giovedì, Dicembre 12 2024

Dialogare con gli altri può rivelarsi a volte un’impresa difficile, soprattutto quando sono i propri figli.

Tutti, almeno una volta, abbiamo partecipato, in veste di genitore o di figlio, al celebre dialogo “Com’è andata a scuola? Bene – Che avete fatto?
Niente”. Ma cosa si nasconde dietro a questo benedetto niente?

Quell’antipatico ‘niente’

Ed è lì, in quel preciso “n-i-e-n-t-e”, che il genitore in questione viene risucchiato in un buco nero: una scena di spionaggio per capire cosa quel niente racchiuda, un miscuglio di pensieri per cercare di capire perché quella creatura così carina e a volte fin troppo vivace, riduca buona parte della sua giornata a quel niente.

Eppure, a pensarci bene, forse, non è così strano. Immaginiamo di tornare a casa dopo il lavoro e una giornata ricca di input e di trovare qualcuno che ci tempesti di domande: non saremmo un pò “scarichi” anche noi? Quel niente potrebbe significare semplicemente che abbiamo bisogno di sedimentare prima di condividere. Magari recuperando anche un po’ di energie. Dialogare è un’arte che richiede pazienza e soprattutto una conciliazione di tempi: quelli di chi chiede e quelli di chi racconta. Non riduciamo quel niente alla mancanza di voler comunicare e non corriamo l’errore di pensare di aver fatto la nostra parte, perché – come scrisse il celebre scrittore e drammaturgo George Bernard Shaw – “L’unico grande problema della comunicazione è l’illusione che abbia avuto luogo.”

Tuttavia, ciò non deve impedirci di tentare nuove strategie comunicative.
Un fuori schema potrebbe essere quello di raccontarsi per primi. Spesso, infatti, condividere il proprio vissuto e le proprie esperienze costituisce per l’altro un input ad aprirsi, costituendo in questo modo una dimensione dialogica e non un interrogatorio.

I film: strumenti di dialogo

È chiaro che in un’epoca come la nostra dominata dal digitale, il rischio è anche quello di essere sopraffatti dai media e di perdere l’arte della parola. Siamo costantemente circondati da bambini immobilizzati davanti a cellulari e ipad persino mentre sono a tavola. Riempire il tempo libero, e non solo, con video Youtube, cellulari e cartoni, può alla lunga atrofizzare quella capacità immaginativa che nell’età infantile è in piena fase di sviluppo. Per questo è importante monitorare non solo i contenuti a cui i bambini hanno accesso, ma anche il tempo a questi dedicato, riservando degli spazi anche ad altre attività ricreative.

Il mondo dell’audiovisivo, però, ci offre anche un’importante risorsa.
Infatti, se selezionato con cura, un film o un cartone per bambini, può fornire uno strumento utile alla comunicazione, costituendo un tramite per scoprire il mondo interiore dei più piccoli. Per questo può essere costruttivo, dopo aver visto un cartone o un film insieme ai propri figli, condividere le impressioni e le emozioni vissute. Ricordare alcune scene e chiedere cosa si è provato può aprire la strada a conversazioni più profonde, proseguendo in quel processo educativo che tra genitori e figli non si esaurisce mai.

Qualche suggerimento per una comunicazione efficace

I figli spesso sono un’incognita da scoprire ed esplorare. Ciascun genitore sa che ci vuole tempo e pazienza per capirli. Ma prima di capire spesso occorre conoscere. Un figlio non è la nostra fotocopia. È un mondo a sé e quando ci approcciamo a lui dobbiamo riconoscere di avere davanti a noi un tesoro da scoprire. Conoscere il suo carattere è essenziale anche ai fini di una buona comunicazione. Appurato che ogni realtà è a sé, mi sembra utile offrire dei piccoli suggerimenti per un dialogo efficace. Mettere in conto di non sapere tutto e soprattutto e ciascun genitore deve avere tempo e pazienza per scoprirli e conoscerli nel loro carattere e nelle loro sfumature Ecco allora tre consigli preziosi per dialogare al meglio in famiglia con i nostri figli:

1. Testare il terreno per capire se ci siano i presupposti per un dialogo,
cogliendo il momento opportuno.

È fondamentale non sopraffare l’altro, tempestandolo di domande, ma essere rispettosi e capaci di fare spazio senza cedere alle ansie e alla voglia di sapere a tutti i costi.

2. Ascoltare e lasciare i figli liberi di esprimersi senza che si sentano
giudicati.

Il luogo privilegiato in cui imparare a esprimere i propri sentimenti e i propri pensieri è proprio la famiglia, quello misterioso “spazio” dove il bambino impara a comunicare i suoi sentimenti senza vergogna né paura.
Nell’ascoltare il proprio figlio un genitore deve però mettere in conto di dover accogliere informazioni, reazioni oppure giudizi che non si aspetta e che potrebbero turbarlo. Per questo motivo è opportuno lavorare sulla propria intelligenza emotiva al fine di instaurare un dialogo libero e rispettoso.

3. Dare ai propri figli il massimo dell’attenzione.

Quando un figlio decide di aprirsi e raccontarci qualcosa non c’è impegno o distrazione che tenga. I figli non si accontentano di un’attenzione parziale e anche se non lo esprimono, vedere il proprio genitore ascoltarli mentre fa altre cose potrebbe ferirli. È importante mostrare non solo con la testa ma anche con il corpo una piena attenzione. Questo da fiducia e rinforza la relazione fra madre/padre e figlio.

E infine, un ultimo consiglio non scritto. Avere tanta pazienza. Un genitore deve imparare a non risolvere tutto subito. A volte i bambini hanno bisogno di condividere e parlare senza necessariamente voler ricorrere ad atti pratici.

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