domenica, Dicembre 22 2024

Uno degli articoli che, recentemente, ha suscitato maggior interesse nei nostri lettori è stato 10 consigli per comunicare meglio in famiglia , complice anche, forse, il periodo che abbiamo vissuto.

Stare gomito a gomito, senza più impegni e distrazioni esterne ci ha fatto fare un bagno di verità sulle nostre relazioni più strette; ci ha portati a riscoprire equilibri o persino a crearne di nuovi, per una convivenza sana, bella, serena coi propri cari.

Oggi affrontiamo un altro tema che riguarda la comunicazione tra le mura domestiche, e ci rivolgiamo in particolare a nonni e genitori: come insegnare a dei bambini a comunicare come fratelli.


Genitori di due o più fratelli, non di diversi figli unici

Se abbiamo più di un figlio non è nostro compito solo occuparci di ciascuno di essi, avendo a cuore che a nessuno manchi il necessario per la propria realizzazione. Nostro dovere è anche crescerli uniti.

Siamo tenuti, come educatori, ad occuparci anche della loro relazione, fino a che non saranno grandi e in grado di gestirla da soli. Quanti fratelli sono, purtroppo, dei figli unici cresciuti nella stessa casa? Quanti non hanno intimità, rispetto, complicità?

Vorrei poter dire che non ce ne siano – perché sembra un vero controsenso – ma, proprio mentre scrivo, me ne vengono in mente molti. E cosa hanno in comune? Purtroppo, dei genitori che non sono riusciti a favorire la solidità del rapporto fraterno.

La famiglia, prima scuola di vita

Si sa che la famiglia non è solo il luogo in cui i bambini passano più tempo, ma anche l’ambiente che li influenza di più nella crescita. Il buono o il cattivo esempio che ricevono, i valori trasmessi o tralasciati, l’aria di pace o di ostilità che respirano, la reciprocità o la chiusura che vedono li segnerà nel loro percorso. La nota pedagogista italiana Maria Montessori, a cui si attribuiscono importanti scoperte nell’ambito dell’educazione, affermava che le ferite impresse nell’anima negli anni della prima infanzia restano dentro per sempre.
Guardando tutto questo in positivo, potremmo dire anche l’opposto: l’amore che ci avvolge in quei primi anni ci porterà con più facilità ad essere persone in grado di amare. Le competenze relazionali che apprendiamo in casa da piccoli ci aiuteranno a scuola, nelle amicizie, negli ambienti di lavoro. Per rubare una definizione al sociologo Pierpaolo Donati, potremmo dire che la famiglia è la prima matrice della società. Non è indifferente se questa cellula germinale – parte basilare del “corpo comunità” – stia bene oppure no.

4 regole per insegnare ai nostri figli che sono fratelli

Ora, però, entriamo nel vivo. Vorremmo proporre solo 4 spunti per aiutare i nostri figli a crescere e parlare tra di loro come fratelli.

1) Agevolare la comprensione reciproca invitando a porre domande dirette. È molto facile interpretare negativamente il comportamento dell’altro (“è solo un egoista”, “non mi vuole bene”, “non gli importa nulla di come mi sento”). Un primo passo da compiere per capirsi, venirsi incontro, fare pace può essere porre domande chiare e dirette sul perché l’altro si è comportato in un certo modo.
Invece di trarre delle conclusioni da soli, è importante farsi umili e domandare all’altro cosa ha dentro, cosa lo ha mosso. I figli si abitueranno che è importante il dialogo e che solo ascoltandosi veramente si può vivere bene insieme.

2) Mettersi in discussione per primi. “Io non ho sempre ragione”: quanto è importante che i figli lo imparino già in tenerissima età! Occorre imparare a lasciarsi contestare. A volte l’altro ha diritto ad arrabbiarsi con me, perché io ho oggettivamente sbagliato. Posso ammetterlo e chiedere scusa. I bambini imparano così che sono fallibili, ma il loro errore non li definisce. Inoltre, apprendono che i rapporti con i fratelli valgono più dell’orgoglio.

3) Il tono è molto importante: aiutare a restare calmi e parlare senza pregiudizio/ostilità. Per capirsi, venirsi incontro, risolvere un’incomprensione non è ininfluente come ci si rivolge all’altro. Se lo aggrediamo è molto più difficile che mi ascolti, che rifletta… Insegniamo ad accogliere l’altro col suo limite e a mettere da parte il disprezzo per la persona (come dicono i saggi: si deve odiare il peccato, non il peccatore).

4) Descrivere la situazione ai fratelli dalla propria prospettiva. È importante porsi come mediatori, spiegare, dall’esterno, cosa si vede nella situazione che si è creata. “Secondo me Giulio ti ha spinto perché tu hai preso un gioco senza chiedere il permesso”, “Giacomo si è arrabbiato perché spingere è sempre una cosa brutta, anche se lui non si era comportato bene”. Quasi mai il torto e la ragione sono da una sola parte, quando si scatena un litigio. Molte volte, ciascuno dovrà fare un passo indietro e uno verso l’altro. Aiutiamoli, se da soli non riescono…

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