“The Techlash and Tech Crisis Communication”: la mano invisibile della tecnologia
Le aziende dell’high tech conquisteranno il mondo… o forse, già lo hanno conquistato.
L’avanzamento tecnologico è una costante dell’epoca in cui viviamo e le aziende del settore tech costituiscono la “mano invisibile” che governa le dinamiche soggiacenti.
L’industria multimilionaria sorta in Silicon Valley poche decadi fa -e che abbiamo guardato con stupore, ottimismo, ammirazione e talvolta anche idolatrato- gestisce molti dei servizi che utilizziamo, o dei prodotti che consumiamo che ci sono distribuiti a domicilio da uno di questi giganti della e-economia. C’è stato però successivamente un cambio di rotta, un “contraccolpo” che ci ha portato a guardare con occhio più critico quelle che ormai sono le aziende più potenti del pianeta. Non è da meno, perché la capitalizzazione delle “magnifiche sette” (Amazon, Microsoft, Alphabet, Facebook, Tesla e Netflix) supera ormai il PIL di Germania, Italia e Spagna assieme.
A raccontare questo passaggio dal tecno-utopismo al tecno-dispotismo Nirit Weiss-Blatt, ricercatrice dell’Università di Southern California, Annenberg School for Communication and Journalism.
Nel suo libro The Techlash and Tech Crisis Communication evidenzia come e in che modo le aziende tecnologiche hanno risposto al sentimento negativo che andava diffondendosi e apporta una sintesi delle lezioni da trarne. Lo fa attraverso un’accurata ricerca a partire di queste fonti: analisi della copertura giornalistica specializzata su queste grandi aziende (con dati del cloud del IMT), analisi del contenuto delle risposte alle crisi delle aziende tecnologiche (nei loro comunicati stampa ufficiali) e interviste con attori su entrambi i lati della storia: giornalisti tecnologici e professionisti delle pubbliche relazioni.
Infatti, l’attenzione dei media per la tecnologia è cresciuta di pari passo con l’industria stessa e si è passati da soli articoli su riviste e blog di settore, che raccontavano per lo più novità e anticipazioni sui prodotti di lancio, ad una copertura massiccia su tutti i media.
In questo scenario un ruolo chiave lo hanno ricoperto non solo i media generalisti o i blog e le riviste di settore, ma anche le stesse aziende tecnologiche che si sono affidate ad agenzie di pubbliche relazioni per promuovere i propri prodotti, aumentarne il pubblico e di conseguenza attirare investitori.
Quindi, da un lato abbiamo i media che nel tempo iniziano ad interessarsi sempre di più alle nuove Startup innovative e alle figure, quasi mitologiche, dei loro giovani CEO, figure e narrazioni iconiche che attiravano un numero sempre crescente di lettori. Dall’altro lato abbiamo le startup della tecnologia che crescono a visto d’occhio, ed erano ben aperte al raccontarsi andando alla ricerca di visibilità, notorietà e soprattutto investitori che gli consentissero di crescere e poter sperimentare il futuro che attraverso i loro prodotti e servizi stavano creando.
Già nel 1964 Umberto Eco, nell’analizzare il tema della cultura di massa e dei mezzi di comunicazione ci palava di Apocalittici e Integrati, definendo “apocalittici” gli intellettuali che esprimono un atteggiamento critico nei confronti della moderna cultura di massa, e “integrati” coloro che ne hanno una visione ingenuamente ottimistica. Simile è la narrazione e le deduzioni che derivano dalla ricerca di Nirit per il techlash e il sentimento che ruota attorno allo strapotere delle Big Tech.
Dal tecno-utopismo al tecno-dispotismo
Abbiamo una prima fase di ottimismo in cui la copertura mediatica relativa alle innovazioni delle industrie tecnologiche le dipinge come positive e avanguardistiche, seguita da un contraccolpo che vede come anno decisivo il 2017 in cui si inizia a guardare a queste aziende in maniera critica e disincantata.
Le controversie relative alle elezioni Presidenziali del 2016, che hanno portato alla vittoria di Trump, rappresentano il punto di svolta che ha fatto traboccare un vaso già stracolmo di sospetti, critiche e diffidenza nei confronti dei colossi della tecnologia.
I principali scandali tecnologici di quest’anno chiave includono:
- Le accuse di interferenza elettorale russa (che coinvolge principalmente Facebook, Google e Twitter) ancora non chiarite.
- La vicenda di Cambdrige Analytics: Nel 2018 Facebook ha venduto i dati personali di 87 milioni di utenti a loro insaputa a terzi a scopo di propaganda politica.
- Casi di disinformazione/disinformazione, contenuti estremisti e incitamento all’odio o notizie false (ad esempio, dopo la sparatoria di Las Vegas).
- Accuse di una cultura contro la diversità, le molestie sessuali e la discriminazione (ad esempio, le accuse di Susan Fowler contro Uber nel febbraio 2017..
Le storie lusinghiere sui prodotti di consumo si sono evolute in pezzi investigativi sulle pratiche commerciali, che hanno colto di sorpresa le aziende tecnologiche e i loro team di comunicazione. Siamo negli anni del Techlash, in cui l’attenzione si sposta dai nuovi prodotti lanciati sul mercato ai misfatti aziendali.
Le Big Tech sono da quel momento sotto l’occhio critico dei media e dell’opinione pubblica che non li percepisce più come “salvatori” ma piuttosto come potenziali “minacce”.
Ma, in realtà dalla ricerca presentata all’interno del libro, emerge come il rapporto tra i colossi della tecnologia ed i media non sia stabile ma piuttosto “un giro sulle montagne russe”; puoi essere in cima al mondo solo per ritrovarti un attimo dopo a sfrecciare verso terra.
Ad aggravare il sentimento di scontento nei confronti delle problematiche che emergono c’è la mancanza di strategia e metodo da parte delle agenzie PR delle aziende.
La sezione post-techlash invece vede una battuta di arresto dovuta alla spinta della pandemia da covid-19 che ha visto il proseguire di molte attività, economiche e sociali, proprio grazie al supporto dei servizi e dei prodotti erogati dalle big tech. Basti pensare ad Amazon o ancora agli strumenti di Microsoft sul lavoro che hanno consentito di superare, o meglio aggirare, in qualche modo il distanziamento ponendosi come alleati nel contenimento della diffusione del virus.
Ma questo periodo di ritorno all’epoca d’ora è durato poco, infatti, molto rapidamente, i problemi di Techlash sono riemersi. Questi riguardano: moderazione dei contenuti, trasparenza degli annunci, disinformazione, responsabilità algoritmica, diritti dei dati e antitrust.
Altri scenari
Il libro della Nirit Weiss-Blatt si centra negli Stati Uniti, ma in un mondo globalizzato e quasi perfettamente connesso, è importante analizzare il fenomeno, tenendo conto altri scenari, come l’Europa e non solo.
Così, come per le elezioni americane del 2016, anche il referendum sulla Brexit è stato fortemente influenzato dalla propaganda politica presente sui social network. Alcune inchieste, come quella pubblicata dal giornale britannico The Guardian che, analizzando circa 7,5 milioni di tweet ha mostrato come, nei 23 giorni precedenti al referendum, l’attivismo dei leave era maggiore rispetto a quello dei remain, mostrando che il popolo britannico è stato sovraesposto a dei messaggi favorevoli alla Brexit nei giorni antecedenti la firma del referendum.
Negli anni del techlash inoltre, l’Unione Europea ha tenuto un occhio attento e vigile nei confronti delle Big Tech e si è mossa verso il contenimento dello strapotere di queste ultime, stabilendo regolamenti comunitari in termini di protezione dei dati e ponendo sanzioni e multe da capogiro per evitare la concorrenza sleale.
Il referendum per l’accordo di pace nella Colombia (2016) è stato un altro flop del giornalismo mainstream e degli istituti di sondaggio nel che sicuramente c’entrano le reti sociali, ma del quale si sa di meno.
Conclusioni
Nonostante ciò, non possiamo ignorare i benefici che la tecnologia ha apportato nelle nostre vite. Grazie alla tecnologia abbiamo avuto la possibilità di lavorare e continuare a formarci dal sicuro spazio che costituivano le nostre abitazioni in tempi di pandemia, e non dobbiamo dimenticare che le migliori innovazioni tecnologiche hanno reso accessibili strumenti e migliorato la vita di tante persone con disabilità fisiche o motorie. Questo solo per citarne alcuni.
La tecnologia, internet e i social media, sono una finestra sul mondo che viene ogni giorno resa aperta e resa accessibile a tutti. In questo mondo si può si essere manipolati, ma allo stesso tempo, si può avere accesso facile ad una moltitudine di informazioni e ci si può esprimere come meglio si crede.
Le nuove tecnologie e i nuovi mezzi di comunicazione rappresentano una rivoluzione per l’umanità di cui non possiamo fare a meno.
Ciò che però va sempre tenuto presente è che: “quando costruisci le cose, sei responsabile per le persone che le usano. Devi pensare a cosa potrebbe andare storto invece di presumere che tutto andrà bene”.