domenica, Dicembre 22 2024

Durante la visione di un film molte parti del cervello vengono attivate; il film imita la struttura della coscienza e questa imitazione permette al cinema di influenzare profondamente il cervello.

Tutto ciò viene oggi studiato dalla neonata scienza del neurocinema, una disciplina che si muove in un campo che comprende le neuroscienze, l’arte cinematografica e gli studi sulla coscienza.

Il punto centrale è che il cinema è un’arte multidimensionale ed ha il potere di influenzare la nostra struttura neurofisiologica.

Movimento e immagine: quale rapporto

Come riporta lo studio di Naser Moghadasi A. “ Neurocinema: una breve panoramica” i primi passi sullo studio del rapporto tra cinema e cervello possono essere rintracciati negli scritti del filosofo francese Henri Bergson, che già nel 1896 spiega in chiave moderna il rapporto tra movimento e immagine.

Il cinema muoveva i primi passi, quando Bertrand Russell già ipotizzava che questo nuovo mondo rappresentasse un fattore di rischio per “l’annullamento del libero arbitrio”, per l’effetto del cinema sulla mente.

Una singola immagine può stimolare diverse aree del cervello – sosterrà più avanti Jean-Luc Godard – ma non può in alcun modo ricordare il concetto di movimento nella mente. Può suscitare emozioni o ricordi, ma non avrà mai lo stesso potere che hanno sul cervello umano delle immagini in moto, ordinate secondo una precisa sequenza: ed è proprio questa la caratteristica principale di un film.

Siamo messi di fronte a una serie di eventi che, con una connessione ben precisa, prendono di mira le nostre menti, sottoponendoci i problemi della vita con una struttura mirata e pertinente. Un processo cinematografico copia e ricostruisce la struttura della coscienza.

Relazioni sensoriali, cognitive ed affettive degli spettatori in sala: alcuni esperimenti

Cosa ci dice la scienza su quello che accade specificamente nella sala cinematografica?

Uno studio importante riportato nell’articolo sopracitato “Neurocinema: una breve panoramica,” è stato condotto da Hasson, che ha esaminato la risposta e l’attività del cervello mentre si guarda un film.

Egli ha usato un nuovo metodo chiamato “analisi di correlazione inter-soggetto”. Con questo metodo, è stato possibile verificare le attività cerebrali di diversi spettatori. Lo studio ha dimostrato che durante la visione di film come “Il buono, il brutto e il cattivo” e “Bang! You’re Dead”, l’attenzione era più alta se confrontata con quella riservata a scene di fatti quotidiani.

La stessa differenza la si può constatare nel misurare i movimenti oculari medi degli spettatori: la fissazione degli occhi durante la visione dei film menzionati era considerevolmente più alta di quella che si verifica di fronte ai fatti che succedono nella vita reale.

Un film ben strutturato può dunque controllare in modo significativo l’attività cerebrale del pubblico e influire indirettamente sulla struttura di coscienza del pubblico.

A un livello diverso di quello che può studiare la neuroscienza – stimoli e risposte fisiologiche neuronali- è ancor più importante esaminare l’influenza del cinema sulla nostra compresione del mondo i di noi stessi.

Cosa c’è di vero in un racconto di finzione?

L’antropologo Antonio Malo nel suo libro Svelare il mistero. Filosofia e narrazione a confronto (Edizioni Santa Croce, Roma, 2021)spiega in che cosa consiste la “verità” contenuta nelle opere narrative. Egli dice: “C’è una bella differenza fra credere in qualcosa perché verosimile anche se non è vero, e la realtà che si crede perché vera anche se non è verosimile. Il falso, invece, anche se credibile non diventa né vero né verosimile, a differenza della finzione, che, quando è credibile, diventa verosimile nei suoi effetti relazionali”.

La verosimiglianza non si riferirebbe, quindi, a un fatto accaduto o che accade, bensì al mondo in cui esso è accaduto e continua ad accadere, ovvero alla vita umana con le sue passioni, desideri, azioni e relazioni possibili.
Un mondo fittizio, quando verosimile, parla direttamente del cuore umano, in cui c’è la lotta fra bene e male, speranza e angoscia, amicizia e inimicizia, eroismi e tradimenti. La verosimiglianza permette di ricreare questo mondo, che allora non è fittizio, non è un’allucinazione o un inganno. In questo consiste la “verità della finzione”.

Cinema, politica, economia e propaganda

Che il cinema abbia il potere di coinvolgere, di segnarci e di toccare le coscienze è sempre stato noto, in realtà, ai grandi schieramenti politici così come ai colossi del mondo economico.

Spiega Armando Fumagalli nel suo libro Creatività al potere, da Hollywood alla Pixar, passando per l’Italia, (Lindau: Torino, 2013) che Negli Stati Uniti “alcuni fra i più alti dirigenti delle major cinematografiche fanno parte dei think tank – che comprendono politici, industriali, intellettuali – cruciali per delineare le politiche del Paese come il Council on Foreign Relations, oppure la Rand Corporation, finanziata dal Ministero della Difesa”.

Di fronte a tutto questo, è facile comprendere il carattere propagandistico che può avere l’utilizzo dei film.

È bene sapere che quando guardiamo un film siamo “più vulnerabili” e più propensi ad accettare, in modo acritico, la visione del mondo che l’autore propone. Dopo una prima fase di coinvolgimento emotivo, è bene passare ad una seconda fase: quella della riflessività, per analizzare e non subire passivamente i contenuti di un’opera.

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