venerdì, Novembre 22 2024

Nel 2012, è circolata su Facebook una lettera di un autore apparentemente sconosciuto che fa riferimento a un dialogo, certo fantasioso ma potente, tra due bambini che stanno per nascere. Da semplici ricerche, sembra che l’autore sia lo scrittore francese Jaques Salomé (Tolosa, 1935) e che la lettera sia un estratto di un testo da lui scritto. Lasciando per un’altra volta l’esplorazione del testo originale, presento qui la mia versione ampliata e completata, alludendo a vari elementi un po’ dimenticati che circondano la nascita di ogni vita umana.

Nel grembo di una donna incinta, una coppia di bambini stava parlando di un argomento di spessore molto importante:

“Credi nella vita dopo il parto” – ha chiesto uno.

“Penso di sì! -Penso che quel giorno sarà l’inizio di una nuova era per noi. Saremo più liberi e più pieni. È per questo che siamo venuti qui: per prepararci a quel grande momento”.

“Ci credi davvero? Ma non abbiamo prove di una tale vita. Anche tutto quello che abbiamo qui non indica una vita migliore”.

“Non ne sono sicuro nemmeno io, ma qualcosa mi dice che ci sarà più luce e più spazio. Saremo in grado di muoverci più facilmente e anche di sviluppare i nostri arti e i nostri sensi. Ho persino il sospetto che potremo fare la stessa cosa che stiamo facendo tra di noi: parlarci”.

“Che cosa strana. Non riesco a concepire un mondo in cui usiamo i nostri arti per spostarci. Non so cosa intendi per sviluppare i nostri “sensi”. Dialogare? Beh, non lo so. Per ora, quello che posso dirvi è che la vita dopo la nascita non è fattibile perché implicherebbe lo scollegamento dal cordone ombelicale, e questo implica la morte”.

“Anch’io sono anche terrorizzato dal fatto che ci stacchiamo dal cordone ombelicale. Ma ci sono momenti in cui, quando siamo in silenzio, sento un certo “palpito”, una pulsazione che improvvisamente si accelera, che mi fa sentire speciale.
Sento anche delle “voci” che sembrano rivolte a noi. Questi fenomeni non sono una chiara indicazione che c’è “qualcuno” fuori che ci sta aspettando?”

“Pensi che ‘qualcuno’ ci stia aspettando dopo la nascita? Ora mi stai davvero preoccupando. Se senti delle voci o senti delle palpitazioni che ti fanno sentire speciale, dipende da te. Quello che è vero è che siamo cresciuti molto ultimamente e non c’è più spazio sufficiente per noi due per vivere in questo luogo limitato e buio. Per me, è meglio che arrivi il giorno della consegna e metta fine a questa inspiegabile e ridicola esistenza.”

“Sentirti parlare così mi rende triste, ma capisco la tua posizione. Ci sono giorni in cui vuoi solo lasciarti andare e non pensarci più. Tuttavia, qualcosa mi dice che questo “qualcuno” che ci sta aspettando è molto speciale. In effetti, sospetto che non sarà un “qualcuno”. Vedremo mamma e papà e loro si prenderanno cura di noi”.

“Mamma e papà? Credi in queste sciocchezze, nei genitori che ci genereranno ed educheranno per sempre? Non ti sembra un po’ servile? Ora devi solo dirmi che avremo anche fratelli, cugini, zii, zie e persino nonni. Credimi, tutto quello che mi dici sono puri miti, illusioni, aneliti di un’esistenza irreale che ci tolgono l’identità. Ricordati, siamo esseri individuali, liberi e autosufficienti. La vita, irrimediabilmente, finisce dopo la nascita e non c’è nulla che lo impedisca.”

“Ti sembra molto strano o servile parlare di mamma o papà, fratelli, cugini e nonni? Ma non ti rendi conto che mamma e papà sono ovunque? Sento che attualmente viviamo nella mamma, ed è stato papà a lasciarci qui in carica per un periodo di preparazione alla vita che ci aspetta. La stessa cosa è successa a loro all’epoca, e anche ai nostri fratelli e cugini”.

“Rispetto le tue idee. Tuttavia, condivido con te quanto segue: nessuno di noi ha mai visto mamma e papà, fratelli, cugini, ecc. Pertanto, è logico pensare che non esistono e le prove lo confermano. Alla fine, il giorno della nascita è vicino e niente avrà più importanza, perché tutto si perderà nel nulla”.

“Forse hai ragione, ma condivido anche questo con te: credo che il cordone ombelicale sia collegato alla mamma e quando lei mangia, noi ci nutriamo. Ci sono giorni in cui, quando noi siamo in silenzio, sento mamma e papà che parlano di noi, di quanto ci amano e di quanto vorrebbero stringerci tra le loro braccia. Sospetto che stiano aspettando con ansia il giorno della nascita, quando finalmente li incontreremo. Forse mi sbaglio, ma voglio già nascere e incontrarli”.

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