sabato, Novembre 23 2024

E’ “buon costume”, purtroppo non scontato, assumere atteggiamenti differenti a seconda che si abbia a che fare con una persona adulta o con un minore. Un differente trattamento, viene attuato anche da molte legislazioni che conferiscono la capacità d’ agire, ossia l’attitudine a compiere atti giuridici, a soggetti che hanno raggiunto una determinata soglia anagrafica che convenzionalmente è fissata ai 18 anni. La stessa ratio del mondo reale è stata estesa anche nel mondo virtuale o, per meglio dire, nell’universo social.

La maggior parte dei social network (Facebook, Musical.ly, Instagram, Snapchat, YouTube e, solo oggi, anche Twitter) o altri servizi come WhatsApp e Google, comprendono all’interno delle proprie policy, la soglia minima di 13 anni per registrarsi e attivare il proprio account. La ragione alla base dell’inserimento di questo “limite di accesso”, deriva dal fatto che le principali piattaforme che troviamo su internet, sono americane, perciò applicano il limite fissato dalla legge federale Usa: il Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA). Il COPPA prescrive che nessuna persona giuridica (tranne gli enti pubblici) può raccogliere dati relativi a minori di 13 anni.

Ciò che andremo ad analizzare, dunque, sono le politiche che le varie aziende proprietarie delle piattaforme social stanno adottando a seguito dell’entrata in vigore del nuovo GDPR (General Data Protection) nei confronti dei “minori” di età compresa tra i 13 e i 16 anni al fine di preservarli da un uso improprio, un accesso a informazioni nocive o al conferimento di “poteri” che non saprebbero gestire.

I primi social network e la relazione con i minori

Quando si parla di social network siete soliti pensare subito a Facebook, giusto? In realtà prima del grande colosso di Mark Zuckerberg, lanciato il 4 febbraio 2004, nel World Wide Web, esistevano già piattaforme internet che fornivano agli utenti della rete un punto d’incontro virtuale con la possibilità di scambio di messaggi, chat istantanee, di foto o video. Alla SixDegrees di Weinrich (1997), susseguirono altri servizi come Friendster e l’allora Myspace ma è solo dopo alcuni anni dall’avvento del social network dalla “f blu”, circa nell’anno 2009, che a livello internazionale, comunitario e nazionale si sollevarono le prime preoccupazioni da parte dei garanti della tutela sui minori, sulle possibili ripercussioni che quest’ultimi avrebbero potuto subire dall’accesso illimitato alla piattaforma, ad esempio, quello di seguire o interagire all’interno di pagine da “bollino rosso” o entrare in contatto con persone che potessero sfruttare la loro ingenuità manipolando il ragazzo o la ragazza per ottenere secondi fini. Seppur sin dal principio la ratio dell’età minima fu garantito dalle varie piattaforme, alcuni paesi iniziarono a disciplinare la materia applicando dei propri regolamenti; ad esempio nel 2010 la Spagna aumentò la soglia minima di iscrizione da tredici anni a quattordici anni. Molti altri paesi durante gli anni seguirono l’esempio spagnolo. La realtà è che non ci fu mai, almeno fino ad oggi, una disciplina univoca. La questione, perciò, rimase aperta ad un ciclico dialogo, dibattito o confronto oggettivo, etico e morale.

GDPR e “Social Privacy”

Il concetto di social network si è modificato con il tempo. Ad esempio, lo stesso Garante della privacy in Italia sul sito protezionedeidatipersonali.it afferma che: “si deve tenere presente che l’iscrizione ad un servizio online come, ad esempio, Facebook, non è più, non solo, l’iscrizione al social ma un vero e proprio contratto con quale l’utente consente ad una profilazione spinta dei propri comportamenti. L’iscrizione (…), quindi, è assoggettata alle regole per la conclusione dei contratti, per i quali occorre che il soggetto sia in grado di apprezzare la natura e le conseguenze del suo consenso. Il soggetto che offre servizi diretti ai minori ha l’onere di accertarsi che l’interessato sia in grado di prestare validamente il suo consenso”.

Con l’articolo 8, il nuovo regolamento della privacy in Italia, ha stabilito quello che potremmo definire il “nuovo consenso digitale” che permette la fornitura di servizi online per ragazzi o ragazze under 18 a coloro che abbiano raggiunto una soglia minima di età di almeno 16 anni. Nel caso in cui il soggetto risulti avere un’età inferiore, il trattamento dei dati verrà considerato lecito “soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale”; consenso genitoriale che dovrà essere verificato attivamente dal titolare del trattamento “in ogni modo ragionevole”.

Gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire con legge nazionale “un’età inferiore a tali fini purché non inferiore ai 13 anni”. La situazione, ad oggi, resta così nell’area comunitaria: limite a 14 (Italia, Austria e Lituania), oppure 15 (Repubblica Ceca, Slovenia, Francia) o 13 (Spagna, Svezia, Inghilterra, Danimarca, Estonia, Lettonia, Finlandia e Portogallo).

Quali sono stati allora gli strumenti adottati dai vari Social Network per ottemperare a quanto richiesto dalle disposizioni del nuovo regolamento?

Successivamente al 25 maggio 2018 spero abbiate notato, soprattutto letto, le molteplici notifiche nelle nostre caselle email che ci informavano delle varie modifiche che le piattaforme hanno adottato o aggiunto nelle proprie policy di utilizzo e che hanno rese trasparenti e facilmente accessibili all’interno della voce “Terms and condition”.

In esse, seppur riportate in maniera differente, possiamo trovare tutte le informazioni necessarie per comprendere cosa avviene nei profili dei ragazzi under 18. Un esempio:

· non vi è possibilità di indicizzazione del profilo del minore da parte dei motori di ricerca, che invece è un’opzione presente per i maggiorenni.
Tale possibilità si sblocca solo al compimento dei 18 anni, pertanto il minore iscritto a Facebook, o altri social network, non può in alcun modo comparire ad esempio sul motore di ricerca di Google;

· non è possibile attivare il riconoscimento facciale;

· ad ogni richiesta di amicizia ricevuta da soggetti maggiorenni, il minore riceve un pop-up che lo invita a riflettere prima di accettare richieste dagli sconosciuti;

· l’impostazione di default quando un minore si iscrive a Facebook è quella di condividere i post (foto, status, video ecc.) “solo con amici”;

· le informazioni personali del profilo del minore, ad esempio compleanno, città, scuola, familiari non sono visibili a coloro che non rientro nella rete di “amicizia”.

Perché allora parliamo di “quasi tutela”?

E’ un trucco datato, creo una email falsa, inserisco una data di nascita fasulla ed è fatta! Come potete notare, è facile eludere le misura di sicurezza da parte dei ragazzi. Cosa conviene fare allora? Adottare un

proprio sistema di “Parental Control”, seguiamo i nostri figli minori sin dal loro primo approccio con il mondo social, educhiamoli insegnandogli le giuste regole di utilizzo
e diamo pian piano fiducia sbloccando i vari “poteri” ricordando che “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”.

Previous

Donne e nuove forme di lavoro digitale 4.0: opportunità e minacce

Next

Internet, intimità e senso del pudore: se l’educazione dei ragazzi comincia fuori dal web

Check Also