venerdì, Novembre 22 2024

E’ sempre un arricchimento incontrare nella scuola i genitori di bambini e di adolescenti in spazi formativi a loro dedicati. Se ne colgono le ansie, le preoccupazioni, le speranze, sentimenti che si accendono quando si parla dell’uso delle nuove tecnologie. “Mio figlio? Me lo sento sfuggire di mano, chiuso com’è nel suo mondo virtuale.

Va a finire che così io e lui non ci parliamo più. Mi domando con chi chatta, che fa tutto quel tempo al computer, cosa va a vedere nei siti Internet… Che ne sarà di lui?”. Questo è il tipico vissuto espresso da una delle tante mamme desiderose di nutrire la relazione con il figlio magari appena 13enne, ma che prova un senso di profonda inadeguatezza a farlo. Molti genitori, quando si fermano a riflettere sul fatto che i loro figli vivono in un mondo tecnologico diverso da quello in cui sono vissuti loro, si rendono conto che non si tratta di togliere il computer ai figli, ma di aggiornarsi intanto loro per primi, per saper entrare in contatto e interagire con la realtà che i loro figli vivono oggi.

In effetti, è fondamentale conoscere il mondo e i linguaggi dei ragazzi. Non si tratta di demonizzare le nuove tecnologie, ma di padroneggiarle: lo scopo è di far sentire i figli concretamente capiti e accolti nei loro gusti e passioni. Lo sviluppo di questa consapevolezza spinge molti genitori a frequentare corsi di informatica per imparare a usare il Pc e Internet. Non solo, spesso i genitori si attivano per fare rete tra di loro, in modo da aiutarsi e dare ai figli insegnamenti analoghi sulle conseguenze di un cattivo uso di Internet, soprattutto per la dipendenza psicologica che crea e per l’esposizione a siti pedo pornografici. La riflessione sull’esposizione a questo genere di siti spinge non di rado i genitori ad approfondire i temi dell’educazione sessuale, per prepararsi sul piano scientifico ed emotivo, così da sapere come affrontare con i figli, in modo profondo anziché sbrigativo, i temi dell’amore, della fecondità e della procreazione.

Quando genitori di adolescenti si trovano a confronto tra loro, questi temi diventano davvero molto impegnativi, soprattutto perché gli adolescenti, in quanto tali, sfidano le regole e le figure d’autorità. “La rabbia che mi suscita mia figlia a volte è tale che non vorrei parlarle più e lasciarla a se stessa. Poi mi sento in colpa e allora mi viene di piegarmi ai suoi capricci, alle sue provocazioni e così molte volte finisce che mi lascio sopraffare da lei, che è così brava da mettere me e mio marito l’uno contro l’altro, così finisce che alla fine litighiamo io e lui. Allora, mio marito come punizione le toglie il computer. Così lei si ritira furiosa in camera sua e tutto diventa pieno di rabbia e di dolore”. Anche questa è un’altra tipica situazione raccontata da moltissimi genitori.

Molti di loro comprendono di aver bisogno di imparare il linguaggio delle emozioni, perché il nodo cruciale nella relazione con i figli, sempre ma ancor più se adolescenti, è proprio quello di riconoscere e gestire le proprie emozioni e quelle dei figli. In effetti, è importante, specie con gli adolescenti, mantenere forte e viva l’alleanza con loro attraverso l’esprimere accettazione incondizionata del loro modo di essere e comprensione dei loro gusti. Non si tratta di abbandonare la propria capacità logica e critica, ma intanto di accogliere un bisogno fondamentale dell’adolescente che è di sentirsi accettato senza condizioni, quel “vai bene come sei, ti voglio bene come sei, ciò che interessa te interessa anche me” che forma la base sicura del legame d’affetto, specie quando il corpo cambia, con tutto ciò che ne viene di conseguenza.

Quando un ragazzo si sente capito e accolto in modo incondizionato, si sente sicuro di poter aprire il suo cuore alla madre o al padre, volentieri abbandona il computer per andare a parlare con loro, secondo i propri ritmi e tempi, della rabbia, della paura, della gioia, della tristezza della vita d’ogni giorno.

Un esempio risalente ad alcuni mesi fa: Paolo era un ragazzo di 11 anni che da qualche tempo trascorreva pomeriggi interi davanti alla tv, alla play-station e al computer. La madre chiese un colloquio perché non sopportava più che suo figlio non parlasse quasi più con lei e occupasse il suo tempo in questo modo, ma non sapeva come fare a farlo smettere. La donna era separata da un paio d’anni da un uomo che la tradiva da tempo con un’altra donna e che aveva cominciato a picchiarla quando lei aveva scoperto la relazione extraconiugale. L’uomo se ne andò di casa lasciandola sola con Paolo, il quale si rifiutò di frequentare suo padre – come previsto dagli accordi per la separazione. La madre di Paolo lavorava tutto il giorno e tornava a casa molto stanca e con poca energia da dedicare a suo figlio, così chiuso con lei. Lentamente, la donna scoprì di portarsi dentro un profondo dolore per il tradimento e la violenza del marito. Lei stessa si sentiva come paralizzata a parlare con il figlio di come lui si sentisse per quanto era accaduto. Pian piano, la mamma di Marco si prese cura del suo dolore e cominciò a sviluppare sicurezza di poter sostenere il dolore del figlio, di ascoltarlo e di aiutarlo. Imparò ad essere empatica mentre si sintonizzava e si coinvolgeva con i suoi interessi di preadolescente. La comunicazione tra Paolo e la sua mamma cominciò poco alla volta ad andare sulle emozioni per quanto era accaduto in famiglia e sui bisogni di riparazione che Paolo avvertiva da parte del padre, per ciò che aveva fatto sia alla madre che a lui. Dopo un periodo di preparazione, l’incontro tra la madre di Paolo, Paolo e suo padre ebbe luogo. Il ragazzo, dopo qualche colloquio con il padre, ne ottenne le scuse e la riparazione emotiva di cui aveva bisogno. Il ragazzo scoprì che aveva una madre su cui contare e un padre disponibile ad ascoltarlo e disposto a mettersi in discussione. La sua vita cambiò, riprese le sue attività sociali e la pallacanestro che amava. Internet divenne uno degli strumenti per apprendere e comunicare, ma le relazioni reali erano diventate la parte più importante della sua vita.

Nota: Isabella Nuboloni, psicoterapeuta, presidente Ass. “Spazi di Dialogo-Aspadia”

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