domenica, Dicembre 22 2024

Spesso si ritiene che gli adolescenti non abbiamo la piena consapevolezza delle tecnologie digitali. Non li consideriamo abbastanza maturi per capire i pericoli e le dipendenze possibili da un uso eccessivo dei social network e pensiamo – spesso a ragione per carità – che gli adulti debbano esercitare un ruolo di tutor, quasi di controllo, in questi comportamenti per evitare abusi e derive. Ma non sempre per fortuna è così.

Da una recente ricerca svolta da Telefono Azzurro e Doxa kids, è emerso che più del 70% dei ragazzi tra i 12 e i 18 anni infatti, è molto attento alla condivisione dei propri contenuti sui social. Questo vuol dire in pratica che 7 adolescenti su 10 teme che i loro dati una volta pubblicati sul web, vengano utilizzati da altri senza il loro consenso e in modo non corretto. Una consapevolezza “da adulti” verrebbe da dire, forse frutto di consigli e buone pratiche in famiglia, ma questo la ricerca non ce lo dice, ma è lecito – data la giovane età del campione – pensare anche in tal senso.

I risultati della ricerca: più consapevolezza per propria privacy

La ricerca citata è intitolata Tra realtà e Metaverso. Adolescenti e genitori nel mondo digitale. Si tratta di uno studio, condotto in Italia su un campione di 804 genitori e 815 giovani tra i 12 e i 18 anni che offre uno spaccato sul rapporto con il mondo digitale, coprendo problematiche quali gaming, salute mentale, condivisione dei dati e privacy.

Oltre al dato citato in apertura, ne abbiamo un secondo da evidenziare: il 65% dei ragazzi dichiara di temere di essere contattato da estranei adulti. La percentuale sale al 70% se si prendono in esame solamente le ragazze e i più piccoli, dai 12 ai 14 anni. Un dato che fa riflettere su come la consapevolezza degli adolescenti dei possibili rischi del web sia molto cresciuta negli ultimi anni. L’adescamento sul web, soprattutto nei confronti dei minori, è da sempre la cruccia maggiore delle famiglie. I giochi di ruolo e videogiochi online sono i più pericolosi in questo senso, in quanto lasciano largo campo di azione per la pedofilia per la facilità di agganciare i minori in maniera quasi immediata attraverso servizi di chat e di messaggistica.

Social e famiglia: quale deve essere il ruolo dei genitori

Per quanto riguarda la visione dei contenuti, a un ragazzo su 2 è capitato di incappare in contenuti inappropriati e nel 25% i contenuti apparsi li hanno turbati. Nel 68% dei casi i contenuti più diffusi sono quelli violenti, seguiti immediatamente da quelli pornografici (59%) e sessualmente espliciti (59%).

Sulla presenza online, il 50% dei ragazzi tra i 12 e i 18 anni trascorre online in media due-tre ore al giorno. Il 14% degli adolescenti è online addirittura dalle quattro alle sei ore giornaliere.

E’ allora normale chiedersi quanto sia nevralgico il ruolo della famiglia all’interno di questo percorso. Visualizzazione di contenuti impropri e tempo eccessivo di permanenza sulla rete sono due indicatori fondamentali che ci fanno capire quanto i nostri ragazzi, seppur consapevoli dei rischi del web, non possono essere lasciati soli. In questo la ricerca ci dà dei dati purtroppo ancora poco incoraggianti. I genitori infatti risultano essere un punto di riferimento per i figli, nel caso di eventi spiacevoli accaduti online solo nel 19% dei casi. Il 49% ritiene che i propri figli ne parlerebbero in famiglia, anche se per il momento non sono ancora avvenuti episodi di questo tipo. Percentuali ancora troppo basse, che fanno capire come il ponte di fiducia e confessione tra genitori e figli sia ancora tutto da costruire in questo campo.

Benessere mentale e strumenti digitali

L’utilizzo sempre più pervasivo delle tecnologie digitali ha avuto un forte impatto sulla nostra salute mentale. Il 27% dei giovani intervistati dichiara di sentirsi ansioso o agitato senza l’utilizzo dei social mentre il 22% si sentirebbe addirittura perso senza di loro.

Inoltre, i contenuti fruiti sui social potrebbero suscitare sentimenti negativi. Più di 1 ragazzo su 2 (53%) riferisce di aver provato sentimenti spiacevoli, come l’invidia per la vita degli altri, vedendo le loro storie, immagini e video. Il 21% afferma che è capitato di sentirsi inadeguato, il 18% diverso, il 10% omologato. La restante parte prova solitudine (12%) o rabbia per le vite degli altri (9%). Attenzione, non si tratta di una novità. In una ricerca in passato dell’Università di Pittsburgh, si era già individuata una correlazione tra social network e sentimenti negativi. In questa ricerca, vale la pena ricordarlo, si evidenziava come i social network fossero diventati ormai talmente “sottocutanei” nella vita dei giovani americani, fino a sfociare in una dimensione patologica. Inoltre si lanciava un forte grido di allarme: i social media possono provocare una vera e propria dipendenza, del tutto simile a quella da alcool o droga, tanto da prevedere che entro il 2030 sarà la prima causa di disabilità nei Paesi ad alto reddito.

Conclusioni

La maggior parte dei ragazzi non sa come difendersi. Se è vero che un adolescente su due è incappato almeno una volta in contenuti violenti o sessualmente espliciti, la domanda che ci dobbiamo porre in conclusione allora è chi può e chi deve davvero tutelare i teenagers dai contenuti inappropriati e dai rischi del web. La scuola? I genitori? I filtri di parental control? Le istituzioni pubbliche?

Servono modelli educativi nuovi che coinvolgano i diversi attori sociali, serve accompagnare la crescita dei giovani.

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