sabato, Novembre 23 2024

C’è chi posta foto di gatti, chi l’outfit della serata, chi ricordi delle sue vacanze, altri ancora i cibi che amano gustare, i luoghi fantastici che hanno visitato, foto con gli amici… E così via.

I contenuti pubblicati sui social network ogni giorno raccontano spaccati più variegati delle nostre vite. Tra questi troviamo anche intere famiglie che raccontano la loro quotidianità.

Ma, cosa spinge una famiglia a interagire tanto sui social network?

Nessuno ti insegna a essere genitore e il passaparola è sempre stata un’attività molto diffusa tra i genitori e i neo-genitori.

La differenza sostanziale con l’arrivo dei social media è che invece di limitarsi a farlo all’uscita di scuola o alle cene di famiglia, oggi queste conversazioni si trasferiscono sulla rete, riuscendo a raggiungere un pubblico molto più ampio che arriva fino ai brand più famosi.

Così si passa dalla semplice condivisione della quotidianità a un vero e proprio lavoro in cui vengono coinvolti tutti i componenti del nucleo famigliare.

C’è chi lo fa per il semplice desiderio di condivisione; chi vede, in questa attività, un metodo alternativo ai vecchi, ingombranti, ed ormai arcaici album di fotografie per lasciare un ricordo ai propri figli; chi cerca di guadagnare qualcosa o chi è alla ricerca della fama e del successo.

Secondo le stime di Business Insider Intelligence, basate sui dati di Mediakix, l’industria dell’influencer marketing è sulla buona strada per arrivare a un valore fino a 15 miliardi di dollari entro il 2022, da ben 8 miliardi di dollari nel 2019.

Esistono influencer specializzati in innumerevoli settori come moda, cibo, giochi solo per citarne alcuni, che vengono ingaggiati da noti brand per la promozione dei loro prodotti. Tra questi la categoria delle famiglie di influencer ha certamente un posto di rilievo.

Con il passare del tempo le family influencer hanno aumentato a tal punto la loro fama da catturare l’attenzione di aziende non solo nel settore infantile (o legato essenzialmente alle esigenze famigliari) ma anche del benessere, moda e molto altro ancora.

Dai vlog su Youtube a immagini su Instagram o video sketch in lip sink su tik tok: i formati variano e si adattano alle peculiarità di ciascun social. Parliamo di contenuti che coinvolgono bambini piccoli, attraverso contatti diretti o indiretti, tramite l’utilizzo da parte dei genitori di questi siti e il coinvolgimento saltuario dei loro figli; portandoli a diventare delle vere e proprie “piccole stelle del web”.

Stories, post, video-spot si presentano come contenuti spontanei e naturali ma che richiedono in realtà una notevole preparazione.

Quando si parla di “influencer family” c’è una domanda che sorge quasi in maniera spontanea: è giusto esporre i propri bambini online?

A tal proposito esistono una gran quantità di opinioni contrapposte che si dividono tra chi non ci vede nulla di male a chi invece paragona l’esposizione eccessiva dei minori alla rete allo sfruttamento del lavoro minorile.

Inizialmente con la nascita delle prime “mamme e papà influencer”, questa pratica non ha riscosso molti consensi. La maggior parte dei genitori disprezzavano chi, con tanta leggerezza, non tenesse assolutamente in considerazione la privacy e la sicurezza dei propri cari.

Ora che i social media fanno parte della nostra quotidianità e che questo fenomeno è sempre più diffuso, l’opinione pubblica si ammorbidisce lasciando spazio a meno critiche e a maggiori fenomeni di emulazione. Infatti, sempre più gli adulti postano le foto dei loro figli, nipoti, fratellini sui propri profili social.

Un’indagine condotta da McAfee nel 2018 ha evidenziato come soltanto meno della metà dei partecipanti al sondaggio ha davvero chiesto il permesso ai propri figli prima di pubblicare delle loro immagini sui social media, nonostante più della maggioranza di essi sia d’accordo sulla pericolosità di tali piattaforme per i minori.

Se ci pensiamo bene, abbiamo tutti tra i contatti facebook o instagram almeno due categorie di genitori: quelli che bollano il volto dei loro bambini con simpatiche emoji a cuoricini, e quelli che pubblicano dalla foto del pancione alla prima pappa dei loro bimbi.

Tutto ciò ci dimostra come a oggi non ci sia una risposta univoca in materia di minori sulla rete.

Ciò che sappiamo è che, nonostante i limiti fissati dalla policy delle varie piattaforme, l’età della prima creazione di un profilo social si abbassa sempre di più.

Già intorno a 10-12 anni i bambini iniziano a crearsi profili online, e questo genere di attività è risultato direttamente proporzionale ad un calo di felicità e al contemporaneo aumento del rischio di dipendenza dai social network.

C’è da considerare un fatto: questa di “utilizzare” i bambini come mezzo principale per attirare fama e successo (e di conseguenza trarne anche benefici economici) è un fenomeno che si estende ben oltre il semplice utilizzo di internet e in particolare dei social network.

Chi non ha mai sentito parlare, almeno una volta, dei concorsi di bellezza destinati a una fascia di età ben più giovane di quella solitamente auspicabile ad adulti coscienziosi del proprio corpo? Bambini gettati in pasto a questi show, spesso e volentieri “modificati” e utilizzati in competizioni che rasentano lo sfruttamento e la mercificazione di un’infanzia negata; gli stessi genitori disposti a qualsiasi cosa pur di vederli vittoriosi di una corona il cui significato ai loro giovani occhi è probabilmente nullo.

Eppure saranno felici, perché come specchi rifletteranno la felicità di chi per loro ha voluto che vincessero. Non è una novità, dunque.

Da sempre si è cercato di trovare un modo per oltrepassare un ostacolo o di accedere a una strada altrimenti impossibile da percorrere. In un certo qual senso è giusto: oggi forse più di allora (prima che internet diventasse imprescindibile nella nostra vita), bisogna riuscire a stare al passo con i tempi, una continua corsa contro il tempo per non vedersi sfuggire poi opportunità che magari in futuro è difficile ritrovare.

Tuttavia non bisogna essere avari e irresponsabili: la prima, perché un like in più su un social o una corona messa sul davanzale, non giova in alcun modo all’educazione del bambino, anzi.

La seconda, perché potrebbe trarlo in inganno e portarlo nella continua ricerca di un’apparente perfezione che di fatto non esiste.

Quando si sorride in una foto, non vuol dire essere felici.

Previous

Tutto procede come imprevisto: un romanzo che difende la vita senza alzare la voce

Next

STORYTELLING FARMACEUTICO: COME AVVICINARE CLIENTI E PRODOTTI

Check Also