giovedì, Novembre 21 2024

Archiviata la prima serie con un successo straordinario, è ormai tutto pronto anche per la seconda parte del sequel dell’ Amica geniale, il film tratto dall’omonimo romanzo di Elena Ferrante, la scrittrice italiana conosciuta in tutto il mondo.

La storia racconta di una amicizia, quella tra due bambine prima, adolescenti e poi donne, nella Napoli degli anni ‘50, ambientata in un quartiere periferico, che fa da sfondo e nel quale e grazie al quale più nette emergono le contraddizioni, i paradossi, i pericoli, insieme al desiderio di riscatto e di emancipazione, di una società alla ricerca di affermazione. Elena Greco e Raffaella Cerullo sono le protagoniste di una storia bella e drammatica. Il romanzo è stato annoverato nel genere del romanzo di formazione, le vicende seguono la crescita delle due ragazze, che vivono difficoltà, e successi, che attraversano l’inquietudine, per approdare ad una maturità consapevole sì, soprattutto della propria angoscia e solitudine. C’è dentro Napoli, nell’ Amica geniale, e c’è dentro un’epoca, il dopoguerra, in un quartiere popolare, povero, dove le due bambine si distinguono per capacità e ingegno. Due personalità diverse, spesso contrapposte, quelle di Lenù (Elena) e di Lila (Raffaella), legate da una grande amicizia, fatta di affetto, ma anche di competizione, e di infedeltà. Un legame che segna la vita di entrambe, ma che stenta ad imporsi come sentimento profondo.

Storia di sentimenti, difficoltà e relazioni complesse

La prima scena del film, ma anche del libro, si apre con uno squillo di telefono, nella notte. E’ buio, Elena risponde, ma sa già che è Rino, il figlio di Lila, preoccupato per la scomparsa della madre. Lila ha eliminato ogni traccia di sé nella casa. Ma non può certo cancellare il ricordo di una vita trascorsa insieme, vivo nella mente della amica, ormai avanti con l’età, che quasi in un’ultima sfida, comincia a scrivere, “ogni dettaglio della nostra storia che mi è rimasto in mente”.

Tutto comincia dal ricordo: il testo, e anche il film, sotto la regia di Saverio Costanzo e con la collaborazione, tra gli sceneggiatori, della stessa Ferrante. Le immagini color seppia fanno pensare proprio alle vecchie foto, quelle del baule della nonna. Le scene ripercorrono le vicende raccontate, in prima persona, da Elena che comincia da quando si sono conosciute e poi va avanti, ripercorrendo la loro vita da bambine e poi da adolescenti nel primo libro della quadrilogia, intitolato ‘L’amica geniale’, per proseguire nella “Storia del nuovo cognome: la giovinezza”, in “Storia di chi fugge e di chi resta” e, infine, in “Storia della bambina perduta.”

I ricordi non si cancellano, restano, magari un po’ ingialliti, diventano color seppia; gli eventi cui rimandano sono serviti a disegnare la vita, che nel caso dell’Amica geniale è fatta di tanti dispiaceri e difficoltà, relazioni complesse, sentimenti vissuti in maniera controversa, che non risparmiano nemmeno il senso dell’appartenenza. Fa da sfondo al racconto di Elena una napoletanità verace, con tutte le sue più o meno intime contraddizioni, dalla quale la protagonista, però, prende le distanze, decidendo innanzitutto di scrivere anche i dialoghi in italiano, salvo riferire in alcuni casi, che determinate frasi o termini, sono stati detti in dialetto. Il napoletano resta in secondo piano nel libro, viene utilizzato per esprimere la trivialità estrema, e Lenù e Lila lo evitano per sentirsi emancipate da quei luoghi, da quelle circostanze, dalla condizione che in qualche modo le opprime. Eppure è dentro di loro; ed infatti il regista, Saverio Costanzo, ha voluto che nel film tutti i dialoghi fossero in dialetto, sottotitolato, proprio per conferire alle scene autenticità e realismo. Le suggestioni evocate dal testo scritto, nel film diventano reali attraverso il dialetto. Laddove la parola scritta nel romanzo ripercorre eventi e situazioni, nel film la parola detta in dialetto riesce ad esprimere, facendone emergere la profondità, l’identità dei personaggi, ma anche dei luoghi.

Un prodotto internazionale per 56 Paesi

Esperimento, quindi, perfettamente riuscito, stando al successo ottenuto dalla serie tv prodotta da Fandango-Wildside, in collaborazione con Rai Fiction, TimVision, Hbo Entertainment e Umedia, che ha avuto fortuna in tutto il mondo pare proprio per questo carattere di autenticità e realismo. I film sono stati trasmessi in 56 Paesi nel mondo tra i quali Canal + per Francia e Africa francofona, Sky Atlantic per il Regno Unito, HBO Europa per Spagna, Scandinavia e gran parte dell’Europa orientale, VRT per Belgio, e Digiturk per la Turchia. E ovviamente l’America dove ha ottenuto un notevole successo di pubblico e di critica. Inoltre, a breve, dovrebbe sbarcare anche in Cina grazie ad un accordo con il colosso di streaming IQIYI.

La seconda serie, della quale a breve riprenderanno le riprese, riparte da dove era terminata la prima, e quindi con le nozze di Lila e Stefano, ed è tratta dal secondo romanzo della quadrilogia, ‘Storia del nuovo cognome’ che allude, appunto, al nuovo status di Lila, che, da donna sposata, assume il cognome del marito. Il romanzo, fin dalle prime battute, fa riferimento al legame che finirà per opprimere Lila, che scopre la violenza del marito, e comprende quanto portare il nuovo cognome sia un peso troppo pesante da sopportare. In realtà, nel racconto, tutti i cognomi vengono vissuti come pesi opprimenti. L’appartenenza alla famiglia, nel piccolo quartiere periferico napoletano nel quale è ambientata la storia, quando non rappresenta quasi un nemico da sconfiggere, viene considerato un tratto dal  quale distinguersi, alla ricerca di libertà ed emancipazione. La famiglia, infatti, nella storia, non viene vissuta come spazio di condivisione di  affetti, relazioni, ed esperienza, piuttosto come luogo di conflitto, incomprensione, finanche di sopraffazione e violenza. E questo vale più o meno per tutti i personaggi, seppure con modalità diverse.

Il romanzo è la storia di Elena, Lenù e di Raffaella, Lila, è il racconto di un ricordo che sorprende e cattura per la sua nitidezza. Un ricordo nitido, ma di una storia lisa, ‘smarginata’, per riprendere un’espressione
più volte utilizzata dalla Ferrante. Neppure l’amicizia e l’intelligenza riescono a definire i contorni di un’esistenza che per entrambe le protagoniste, e per molti altri personaggi, resta fino alla fine priva di quei margini che lungi dal definire i limiti di un topos fisso, indicano, piuttosto, i confini di una personalità matura e felice. L’ Amica geniale ci racconta del riscatto sociale attraverso la cultura (soprattutto per Elena) e l’intelligenza (soprattutto per Lila). Entrambe sognano la propria affermazione, che tentano di perseguire per strade diverse, ma non riescono, però, a raggiungere la felicità. Il sogno si infrange contro la consapevolezza che, anzi, affermazione non è sinonimo di felicità. Almeno non lo è per le due protagoniste della storia che sono disposte a sacrificare tutto per il successo personale, ma che si ritrovano sole con la propria identità, cui sono mancati punti di riferimento, affetti sinceri, ma alle quali resta comunque un grande desiderio di non arrendersi.

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