giovedì, Novembre 7 2024

Abbiamo incontrato la giornalista Maria Zabala Pino, esperta di formazione e cultura digitale per farci spiegare come si devono comportare i genitori con i loro bambini in merito all’uso delle nuove tecnologie digitali.

Dottoressa Zabala, è vero che la tecnologia digitale sta togliendo ai bambini la voglia di leggere?

Assolutamente no. Quando parlo con i genitori di tecnologia nei miei corsi di formazione, evidenzio diversi studi che ci aiutano a fare il punto della situazione su questo argomento.

Vi è uno studio in particolare di Gallup che sostiene che alla fine degli anni quaranta, solo il 21% dei giovani leggevano; nel 2005 si era arrivati al 47%. I bambini di oggi quindi non leggono meno. E neppure gli adulti leggono di meno. Il Pew Research Internet Project, in uno studio del 2014, afferma che i giovani leggono oggi molto più che in passato. E molto più degli adulti. Perciò, non dobbiamo avere paura che i bambini per colpa della tecnologia leggano poco o niente.

Una cosa invece sta cambiando: la tipologia di lettura dei bambini. Lo studio della Fondazione Kaiser sulle abitudini di lettura dei bambini spagnoli tra gli 8 e 18 anni, afferma che si è ridotta sensibilmente la lettura delle riviste. Aumenta invece quella dei libri, anche su supporto digitale. La psicologa Yalda T. Uhls, evidenzia su questo punto un aspetto molto importante: sia che i bambini leggano su tablet o su carta, non si verificano differenze di comprensione.

La comprensione è la stessa…

Sì. Leggere e studiare su carta o su schermo digitale ha gli stessi resi finali per un bambino. Per questo, insisto spesso con i genitori sul fatto che, a partire dagli 8 anni, quando il bambino ha già imparato a leggere, ciò di cui ha bisogno è solo continuare a leggere in autonomia, qualunque sia il canale di supporto che usa, sia esso digitale o cartaceo.

Si può parlare di tre C? Content, context, child?

Certamente. Vi sono tre elementi fondamentali nella lettura: il contenuto, il contesto e il proprio bambino. In inglese si chiamano le tre “c”: content, contetx, child. Quando si legge, si deve innanzitutto capire ciò che si sta leggendo – il contenuto -, e farsi una propria immagine e idea visiva. Poi c’è un contesto, all’interno del quale inquadrare il contenuto. E poi c’è il bambino, perché non tutti i bambini leggono in modo uguale. Non tutti interiorizzano ciò che stanno leggendo, non tutti hanno la stessa capacità di attenzione. Viviamo in un mondo in cui la nostra attenzione è continuamente esposta a stimoli esterni. Gli schermi dei dispositivi tecnologici rubano in continuazione la nostra attenzione: li guardiamo e non occorre che facciamo nulla di più, fanno tutto loro e noi siamo semplici consumatori passivi. Occorre quindi insegnare ai bambini a controllare e a esercitare la loro attenzione e capacità di concentrazione. La lettura è una grande palestra in questo senso.

Per quanto riguarda il contesto, è fondamentale che l’adulto sia capace di trasmettere al bambino il collegamento, la connessione tra ciò che legge e il mondo reale. Questo è il contesto. L’elemento chiave quindi è il modo in cui l’adulto è capace di coinvolgere nella lettura il bambino, facendolo andare oltre il testo.

Il tablet frigge il cervello?

Spesso si dice che i bambini passano troppo tempo davanti allo schermo. Ma davvero smartphone e tablet fanno male al nostro cervello?

In realtà dipende tutto dal tempo di permanenza. Vi è un tempo buono, che ci permette di apprendere, di imparare e anche di divertici e rilassarci in modo sano. Ma vi è anche un tempo cattivo, che è quello che passiamo davanti allo schermo oltre il limite del buon senso e dell’equilibrio. Un bambino può giocare a colpire gli extraterrestri per mezz’ora al giorno senza problemi, ma non per 3 ore.

Cosa ne pensa di Youtube?

Spesso lasciamo i nostri bambini di fronte ai video di YouTube, che ormai sta diventando una comoda baby sitter, come un tempo lo era la televisione. YouTube è uno strumento molto valido e utile, ma ha bisogno di filtri imposti dai genitori per evitare che i bambini subiscano video violenti e non adatti alla loro età.

A questa età, cosa vedono su YouTube?

I cartoni animati. Nell’età che va dagli zero agli otto anni – come dimostrano recenti studi dell’Università autonoma di Barcellona e quella autonoma di Madrid, le abitudini tecnologiche dei bambini hanno a che vedere esclusivamente con le loro passioni. Non vedono cose diverse. Se gli piacciono i lego, cercano video dei lego, se gli piacciono le Barbie, cercano video di Barbie.

Ignoriamo la vita tecnologica dei nostri bambini. Facciamo bene?

E’ fondamentale che un genitore parli sempre con il proprio bambino per sapere cosa gli piace, quali sono i suoi gusti e le sue passioni. Non solo per quanto riguarda la vita reale, ma anche per quella digitale. Ad esempio sappiamo tutto di come si chiama il suo maestro, i suoi compagni di classe, che libro ha letto a scuola, se gli piace il nuoto o il calcio. Ma ignoriamo completamente la vita tecnologica dei nostri bambini, non la conosciamo. Perché tendiamo – erroneamente – a lasciare che la gestiscano in automonia, da soli.

Nella vita quotidiana, non li lasciamo uscire da soli, non li mandiamo a comprare ad esempio il pane o il latte, ma gli consentiamo invece di avere un cellullare, di scaricare una app o di navigare su internet. E non sappiamo quali applicazione ha scaricato o su quali siti ha navigato. E’ necessario quindi un controllo anche della vita digitale dei nostri figli, perché a volte possono nascondersi insidie e pericoli proprio dove crediamo che invece siano al sicuro.

Nota:

La giornalista Maria Zabala Pino, dopo aver lavorato 20 anni in comunicazione e relazioni pubbliche, si è dedicata al mondo digitale, con particolare attenzione alla formazione digitale di genitori e figli. Cura una pagina web:
http://www.iwomanish.com/


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