venerdì, Aprile 19 2024

E’ una classica domenica mattina d’estate. Per rilassarti decidi di andare
a prendere un po’ d’aria “fresca” nel parco centrale della tua città.
Guardandoti attorno, assisti ad una scena particolare: un padre e una madre
seduti sulla panchina, ciascuno con il proprio smartphone in mano e il loro
bambino in piedi accanto a loro che rimbalza tra un genitore e l’altro con
le mani alzate alla ricerca di un’attenzione che non gli viene concessa o,
semplicemente, con la voglia di giocare con il proprio papà o la propria
mamma che non gli viene soddisfatta.

Una discussione calda di questo periodo storico è la preoccupazione sugli
effetti dannosi che i nuovi strumenti tecnologici (tablet, laptop,
smartphone, etc.) possono provocare ai bambini e ai ragazzi della tech generation che, spesso, distoglie la mente dal fermarsi,
riflettere e spostare il focus anche sugli effetti negativi che la
tecnologia sta provocando nel rapporto dei genitori con i loro figli; in
particolar modo parliamo della ormai calibrata energia d’attenzione che
alcuni genitori dividono tra il proprio figlio e il proprio cellulare.

Interessante, a proposito, è l’articolo di

Vanity Fair


che riporta la storia di un bambino statunitense che per un tema in classe
dove gli si chiedeva quale fosse l’invenzione da lui più odiata e perché,
palesò la sua disapprovazione nei confronti dei cellulari con la
motivazione che: “i suoi genitori ci passano tutto il giorno”. L’articolo
stesso parla di un’interessante ricerca condotta dalDigital Awareness UK e dalla Headmasters and Headmistresses Conference, dalla quale è
risultato come, un bambino su tre, abbia apertamente
richiesto ai propri genitori di limitare l’uso del proprio smartphone per
dedicare loro più tempo.

E’ probabile che questa, chiamiamola, “attenzione parziale” da parte dei
genitori possa influenzare l’educazione e la crescita psicoattitudinale dei
propri figli? Secondo il Dr. Brandon McDaniel, sì, purtroppo, è possibile!

Il dottor McDaniel, come riportato dal sito nostrofiglio.it, ha condotto
un’indagine su un campione di 170 coppie di genitori per
testare se l’eccessivo utilizzo degli strumenti tecnologici di mamma e papà
fossero alla base dei disturbi infantili del comportamento, come, ad
esempio, iperattività, irrequietezza, disturbi dell’attenzione etc.

Nel dettaglio, il dottore statunitense ha posto ai genitori domande sulle
loro abitudini quotidiane chiedendo a ciascuno di concentrarsi nella
risposta su come e per quanto tempo utilizzassero il proprio device durante le conversazioni o durante delle attività con il
proprio figlio. Quasi la metà degli intervistati ha ammesso che è solita
guardare il proprio smartphone almeno tre volte al giorno mentre si sta
facendo qualcosa con i propri figli.


Questo studio, pubblicato sulla rivista

Child Development

,
ha portato alla luce il dato interessante che la mancanza di attenzione,
anche per pochi istanti, potrebbe essere percepita da i nostri figli in
modo negativo e potrebbe essere l’incipit di disturbo comportamentale.

Una conferma di quanto riportato, la possiamo trovare in un’altra

ricerca

condotta sempre negli USA. Questa volta per l’indagine non sono stati
interpellati i genitori, ma 700 ragazzi adolescenti tra i 13 e i 17 anni nel rapporto
con i loro genitori. Il 51% dei ragazzi ha affermato che
mamma e papà sono spesso distratti dallo smartphone anche
mentre si sta parlando con loro. L’elemento allarmante che ha scaturito
questo studio è che mentre gli adolescenti sono più consci e responsabili
nel riconoscere la loro dipendenza dal telefono dalle notifiche, questa
consapevolezza viene meno nei “grandi” che sembrano non riconoscere la loro
dipendenza dal dispositivo mobile che, anzi, credono di utilizzare in
giusta misura.

E’ facile oggi, dunque, essere vittime di quella che ormai è considerata la
malattia del 21° secolo, la cosiddetta Nomofobia, meglio
nota come la sindrome da disconnessione che riesce a far ammalare sia
adulti che bambini.

L’epoca delle nuove tecnologie altro non è che un bancone di sfida e prova
per i genitori 2.0. che si ritrovano a spendere le proprie energie non solo
nell’impartire una sana, classica, educazione verso i propri figli,
quant’anche aggiornarsi costantemente per infondere ai loro bambini
un’adeguata educazione digitale. Per far ciò il genitore 2.0. porta con sé
una grande responsabilità, quella di

essere un buon esempio non solo nella vita di tutti i giorni ma anche
nell’uso personale della rete e delle nuove tecnologie

. Bisogna quindi iniziare da se stessi e prendere consapevolezza di quanto
siamo assoggettati all’oggetto che portiamo nelle nostre tasche o nelle
nostre borse. Impegniamoci a “disconnetterci” e dedicare le dovute
attenzioni e il giusto tempo ai nostri piccoli. Cerchiamo di far rivivere
ai nostri figli, la bellezza della spensieratezza degli anni passati non
caratterizzati da discussioni o comunicazioni in famiglia fatte tramite
chat ma riuniti tutti attorno a un tavolo o il rapporto di amicizia fatto
di relazione con l’altro, fisica e visiva, piuttosto che virtuale non
tralasciando gli aspetti positivi che, comunque, l’innovazione tecnologia
ha portato nelle nostre vite. Proviamo a piantare in tutta la nostra
famiglia, il seme del discernimento che ci aiuti a distinguere ciò che è
veramente utile o meno nella nostra vita e che la nostra felicità e la
nostra soddisfazione personale derivano dal mondo reale piuttosto che da
quello digitale.

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