Un nuovo studio di Familyandmedia indaga sui giovani e le reti sociali
Il team di ricerca di Familyandmedia ha recentemente condotto uno studio sugli effetti della fruizione delle nuove tecnologie e dei contenuti dei media da parte degli adolescenti italiani. Uno degli aspetti su cui i ricercatori si sono maggiormente focalizzati è stato il rapporto dei giovani con le reti sociali.
Lo studio è stato condotto nel 2016 in tre differenti città (Bari, Perugia e Roma) su un panel complessivo di 60 ragazzi e ragazze, equamente divisi tra maschi e femmine, di età compresa tra i 13 e i 18 anni.
Si è voluto approfondire le principali modalità di uso dei social network, soffermandosi in particolare su un aspetto fino ad oggi ancora poco esplorato: quello della falsa identità e anonimato sulle reti sociali da parte dei giovani.
Tutte le informazioni sono state raccolte tramite un gioco, senza dichiarare ai ragazzi di essere in presenza di uno studio sociale, per favorire la massima naturalità e la spontaneità delle risposte.
Il ricercatore ha infatti sottoposto i giovani ad un gioco di società – Privacy Traders – che prevedeva la contrapposizione di due squadre. L’attività era seguita da un piccolo debriefing, durante il quale i partecipanti esprimevano giudizi sul gioco appena svolto, senza sapere che lo scopo reale di quel focus group era permettere al ricercatore di Familyandmedia di raccogliere dati e conoscere le loro modalità di fruizione dei social media.
Dalla sintesi dei risultati del gioco e dei relativi focus group, sono emersi tre macro aspetti principali:
1) Presenza e uso delle resti sociali
Tutti i partecipanti hanno dichiarato di essere presenti su almenodue social network (il minimo comune denominatore è Whatsapp). I motivi sono essenzialmente tre:
– restare in contatto con gli amici/organizzarsi con gli amici;
– intrattenimento/scambio di video-foto divertenti;
– informarsi su hobby/interessi (squadre di calcio, tutorial, personaggi famosi, cantanti etc).
2) Falsa identità e anonimato sui social
Questo è uno degli aspetti più innovativi della ricerca. La quasi totalità dei partecipanti ha dichiarato di non sentire la necessità di avere un account con false generalità e di accogliere tranquillamente genitori e fratelli/sorelle tra i propri contatti. I ragazzi e le ragazze inoltre percepiscono distintamente la differenza tra anonimato e falsa identità. Tra le due situazioni preferiscono essere anonimi piuttosto che mentire con una falsa identità.
La questione dei profili fake non è sottovalutata dai ragazzi per quanto riguarda la gestione delle loro relazioni virtuali; tutti infatti hanno dimostrato di avere un’enorme consapevolezza sui pericoli cui possono andare incontro online. Le ragazze in particolare, a prescindere dall’età, sono consapevoli del fatto che potrebbero subire tentativi di adescamento in rete e hanno dimostrato di avere una certa capacità di individuare i “profili fake”, quando vengono contattate da persone che non sono nel loro cerchio di amicizie e conoscenze. In sostanza, possiamo dire che ai ragazzi appare chiara la differenza tra anonimato e falsa identità e considerano importante il valore della “sincerità”, anche nel mondo virtuale.
3) La conoscenze dei meccanismi e dei modelli di business legati ai social network
Se sul punto precedente i partecipanti hanno dimostrato una consapevolezza e una maturità maggiore del previsto, su questo aspetto ne hanno invece dimostrata davvero poca. A domande del tipo: “Sapete perché i social network sono gratuiti?”, “Se non vendono niente, sapete qual è la merce di scambio?”, “Perché vi chiedono i dati personali?” e ad altre domande dello stesso filone, gli studenti non sanno praticamente cosa rispondere. E’ sorprendente come in alcuni casi arrivino a pensare che i social siano praticamente degli enti di beneficienza. Alla precisa domanda “Perché i social sono gratuiti?”, non solo nessuno dei 60 partecipanti ha saputo rispondere, ma la stragrande maggioranza di loro ha manifestato di non essersi mai neanche posto il problema. Questo ci fa capire che i ragazzi andrebbero stimolati a riflettere di più su cosa ci sia dietro all’esistenza di questi mezzi, in modo da educarli ad essere giudiziosi nel rilascio dei propri dati personali e nella difesa della propria privacy.
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