giovedì, Dicembre 12 2024

Non so se qualcuno ha già in mente di tradurre in altre lingue l’ultimo libro di Armando Fumagalli, ma ne varrebbe sicuramente la pena. Creatività al potere: da Hollywood alla Pixar passando per l’Italia, edizioni Lindau 2013, ci regala una lettura appassionante e molto utile per chi desidera orientarsi nella giungla dell’industria audiovisiva contemporanea.

L’autore analizza il caso americano e lo confronta con quello europeo, particolarmente con l’Italia, per esaltare un modello senza precedenti di gestione della creatività quale è la Pixar, la più grande compagnia di successo della storia del cinema, l’unica capace di lanciare sul mercato ben tredici produzioni senza nessun fallimento; un’impresa atipica non solo per i suoi numeri ma anche per il suo stile e la filosofia aziendale.

Se diamo un’occhiata più dettagliata all’indice, vediamo che si inizia dalla sceneggiatura, dallo Storytelling (cinema, televisione, letteratura) per analizzare successivamente che cosa sia Hollywood e come funziona: le majors, gli agenti, etc., ma anche “l’anima” che c’è dietro: etnie, culture, ideologie… Si sottolineano gli aspetti positivi, ma si evidenziano allo stesso tempo quelli negativi, come nel paragrafo intitolato Perché Hollywood vince e perché potrebbe perdere. Da qui si passa alla connessione tra cinema e televisione, negli Stati Uniti ed in Italia. L’ultimo capitolo, è dedicato alla Pixar come modello alternativo.

Completa il libro un’amplia bibliografia. Fumagalli conosce bene gli argomenti che affronta. Il suo coscienzioso lavoro di documentazione è frutto della sua grande esperienza nel campo audiovisivo, come consulente per molti anni della Lux Vide, ma anche per le sue numerose interviste a professionisti del settore e per i suoi viaggi in alcuni dei centri più importanti di produzione cinematografica a livello mondiale, come Shangai, Hollywood o San Francisco, dove ha sede, nella piccola città di Emeryville, proprio la Pixar.

In definitiva, una lettura che non delude e che non perde mai di vista la doppia dimensione del cinema, inteso come arte ed industria.

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