giovedì, Dicembre 12 2024

Le sembianze sono quelle di Pippo, noto personaggio della Disney, ma storpiate: Johnatan Galindo, infatti, ha sul volto un ghigno beffardo e degli occhi inquietanti, quasi ipnotizzanti. Un Pippo in versione horror, frutto della fantasia macabra del videomaker americano Samuel Canini.

Johnatan Galindo: di cosa si tratta?

L’immagine, risalente al 2012 e inizialmente utilizzata dal suo creatore per la realizzazione di filmati a carattere pornografico, è di recente diventata simbolo del presunto nuovo e pericoloso gioco online in cui incapperebbero i giovanissimi (bambini tra gli 11 e i 13 anni) in diversi posti del mondo.

Dopo il fenomeno di Blue Whale, di cui abbiamo parlato sul nostro portale, ecco un’altra “challenge” che attenterebbe alla vita dei minori , dalla quale, tuttavia, l’ideatore del personaggio si è fermamente dissociato.

In Messico, nel 2017, sarebbe spuntato il primo profilo social con questo Pippo deformato, per poi approdare in India, Vietnam, Spagna, Brasile e, di recente, in Italia.

Il meccanismo del gioco

Dietro ai diversi account con questa immagine, si nasconderebbero dei malintenzionati che adescherebbero i bambini nelle chat, invitandoli a fare “un gioco” con loro. La sfida proposta porterebbe, poi, al compimento di atti di autolesionismo, fino ad indurre al suicidio o all’omicidio.

In Italia l’allarme è cresciuto dopo un tragico, agghiacciante episodio associato a questa nuova challenge, avvenuto a fine settembre 2020: il suicidio di un bambino di 11 anni nel napoletano. Avrebbe scritto alla madre di dover seguire “l’uomo col cappuccio”, prima di gettarsi dalla finestra del suo appartamento.

I contorni di questa vicenda appaiono ancora sfocati e gli inquirenti che si stanno occupando delle indagini non si sbilanciano: sarebbe ancora da verificare se e come la figura di Johnatan Galindo abbia influito in questo episodio.

Non è chiaro neppure chi e cosa si nasconda dietro a questo pseudonimo, quanto diffuso sia il raggio d’azione, dove finisca la realtà e dove inizi la “leggenda”.

Senza dubbio, però, la prudenza in rete è d’obbligo: perché i malintenzionati esistono davvero.

Vorremmo, perciò, offrire a genitori e educatori alcuni spunti per prevenire incidenti di questo tipo.

Un kit per la sopravvivenza online

Al mondo non ci sono solo buoni… e nemmeno su Internet. E di “malattie” da contrarre sul web ce ne sono moltissime. Una delle malattie da cui dobbiamo difenderci è proprio “l’adescamento online”.

Insegniamo ai nostri bambini a “diffidare” degli sconosciuti, a non seguirli, a non accettare passaggi o cibo. Oggi, però, gli “sconosciuti” sono anche nel mondo virtuale.

Occorre sapere quali pericoli sono presenti e munirsi di un vero e proprio “kit di sopravvivenza” nel mondo online.

Come per andare in montagna occorre un kit (scarpe e vestiti adeguati, acqua a sufficienza, cibo e attrezzature per i sentieri più ripidi), come occorre un buon equipaggiamento per il mare (costumi da bagno, crema solare per non scottarsi sotto il sole, asciugamani in cui avvolgersi), così anche per “recarsi” su Internet occorre essere munti del giusto equipaggiamento.

Non lasceremmo andare un bambino di 10 anni al mare o in montagna da solo. Dobbiamo sapere che Internet non è un luogo più sicuro del mare o della montagna. Presenta pericoli diversi, ma ugualmente da tenere presenti.

Ci chiediamo come fare perché un figlio in montagna non cada in un dirupo? Chiediamoci anche come fare perché i minori non finiscano in queste trappole digitali…

Alcune regole fondamentali per evitare l’adescamento

1. Essere consapevoli che il “male” non ha confini. Da qualche anno a questa parte, se un’azienda non è su internet, se non si fa rovare lì, praticamente non esiste. E se questa informazione fosse stata recepita anche da chi vuole il male dei nostri figli? Ovvero che, se vogliono ingannarli, se vogliono far loro del male, devono stare dove è più facile “rapirli”? Vigiliamo!

2. In montagna portiamo i bambini su dei sentieri adatti alla loro età: se vogliamo “portare su Internet” i nostri bambini, dobbiamo anche in questo caso decidere noi “i sentieri” (i siti, i giochi, i tempi di percorrenza, quando partire e quando tornare
indietro, tenendo conto della loro età). I bambini adescati da questi malintenzionati non supererebbero mai i 13 anni. Ebbene, prima dei 13 anni i nostri figli non dovrebbero nemmeno esserci, sui Social.

3. In montagna noi camminiamo al loro fianco, non li lasciamo certo andare da soli! Stiamo al loro fianco anche su Internet… Un bambino non dovrebbe mai navigare su Internet senza la supervisione di un adulto!

4. In montagna spieghiamo quali sono i pericoli e diciamo a nostri figli da quale parte si può andare, da quale parte no. Spieghiamo i pericoli, diciamo di fare attenzione di fronte a un dirupo. Anche su Internet spieghiamo che ci sono dei pericoli, insegniamo loro che non si devono accettare richieste di amicizia da parte di sconosciuti, che se qualcuno riesce a contattarli per messaggio o in qualunque maniera devono dirlo subito ai genitori, che dovranno bloccare il contatto. Tutto quello che normalmente facciamo nella nostra vita offline (se uno sconosciuto si avvicina a nostro figlio e gli chiede di salire in macchina con lui lo segnaliamo alla polizia…), impariamo a farlo nel mondo online.

La “prevenzione” dal punto di vista psicologico

Un’altra domanda che potremmo farci è: come fare perché questi giochi non abbiano attrattiva proprio sui bambini?

I ragazzini tendono a cadere in queste trappole perché sono insicuri e cercano “stima”. Chi adesca i bambini, per indurli a compiere ciò che desiderano, li incoraggiano e li lodano. Compito del genitore e dell’educatore è fare in mondo che il bambino non senta il bisogno di quegli elogi. È importante, ad esempio:

1. Non dare per scontato che il bambino sappia quanto è preziosa la sua vita, che sappia di valere immensamente agli occhi di Dio, del genitore, dell’insegnante. Non dare per scontato che sappia di dover custodire la sua esistenza e quella degli altri. Diciamo a bambini che sono preziosi, che i loro amici lo sono e nessuno “deve permettersi di toccarli”. Occorre educare gli occhi dei bambini a capire che valgono tanto e che nessuno ha il diritto di chiedere loro qualcosa che li faccia soffrire.

2. Parlare, nei termini in cui possono capire (senza terrorizzarli) di questi fenomeni… Non devono essere martellati, ma messi in guardia. Non tanto da farci gli incubi la notte, ma nemmeno possono essere completamente all’oscuro. Devono avere le informazioni basilari, quel che basta per accorgersi che qualcuno li sta adescando se dovesse accadere.

3. Dare un messaggio chiave: se qualcuno ti chiede di farti del male, non ti vuole bene! Che sia un amichetto, o uno sconosciuto. Chi ti vuole bene si prende cura di te, della tua salute, del tuo corpo e dei tuoi sentimenti. Nessuno, se ti ama, ti farebbe mai fare del male. E tu per primo devi volerti bene e rispettarti!”

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