domenica, Dicembre 22 2024

Io e gli altri. Dall’identità alla relazione, Edusc, Roma 2010

Diceva Pascal che “ogni disgrazia viene agli uomini da una cosa sola: il non saper restare in riposo in una camera” (Pensieri, n. 139). L’acuto giudizio pascaliano non è certo solo un’invettiva contro l’attivismo, ma una difesa della necessità di studio, riposo e meditazione, nel suo stile paradossale tipico.

Mi consenta il lettore una digressione quasi intima per introdurre la recensione del libro Io e gli altri. Dall’identità alla relazione del prof. di Antropologia filosofica dell’Università della Santa Croce, Antonio Malo. Le circostanze personali dell’estate mi hanno fatto avverare la sentenza del filosofo e matematico francese e commisurarmi con l’impegnativo ma illuminante libro. Finito l’obbligato riposo dovuto a un problema di salute, mentre trascorrevo alcuni giorni in paese con la mamma, 85 anni, vedova da tre, le ho detto in un momento di confidenza, così, per renderla felice: “mamma, ho letto un libro che mi ha fatto capire che né io né i fratelli -e, detto fra di noi, tutti e gli altri quattro le vogliono bene e sono bravissimi a manifestarglielo – possiamo sostituire il vuoto lasciato da papà”. Ovvietà quasi banale, “riscoperta” nella lettura del libro. Mia madre ha risposto di scatto, con la naturalezza di chi ha imparato l’antropologia essenziale amando nella vita: “Ma certo, e come può essere? Lui (mio padre) è me e io (mia madre) sono lui”. Poi, mentre continuava a sbrigare le vicende domestiche con la stessa ordinarietà di sempre, mi faceva rivedere –ancora una volta!- le fotografie, le lettere, i ricordi dei figli. La conoscenza sapienziale di una madre ha riassunto in un attimo fuggente una delle idee ritrovate in termini accademici nel libro di Malo, dove l’autore offre un’analisi antropologica molto moderna e al contempo antica della struttura della persona umana.

Crisi dell’identità sessuale

A mio giudizio, la novità di questo riuscito e maturo tentativo di pensare ancora una volta l’identità personale è proprio la scoperta del carattere costitutivo della relazione, delle relazioni. Alcune relazioni sono date o imposte dalla biologia (filiazione, fratellanza, paternità e maternità), altre spontanee o naturali (eros e amore), altre libere (amicizia). Ma tutte sono “disponibili” ad essere integrate e portate a compimento in modo da farci diventare ciò che siamo chiamati ad essere e ancora non siamo. Proprio perché siamo essere corporei e quindi temporali. Ognuno di noi è certo una “sostanza individuale di natura razionale”, ma siamo anche ciò che facciamo (meglio ciò che“agiamo” ) e anche ciò che gli altri hanno lasciato in noi nel nostro relazionarci con loro. Siamo quindi anche la nostra “biografia”.

Come dice l’autore, l’identità e la relazione, concetti solo apparentemente astratti, hanno a che vedere con “una realtà concreta e singolare come la corporeità umana, ma soprattutto con ciò di cui essa è condizione, ovvero con l’Io, sorgente degli atti umani, i quali sono rivelatori della stessa irripetibilità personale. Questo saggio mostra il rapporto fra queste realtà perché –e questa è la tesi centrale del libro- l’origine e il destino della libertà umana nella relazione con le altre persone” (p. 7).

Il saggio è diviso in cinque capitoli. Il primo prende spunto da ll’attuale crisi dell’identità sessuale (questione del gender) per andarne alla radice: la crisi dell’identità e le sfide che essa presenta. Attraverso una breve analisi storica di questa crisi, Malo rende visibile l’importanza della differenza sessuale uomo-donna non solo nella costituzione dell’identità personale, ma soprattutto nelle relazioni interpersonali, familiari e sociali.

Nell’andare in fondo a questa crisi, nel secondo e terzo capitolo, in dialogo critico con il decostruzionismo francese (specie Derrida e Foucault) e il femminismo di genere, l’autore mostra come il decostruzionismo ha dato un sostegno ideologico alle richieste del femminismo rendendolo, in buona misura, un’ideologia dell’individualismo frammentato, della esperienza slegata, del momento, della dissoluzione dell’io. Malo propone un nuovo approccio per comprendere l’identità e la relazione: “Individuo sessuato, io e personalità sono studiati attraverso il loro rispecchiarsi nel dono, in quanto esso è in grado di assumere i diversi livelli dell’identità e le loro differenze”. Questi due capitoli, sicuramente i più impegnativi, ripensano e ripropongono audacemente una antropologia metafisica della persona, che suppone le acquisizioni della filosofia classica e che risponde alle sfide che la critica moderna (identità come autocoscienza) e tardo moderna (rifiuto dell’identità e sostituzione delle differenze) ha posto alla comprensione della persona e della natura umana.

Il quarto capitolo studia la famiglia come trascendenza dell’unione delle differenze. Si esaminano i diversi tipi di rapporti all’interno della famiglia e il loro influsso sull’identità personale. “Il concetto di generatività (generazione, educazione o crescita della persona) è la chiave di volta per spiegare il significato di questi rapporti familiari” (p. 19). Particolare attenzione e interesse merita l’epigrafe sul ruolo della famiglia nello sviluppo delle radici antropologiche della socialità o virtù della fabbrica sociale (pietà, osservanza, onore, obbedienza, veracità, affabilità, liberalità, gratitudine e rivendicazione).

Il capitolo quinto esamina l’amicizia come espressione più personale del rapporto umano e quindi modello o paradigma ideale di tutte le relazioni.
Essa è la più personale delle relazioni e quindi potenzialmente la più umanizzante; perciò se le sue caratteristiche sono presenti nelle relazioni imposte o date, queste diventano perfezionanti della persona e non distruttive.

La struttura dell’identità: persona, io e personalità

Non è semplice riassumere in poche righe la sostanza del libro di Malo. Lo farò riprendendo le sue parole conclusive, che presentano dei lineamenti per una antropologia della relazionalità umana. L’autore sostiene che vi è una struttura tripartita dell’amore umano, fatta da bisogno, auto dominio e donazione, che si corrisponde con la struttura tripartita della persona (essere personale, io e personalità):

“Ogni tipo di amore umano nasce sotto forma di bisogno nei confronti dell’altro e, quando matura, dà luogo alle virtù che permettono la donazione. Il fine della donazione è rendere l’altro capace di auto possedersi per potersi donare a sua volta (…) Dipendenza, virtù e amicizia servono alle persone per entrare in relazione e, attraverso di essa, poter crescere e maturare come persone. Questa struttura di dipendenza-virtù-amicizia, che possiamo rintracciare all’origine dell’identità personale, si trova anche in ogni tipo di amore: nell’amore umano (paterno-materno, filiale, fraterno) ed anche nell’amore sopranaturale. Ognuno di questi tipi di amore incomincia essendo un bisogno per diventare donazione” (p. 348). Malo ricorda opportunamente che non si deve scambiare la donazione con i sentimenti, con la volontà di fusione, di potenza, ecc: “La differenza tra la volontà di potenza e la donazione deriva dal fatto che la prima tende ad imporsi in modo chiaro (sottomettendo l’altro) o mascherato (obbligando l’altro a dare o facendolo sentire in colpa per la sua inadeguatezza), la seconda, invece, dà all’altro a sua volta la potenza di donarsi. Perciò essa è caratterizzata da tre elementi: rispetto della persona, autonomia, e comunicazione” (p. 358). Ovviamente, questo sta postulando una donazione eternamente fedele e non bisognosa a fondamento dell’amore umano, che non è autosufficiente, quindi un Amore originario.

La corrispondenza di questa struttura tripartita dell’amore con quella della persona è quasi speculare: essere personale, Io, personalità sono i tre perni della persona concreta e singola. “Nel ricevere l’essere, la persona umana comincia ad esserlo radicalmente e per sempre. L’essere, in quanto ricevuto, è posseduto dalla persona. Il ricevere l’essere –o possedere l’essere- è l’essenza umana, la quale è l’inizio dell’amare. Di conseguenza, l’amare appartiene all’essenza. A differenza dell’essere che –sebbene si origini nel tempo – è perfetto, l’amore ha bisogno del tempo per maturare (…) Per cui all’interno dell’essenza personale si può distinguere fra ciò che è naturale (la potenza di amare) e ciò che è personale (l’attualizzazione che, in quanto implica quella degli altri, è sempre relazionale)” (p. 351).. Ecco perché senza l’autodominio, la perfezione del’Io etico, non ci può essere donazione. Ma l’autodominio, la virtù, non è fine a se stessa, come nell’ideale stoico o nel volontarismo etico. “Solo quando si apre (l’Io) all’alterità senza cercare di fagocitarla, L’Io incomincia ad essere personalità. Nella personalità, l’Io è aperto radicalmente all’altro. L’Io non si possiede più se non per comunicarsi. Con la donazione propria, la persona porta a termine il suo dover essere (…) L’essenza umana, quindi, è costituita dall’alterità non solo in quanto oggetto della propria intenzionalità e della simmetria, ma anche in quando soggetto di gratuità e comunione. Così la personalità altro non è che la comunione del proprio Io con l’altro: di se stesso, di ciò che si possiede, dell’amore per l’altro. Pensare la relazione non solo nell’ambito della dipendenza ma soprattutto in quello della comunione, significa pensarla come costitu tiva dell’essenza personale, fine della persona e della stessa relazione” (p. 353-354).

Una proposta di guarigione

Il libro di Malo è una diagnosi e una proposta di guarigione di una cultura ammalata e stanca, dove le persone, programmate per essere felici -e non possono non volerlo- tentano invano di diventarlo contro il “programma”. Stabiliscono “rapporti” che non integrano come relazioni perché non vogliono i legami che essi comportano. Così, ad esempio, si cercano e moltiplicano, attraverso la tecnologia, i rapporti virtuali, e si confondono o ci si nasconde o ci si maschera in essi per fuggire le relazioni, i legami.

Che dire della cultura simbolica creata dai media, specie le immagini della famiglia e le relazioni familiari da essi dipinte ? Tutta la cultura che abbiamo assorbito, che assorbiamo inconsapevolmente, non ci prepara ad amare. La cultura simbolica costruita tramite i racconti di cinema, romanzi, tv, ecc. parlano solo dell’amore romantico, che è il primo passo, semmai, dell’amore. La cultura ambientale è permeata di egoismo mascherato di sdolcinatezza e ipocrisia. Poi ci sono agguerrite minoranze con un’agenda di trasformazione culturale nella linea dell’ideologia de gender che influiscono fortemente sui media e attraverso i media per cambiare il rapporto natura e libertà.

Come nota di umore, che illustra quanto detto, ripropongo un file che gira in Internet dal titolo Software Moglie 1.0. Un cliente del nuovo programma si rivolge alla ditta informatica che glielo ha fornito informandola dei problemi di uso e richiedendone soluzioni “tecniche”:

“Egregi Sig.ri del Servizio di Assistenza: l’anno scorso ho cambiato la versione Fidanzata 7.0 per la versione Moglie 1.0 e ho osservato che il programma ha dato vita ad un processo inaspettato di Figlio 1.0 che mi occupa molto spazio e risorse importanti. Nell’opuscolo esplicativo del programma non veniva fatta menzione alcuna di questo fenomeno. Inoltre Moglie 1.0 si auto installa in tutti gli altri programmi e si avvia in automatico all’inizio di qualunque altra applicazione, interrompendo tutte le attività del sistema. Applicazioni come: uscita-in-bici 2.3; viaggi-di-avventura 4.0;notte-di-divertimento-con-amici 2.5; scalata-domenicale 5.0 non funzionano più oramai, e la cosa peggiore è che il sistema si blocca ogni volta che cerco di caricarli.

Ogni tanto, si avvia un programma nascosto (virus?) denominato Suocera 1.0 che sembra residente nella memoria e che riesce a bloccare il sistema o che, nel migliore dei casi, fa in modo che Moglie 1.0 si comporti in maniera del tutto imprevedibile. Per esempio, smettendo di eseguire qualunque comando da me voluto. Non c’è stata maniera di disinstallare questo programma.

Non riesco a mantenere Moglie 1.0 eseguendo alcune delle mie applicazioni favorite. Sto pensando di tornare di nuovo al vecchio programma Fidanzata 7.0 ma non va la funzione per disinstallarlo. Mi potete aiutare?

Grazie

Risposta

Caro amico: questo è un motivo di lamento molto comune tra gli utenti di Moglie1.0, ma è dovuto

nella maggioranza dei casi ad un errore basilare di fondo. Molti utenti passano da Fidanzata 7.0 a Moglie 1.0 con l’idea che Moglie 1.0 sia solo un programma di “Divertimento ed Utilità.” Tuttavia, Moglie 1.0, al contrario di Fidanzata 7.0, è un Sistema Operativo completo. Ed il suo inventore lo ha progettato per controllare tutto il sistema”.

Io e gli altri. Dall’identità alla relazione è un libro rivolto a filosofi professionisti, specie antropologi. Ma servirà anche a creativi dei media, ai think thank per la famiglia, a ricercatori sul rapporto famiglia e cultura. Fa pensare e apre orizzonti entusiasmanti a chi tiene a cuore il bene delle persone e della società.

Previous

Social network e privacy: il manuale della sopravvivenza (e del buon senso)

Next

Tv e minori: più ombre che luci

Check Also