto ai figli e, soprattutto, deve essere intrapreso fin dalla tenera età di questi ultimi. Dialogare significa raccontare loro le cose del nostro quotidiano, le nostre preoccupazioni, le nostre gioie e concedendo loro il tempo affinché facciano lo stesso con le proprie.
L’importante è che non prenda la forma di un interrogatorio in stile KGB comunista.
Ovviamente questa pratica deve essere intrapresa in modo intelligente, costante e soprattutto adattandosi a quella che è la loro età. Non si tratta solo di qualità del tempo, ma anche del tempo in sé. Mi spiego. I periodi sensitivi dei bambini costituiscono straordinarie occasioni per creare e potenziare quei legami comunicativi, dato che in tali periodi sono più predisposti ad apprendere, a riporre fiducia in noi e, se li aiutiamo a potenziarli, riusciremo a creare dei vincoli che un domani saranno difficili da rompere. In altri termini, conosciamo i nostri figli e facciamo in modo che loro conoscano noi.
Per concludere. Tra le valanghe di mail giornaliere, messaggi di WhatsApp, notifiche su Facebook, vale forse la pena fermarci un attimo, spegnere il telefono e riflettere un po’ su ciò che è realmente necessario e su ciò che, al contrario, lo è di meno. Quali sono i suo buoni propositi digitali per il nuovo anno e quali consigli darebbe ai nostri lettori in merito?
Condividiamo momenti speciali insieme ai nostri figli. Non possiamo dire loro di mettere da parte la tecnologia quando siamo noi i primi a non farlo o a non riuscirci. Organizziamo viaggi, scampagnate in cui stare effettivamente insieme: difatti non basta stare nello stesso posto, al mare o in montagna, ciascuno per conto proprio o con i propri amici. Organizziamo viaggi che prevedano passeggiate, sport, giochi, visite culturali, attività di carità, etc., insieme, mano nella mano tutta la famiglia e individualmente con ciascuno di loro. È necessario trascorrere momenti speciali singoli, come una passeggiata o
una merenda, in cui si sentano speciali e in cui, sia noi sia loro, possiamo aprirci, raccontarci, condividere esperienze.
Infine, non dimentichiamo che il primo apostolato di qualsiasi genitore inizia all’interno della famiglia con il proprio coniuge e prosegue nell’esperienza con i figli. Se noi genitori cristiani facessimo meglio il
nostro lavoro di educatori e catechisti riusciremmo a sovvertire la società così facilmente come si gira un calzino. E per questo lavoro esistono associazioni di promozione sociale come Far Famiglia (il IEEE in Italia). Siamo orgogliosi di poter aiutare i genitori che vogliono ricevere questo tipo di formazione e allo tempo stesso godersi l’educazione di propri figli. Il modo migliore che noi genitori abbiamo per collaborare con Dio nella sua opera di creazione è quello di educare bene i nostri figli, che è una vera e propria vocazione cristiana.