domenica, Novembre 24 2024

Quanto ci fidiamo di politici, governanti, istituzioni, aziende? Quanta credibilità diamo alla stampa e ai media in generale? Temiamo la manipolazione ideologica “dall’alto”?

Siamo soliti scorgere dei secondi fini dietro alla scelta di dare o celare determinate informazioni?

Alcune risposte ce le offre il report di Edelman, un rapporto globale che misura in 28 paesi – ormai da venti anni – la credibilità di istituzioni, governo, politica e media.

Il 2020: l’anno delle paure e del crollo di fiducia

Il Trust Barometer di Edelman mostra come nel 2020 si è assistito  a un crollo significativo della fiducia in vari ambiti della vita sociale.

A incidere su questo, senza dubbio, la pandemia da Covid19, che ha generato o accentuato timori e incertezze.

Al primo posto, scopriamo dal Rapporto, c’è stata la paura di perdere il lavoro, seguita dalla preoccupazione per il cambiamento climatico.

Il timore di contrarre il virus si trova solo al quarto posto, dopo l’ansia di rimanere vittime di attacchi hacker, dovuto anche all’incremento nell’utilizzo di sistemi informatici in ogni ambito del vivere.

Un dato interessante che la ricerca ci offre è la perdita generalizzata di fiducia nei “leader”.

Cala di due punti quella nei governanti. I leader politici sono infatti “guardati con sospetto”: le persone hanno tendenzialmente paura che essi “possano dire cose che sanno essere false” per difendere qualche interesse particolare. Scende di 4 punti anche la fiducia verso i leader religiosi.

Giornalisti: gli attori sociali che hanno perso maggiormente la fiducia


Tuttavia, sono i giornalisti coloro che hanno maggiormente deluso i cittadini: la fiducia nei loro confronti cala di 5 punti.

Osservando le tabelle, si nota come l’emergenza sanitaria abbia portato alla diffusione di disinformazione e sospetto in modo particolare verso i media tradizionali (soprattutto nella seconda parte del 2020).

Guardando al mondo dell’informazione constatiamo che nessuna categoria raggiunge la soglia della credibilità (situata a 60 punti): il posto migliore nella “classifica” lo occupano i motori di ricerca, con 56 punti, restando comunque sotto alla sufficienza.

Per i media tradizionali il flop è più evidente: si fermano infatti a 53.Non si mette in discussione solo la “qualità” e la scelta delle notizie. Anche il modo di titolare, il lessico usato, il tono con cui si scrive non convincono. Gli intervistati notano, a tal proposito, che la narrazione delle notizie tende ad allarmare (generando panico) piuttosto che a informare e rendere consapevoli della realtà i lettori.

I più insoddisfatti per l’informazione nel proprio paese sono gli italiani.

Il sospetto dell’influenza politica nella stampa e la crescita della domanda informativa


Il 59% del campione totale sostiene che i giornalisti scelgono deliberatamente di “ingannare il pubblico” oppure che esagerano.

Sulle testate è diffusa la convinzione che siano più interessate a difendere una posizione politica che a informare.

Il timore è che la stampa non sia libera e che difenda interessi di parte.

Da notare, infine, che le aziende, nel contesto odierno, appaiono più “credibili” dei media, ma, al contempo, la domanda informativa cresce sempre di più, a significare che i cittadini si fidano poco della stampa ma sanno di averne bisogno.

Questo dato deve essere da sprone per tutti coloro che esercitano la professione del giornalista o sono coinvolti in qualche modo nel mondo dell’informazione.

Le persone riconoscono l’importanza del settore, sanno quale grande responsabilità spetta a chi ha il compito di informare. Proprio per questo nutrono elevate aspettative.

Possano questi dati suscitare dei sinceri esami di coscienza e motivare, chi di dovere, a recuperare la fiducia perduta.

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