sabato, Aprile 20 2024

Si mise in testa, lo sventurato, che era fatto tutto di vetro e, quando
qualcuno gli si avvicinava levava urla tremende, supplicando con parole e
ragionamenti assennati che nessuno gli si accostasse perché l’avrebbe
rotto; perché lui era tutto di vetro, da capo a piedi». Così Miguel de
Cervantes, in una delle Novelle esemplari
(raccolta di racconti del 1613), descrive Tomás Rodaja (Rotella), un
giovane avvocato soprannominato «dottor Vetro» che, come il Don Chisciotte
che l’autore scriveva negli stessi anni, è un folle che dice la verità a
chi si crede normale. Tomás è stato avvelenato da una donna con un filtro
magico che non ha però ottenuto l’effetto desiderato, obbligarlo ad amarla,
ma ha sortito tutt’altro esito: sopravvissuto per miracolo, il giovane è
infatti convinto di essere diventato di cristallo. Indossa abiti larghi,
non ha contatti ravvicinati, cammina solo al centro della strada, dorme
sulla paglia e teme che le tegole dei tetti gli caschino addosso. I suoi
amici cercano invano di aiutarlo: «Gli si gettavano addosso e lo
abbracciavano, esortandolo a far caso e a osservare come non si rompesse.
Tuttavia, tutto quel che si otteneva in questo modo era che il poveraccio
si buttava a terra levando mille grida, cadeva quindi svenuto e per quattro
ore non ritornava in sé».


In queste giornate drammatiche ci sentiamo di vetro anche noi

. Fragili e impauriti da ogni contatto, ci siamo dovuti chiudere in casa.
L’effetto è tanto inatteso quanto dirompente: le relazioni si mostrano
nella loro nuda verità. Gli spazi stretti e il tempo largo provocano
inevitabili attriti e scontri, eppure solo quando diventiamo trasparenti
riscopriamo la qualità delle nostre relazioni. É lo stesso Tomás a offrirci
la soluzione, infatti grazie alla sua follia il giovane ha acquisito il
potere della trasparenza: «Chiedeva che gli
parlassero a distanza e gli domandassero pure quel che volevano perché
avrebbe risposto a tutto con molto più senno, giacché era un uomo di vetro
e non di carne; infatti il vetro, in quanto materia sottile e delicata,
permetteva all’anima di operare con maggior prontezza ed efficacia rispetto
al corpo, materia pesante e terrestre». Nel racconto di Cervantes la fama
di saggezza e schiettezza di Tomás si diffonde, e tantissimi si recano da
lui per chiedergli consiglio o semplicemente per ascoltare la sua lucida
pazzia: quel giovane dice la verità senza mezzi termini, smascherando
menzogne e finzioni degli interlocutori. La stessa cosa può accadere a noi
in questi giorni di relazioni «inevitabili».

Da quanto tempo non affrontiamo ferite, silenzi, bugie, rancori,
segreti, che ci hanno allontanato da chi abita con noi sotto lo stesso
tetto?


Adesso, proprio perché non ci possiamo più nascondere, come il dottor
Vetro abbiamo la possibilità di rendere trasparente ciò che era stato
oscurato dalle attività esterne quotidiane o opacizzato da ripetitive
routine casalinghe.

E la verità ritrovata potrà essere arma o cura. Sta a noi scegliere cosa
fare della nostra condizione di uomini e donne di prezioso vetro di Murano:
sottoposti al fuoco incandescente dell’emergenza siamo costretti a tornare
malleabili. Sapremo rimodellare le relazioni grazie a questa inattesa
tenerezza o, rimanendo rigidi, ci frantumeremo a vicenda? Il tempo da
passare insieme sembrerà lunghissimo, ma è un nulla in confronto a quello
che può significare per la vita futura. Conosco famiglie che stanno
riscoprendo la bellezza di stare insieme con passatempi dimenticati come i
giochi da tavola o semplicemente consumando i pasti in compagnia; un marito
che deve proteggere la moglie immunodepressa con una delicatezza nuova;
fratelli incollati a serie TV che in altre occasioni non avrebbero mai
guardato insieme; coppie che riscoprono interessi comuni dimenticati strada
facendo; padri che leggono storie ai figli; madri che sprigionano la loro
creatività per impegnare bambini chiusi in casa per tante ore; persone
dello stesso condominio che si aiutano per la spesa o altre necessità…
Possiamo imparare di nuovo a «maneggiare con cura» la fragilità degli
altri: il virus è letale anche per l’individualismo che quotidianamente ci
avvelena.

Alla fine del racconto Tomás guarisce,
ma tutti continuano a preferire il bizzarro dottor Vetro che diceva la
verità senza mezzi termini: così è costretto a migrare dove nessuno lo
conosce per iniziare una nuova vita.

E noi sapremo fare tesoro di questi giorni di verità, anche se
difficili, faticosi, a tratti impossibili, come un’occasione
irripetibile di verità nelle relazioni fondamentali?

Siamo stati costretti a diventare di vetro, cioè più autentici di quanto
crediamo di essere ordinariamente dietro maschere, corazze, abitudini e
ruoli che ci fanno sentire sicuri, ma magari ci rendono oscuri proprio con
gli unici che hanno diritto alla nostra comica, tenera e fragile
trasparenza, per poterla amare.

Articolo pubblicato per gentile concessione del Corriere della Sera.

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