giovedì, Novembre 7 2024

“Ho trascorso tutte le estati della mia vita a fare propositi per settembre, ora non più. Adesso trascorro l’estate a ricordare i propositi che facevo e che sono svaniti, un po’ per pigrizia, un po’ per dimenticanza. Che cosa avete contro la nostalgia? È l’unico svago che ci resta per chi è diffidente verso il futuro.”

Dal film La grande bellezza di Paolo Sorrentino

Ho una confessione da farvi. Non sempre è facile per noi giornalisti ottenere una risposta positiva ad una richiesta di intervista. Anche quando è per una buona causa. E soprattutto non è sempre facile trovare dall’altra parte disponibilità, cortesia, professionalità e interesse, oltre al coraggio di mettersi in gioco. Ho trovato tutto questo invece intervistandoNathalie Dompé, Responsabile della Corporate Social Responsibility della Dompé, azienda farmaceutica italiana da sempre impegnata in prima linea nella lotta contro terribili malattie come il tumore del seno o nella ricerca scientifica per migliorare ad esempio i risultati del trapianto del fegato.

Tra molteplici impegni e riunioni riesce a trovare il tempo per noi di Familyandmedia. Le spiego il nostro progetto, come abbiamo iniziato, quello che vorremo fare. Mi ascolta, mi dà le sue impressioni, mi parla poi del suo lavoro e delle sue iniziative sociali. E noto subito una cosa che la accomuna fortemente a noi del team di Familyandmedia: una grande fede e una grande passione in quello che fa. Lo slancio verso il suo lavoro mi è apparso spontaneo e sincero. Spero di trasmettere questa sua positività nel mio resoconto dell’intervista. Buona lettura!

Dott.ssa Dompé, lei nella sua azienda si occupa di Responsabilità Sociale d’Impresa, un asset sempre più strategico per una azienda moderna che vuole essere in sintonia con la società in cui vive. Che cosa è la RSI per la Dompé? Ci parli di alcune sue iniziative.

Vi ringrazio per l’occasione di rivolgermi ad un pubblico nuovo, a cui cercherò di spiegare con molto piacere cosa facciamo in Dompé per il sociale. Direi che i progetti di responsabilità sociale in Dompé si sono andati sviluppando di pari passo con l’impegno dell’azienda nella ricerca scientifica e in particolare con la focalizzazione sulle malattie rare. Un’azienda non può essere avulsa dal contesto in cui si inserisce: al contrario, deve esserne parte attiva facendosi anche promotrice del cambiamento. In anni complessi come quelli che stiamo vivendo, tale approccio è ancor più necessario. Urgente, direi. Dal nostro punto di vista, quello che abbiamo voluto fare è stato porre l’attenzione sul mondo delle biotecnologie viste non solo come ambito di impegno scientifico, ma anche e soprattutto come possibile soluzione a problemi di salute ancora insoluti, penso ad esempio all’oftalmologia o alla diabetologia. Il tutto cercando di dare occasioni di visibilità e sostegno alle giovani generazioni, che proprio per quanto detto hanno forse bisogno di un appoggio maggiore rispetto al passato.

“Sostieni i supereroi”
è certamente il simbolo di questo approccio: un concorso dedicato a giovani sceneggiatori per descrivere il mondo della ricerca in un’ottica insolita e innovativa, promosso con successo nel 2014.

È molto frequente nel mondo aziendale di oggi parlare di “lavoro eticamente sostenibile e socialmente responsabile”. Non si tratta solo di comode etichette con cui farsi belli con l’opinione pubblica, ma di vere e proprie scelte strategiche su cui costruire e ridefinire la propria reputazione aziendale. Quale è la vostra idea di sostenibilità?

Per un’azienda farmaceutica sostenibilità è un concetto fondamentale, in quanto qualsiasi progetto di ricerca e sviluppo di un nuovo farmaco richiede investimenti di lungo periodo. Essere sostenibili vuol dire quindi essere capaci di guardare lontano e di concepire strategie capaci di rendere le persone partecipi di progetti che richiedono anni per essere portati a termine. Ecco che quindi la comunicazione, il coinvolgimento e le strategie di talent retention sono particolarmente importanti per noi. Al tempo stesso sostenibilità vuol dire mantenere un rapporto etico con i nostri stakeholder e con l’opinione pubblica, sapendo comunicare in modo consapevole e, appunto, responsabile, i passi che ci portano verso future soluzioni terapeutiche. In Dompé la responsabilità sociale ha proprio questa funzione: testimoniare l’impegno dell’azienda con continuità ed equilibrio per mantenere un canale di comunicazione sempre aperto con la società.

In che misura e come la cultura, la ricerca sociale e la diffusione di messaggi positivi possono contribuire a migliorare la qualità della vita delle persone? Per un’azienda come la Dompé quanto è importante aiutare la società che la circonda e come cercate di creare benefici per la comunità sociale?

Il fine ultimo di un’impresa farmaceutica è quello di dare risposte ai bisogni di salute ancora insoddisfatti. Si tratta dunque di una mission che per sua definizione ha un fine sociale. In questa prospettiva per Dompé la responsabilità sociale d’impresa ha quindi anche una funzione di accompagnamento a questa missione fondamentale. Il nostro obiettivo è creare un ambiente più vicino al mondo della ricerca e alla realtà dei pazienti. L’Italia in particolare soffre a mio avviso di una carenza di “sapere” scientifico presso il grande pubblico che in qualche modo le nostre azioni vogliono contribuire a colmare. A questo proposito mi fa piacere citare il progetto GENIale , di cui partirà a breve la seconda edizione, dove abbiamo proprio voluto contribuire a diffondere la cultura scientifica presso le giovani generazioni, dando loro degli strumenti utili a conoscere le biotecnologie e, dunque, la possibilità di sceglierle quale proprio ambito futuro di studio. Crediamo che la Responsabilità sociale non possa più essere fine a se stessa o meramente assistenziale, ma che debba aiutare a formare, soprattutto tra le nuove generazioni, una consapevolezza del proprio essere “interconnessi al mondo”.

Se le pronunciassi tre parole: “cultura della vita”, cosa le verrebbe subito in mente?

Penso al mio lavoro! Al fatto che ho la fortuna di fare un bellissimo lavoro in un settore, quello farmaceutico, in cui la cultura della vita è alla base di qualsiasi scelta.

Da qualche tempo si inizia a parlare di internet-patia, cioè di una vera e propria nuova patologia che consiste nella “dipendenza” nei confronti della Rete e dei new media (smartphone, reti sociali, videogiochi e simili). Ve ne interessate nelle vostre ricerche? Che rapporto avete con i social media

In questo momento la presenza di Dompé sui social media è focalizzata sul nuovo canale YouTube ufficiale dell’azienda, oltre che su LinkedIn. Due social che consentono di comunicare la cultura della nostra azienda in modo interculturale e internazionale. Penso che uno dei modi per combattere la dipendenza da internet sia, anche da parte delle aziende, quello di non pensare sempre di dover presidiare tutti i mezzi a disposizione ma di fare scelte su quelli dove è realmente possibile offrire contenuti di qualità. La stessa logica che dovremmo adottare anche con i nostri social network privati: uno strumento da utilizzare con maturità e senso del rispetto di sé e degli altri.

Per concludere. Abbiamo iniziato questa intervista con una breve citazione sui buoni propositi, tratta dal film italiano La grande bellezza, premio Oscar 2014. Recentemente anche noi – nel nostro piccolo – abbiamo messo on line un articolo scherzoso, ma poi neanche troppo, sui “buoni propositi digitali” per quest’anno. Tra valanghe di email quotidiane, messaggi su WhatsApp, notifiche su Facebook, forse vale la pena fermarci un attimo e pensare a cosa è veramente necessario e cosa invece lo è di meno. Quali sono i suoi buoni propositi?

In genere i miei buoni propositi falliscono già il primo gennaio di ogni nuovo anno! Quel che intendo dire è che l’idea del “voler fare” non basta a realizzare qualcosa. Occorrono impegno, pianificazione, lavoro di squadra. Dal mio punto di vista, il mio proposito è continuare a lavorare su me stessa per “non abituarmi mai” alla soluzione più semplice. In questo senso, la storia della mia famiglia e l’esempio di chi fa ricerca sono preziosi. Una prospettiva che aiuta a sfidare le proprie capacità per produrre risultati innovativi, sapendo fare affidamento su una cultura del lavoro aperta allo scambio, anche acceso. È probabilmente questa la base per ideare e realizzare quelli che definiamo “buoni propositi”.

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